AIDONE: LA STORIA
Le origini: l'epoca normanna
Secondo alcuni studiosi, Aidone fu fondata alla fine dell'XI secolo dai Normanni, durante la conquista della Sicilia e la cacciata degli arabi; ma è molto più probabile che i Normanni si siano limitati a rifondare e ripopolare
un borgo già esistente strappato ai Saraceni. I fratelli Altavilla, che guidarono la conquista, condussero a ripopolarlo i lombardi, che avevano contribuito all'impresa e che in buona parte provenivano dal Monferrato.[6]. A questa sorta di colonizzazione si fa risalire l'origine del dialetto aidonese.
All'epoca normanna risalirebbe la fondazione del castello che dominava la città, della chiesa madre (dedicata in seguito a San Lorenzo martire), della chiesa di San Leone dedicata al papa Leone II e, fuori dalle mura, della chiesa di Sant'Antonino Abate.
Aidone passò successivamente in possesso di Adelasia, nipote del Gran Conte Ruggero, che la tenne fino alla sua morte nel 1160. Adelasia diede impulso al suo sviluppo con la costruzione di diversi mulini sul fiume Gornalunga e la fondazione, nel 1134, del monastero benedettino di Santa Maria Lo Plano, con chiesa dotata di una torre campanaria.
Adelasia sposò nel 1118 il conte Rinaldo d'Avenel ed ebbe un figlio di nome Adam che gli premorì; nel 1142 in un documento della corte normanna sono entrambi citati e successivamente in un altro del 1154 compare solamente lei devota al re Guglielmo I il Malo. La citazione più antica di Aidone risale al 1150 e si trova nel "Libro di re Ruggero" del geografo arabo Idrisi.
Dal XIII al XVII secolo
All'epoca di Federico II, Aidone faceva parte, molto probabilmente, dei possessi diretti del re[7]. Nel 1240 era rappresentata al parlamento di Foggia[8]. L'imperatore concesse ad alcuni soldati, provenienti da Piacenza e guidati da Umberto Mostacciolo (anche detto Ubertino Mostacciolo di Piacenza), di stabilirsi ad Aidone; questa testimonianza conferma l'arrivo, ancora nel XIII secolo, di coloni provenienti dall'area padana.
Nel 1229 ai Cavalieri templari fu permesso di edificare la chiesa di San Giovanni e per il suo mantenimento furono concesse le rendite di alcune tenute[9]. Dopo la morte di Federico II, nel 1255, Aidone si dichiarò libero comune e riuscì a resistere all'assalto di Pietro Ruffo e del conte di Catanzaro, che agivano in nome del re Manfredi; nel 1257, tuttavia, fu presa e saccheggiata dall'esercito svevo, guidato da Federico Lancia. Aidone partecipò alla rivolta dei Vespri siciliani, cacciando la guarnigione francese. Fu nominato capitano Simone Fimetta di Calatafimi e vennero inviati al campo di Pietro III di Aragona arcieri e vettovaglie. In seguito il capitano Fimetta passò dalla parte degli Angioini e dovette fuggire dal castello. Il re Pietro III di Aragona allora concesse Aidone in feudo a Manfredi III Chiaramonte per premiarne la fedeltà.
Nel quadro delle lotte tra angioini e aragonesi emerse la figura di fra' Perrone, il frate dell'Ordine domenicano che combatté gli aragonesi tra il 1284 e il 1287; quando fu catturato dall'ammiraglio Ruggiero di Lauria si uccise in carcere. Nel 1296, durante il regno di Federico III di Sicilia, il feudo di Aidone venne ceduto da Manfredi Chiaramonte a Enrico Rosso che prese il titolo di conte di Aidone. Nel 1299 il capitano Giovenco degli Uberti aprì le porte del castello agli Angioini, ma questo venne riconquistato nel 1301 da Federico, che si era sistemato con il suo esercito nel vicino castello di Pietratagliata. Nel 1320 il feudo passò a Rubeo II Rosso, e quindi al figlio Enrico III Rosso, cancelliere del regno aragonese.
Il conte Enrico Rosso Senior fu uno dei più potenti feudatari del regno di Sicilia e divenne l'ago della bilancia fra le fazioni latine capeggiate dai Chiaramonte e quella catalana degli Alagona. Nel 1353 sposò Luchina figlia di Manfredi Chiaramonte e quindi entrò in conflitto con Artale Alagona che di fatto era il tutore del giovane re Ludovico. Questo pugnace Conte Enrico aveva un certo ascendente per la sorella maggiore del Re, la cosiddetta madre badessa Eufemia. Dopo l'aspra lotta sostenuta dalla rocca di Motta Sant'Anastasia contro Artale Alagona il gran Giustiziere, Enrico Rosso Conte di Aidone, capo dell'esercito reale, stipulò la pace a Catania e con i suoi bellicosi soldati aidonesi divenne il braccio armato della Corona, dopo la prematura morte di re Ludovico e la successione del fratello Federico IV il semplice, un altro ragazzo inesperto. Ma il volubile Enrico Rosso fu anche il protagonista della conquista di Messina e della morte di Matteo Palizzi e poi in seguito provocò la morte di Antonia del Balzo moglie del re Federico IV. Per questo motivo venne dichiarato fellone dal Re e nel 1373 fu costretto a cedere il feudo di Aidone (compresi il castello di Pietratagliata, il feudo di Fessima e i casali Baccarato, Asmundo e Pietralixia) a Perrone Gioeni, in cambio del feudo di Castroleone (Castiglione di Sicilia).
Il Castellaccio, ruderi del castello medievale
Il castello di Aidone ospitò nel 1396 la regina Maria e il marito, Martino il Giovane e, nel maggio dell'anno 1411, la regina Bianca di Navarra, vedova del re Martino il Giovane, che vi soggiornò a lungo protetta dal Gioieni. Nel 1427 il conte Bartolomeo III Gioeni firmò l'atto "Privilegi e consuetudini per gli Aidonesi", concedendo il potere locale al "baiulo" Giovanni Caltagirone, coadiuvato da un "capitano di giustizia".
Nel 1531 Giantommaso Gioeni introdusse la venerazione per san Lorenzo martire facendone il santo patrono della città al posto di san Leone. Il feudatario ringraziava così il santo per la salvezza del figlio Lorenzo dalla pestilenza (è una delle ipotesi, per l'altra vedi la nota sulla chiesa di San Lorenzo).
Nel 1602 Tommaso Gioeni venne nominato dal re Filippo III di Spagna pari del regno e principe di Castroleone, ed entrò a far parte del parlamento siciliano. Il principe fondò ad Aidone la "Confraternita dei Bianchi", composta esclusivamente di nobili.
Nel 1667 venne fondata la confraternita del Santissimo Sacramento, legata alla chiesa di San Leone. I membri, al massimo 72, dovevano avere almeno vent'anni di età. Tra questi c'erano 13 "officiali" (governatore, consigliere maggiore, consigliere minore, cancelliere, tesoriere, due mastri di novizi, due visitatori d'infermi, due sacrestani e due nunzi). In seguito, per la prevalente presenza al suo interno di artigiani, la confraternita fu conosciuta come quella della Maestranza.
Dal terremoto (1693) al colera (1837)
Nel 1693 il terremoto che colpì tutta la Sicilia orientale provocò in Aidone cinquanta morti, la distruzione del paese e il crollo di numerose chiese ed edifici, tra cui la chiesa Madre di San Lorenzo. Il 1693 in Aidone, come in gran parte della Sicilia, segna un discrimine nella sua storia architettonica. Alcune chiese furono restaurate o ricostruite, pertanto quasi tutti gli edifici di Aidone sono, tranne che in alcune parti, settecenteschi o con notevoli elementi risalenti a questa epoca (i cantonali di san Domenico, la facciata di santa Maria La Cava, i portali di San Leone, dell'Annunziata, etc), il loro stile è influenzato dal barocco imperante in Sicilia ma con tratti sobri e classicheggianti. Altre chiese e conventi sono stati demoliti, come il convento e la chiesa di santa Caterina, la chiesa e il convento di san Michele Arcangelo, la chiesa e il convento di san Tommaso apostolo, la chiesa di san Giacomo e molte altre chiese di cui ormai si è persa ogni traccia.
Con il matrimonio dell'ultima discendente dei Gioeni con Marcantonio V Colonna, il feudo passò ai Colonna, principi romani. A quest'epoca nel territorio di Aidone esistevano sei baronie: Spedalotto-Cugno, Mandrilli-Toscano, Fargione-Baccarato-Feudonuovo, Dragofosso, San Bartolomeo, comprendente Pietratagliata-Prato-Tuffo-Gresti, e Raddusa-Destra. Altre tre baronie si erano costituite con i terreni comunali dell'"università" (Giresi-Pali-Malaricolta, Belmontino e Menzagno).
Nel XIX secolo le famiglie Boscarini, Scovazzo, Cordova, D'Arena, Profeta, Minolfi, Ranfaldi e Calcagno, produssero due generazioni di borghesi liberali e colti (tra i quali Filippo Cordova e Gaetano Scovazzo) che impressero un notevole impulso culturale alla cittadina.
Nel 1795 il Comune acquistò la chiesa di San Tommaso Apostolo, con l'annesso "Ospedale", per realizzare un teatro municipale; nel contempo iniziarono i lavori per la costruzione del Palazzo municipale, destinato a sede amministrativa e politica del "detentore" (sindaco).
Dal 1805, a seguito della scoperta del primo giacimento di zolfo, iniziò per Aidone un periodo di prosperità alimentata dall'industria estrattiva. La popolazione ebbe un notevole incremento, con l'immigrazione di minatori provenienti dai paesi viciniori, che si prolungò anche nel secolo successivo fino al secondo dopoguerra (la fase di chiusura della miniera Baccarato cominciò nel 1960).
Dopo l'abolizione della feudalità (1812), Aidone entrò a far parte della provincia di Caltanissetta (1820).
In una planimetria redatta dal regio agrimensore Lorenzo Correnti, il territorio comunale risultava avere un'estensione di 6884,12 salme (di vecchia misura) ed era suddiviso in varie contrade tra cui: Ciappino, Grottascura, Bosco, San Bartolomeo, Gresti, Pietrapiscia, Mendola, Giresi, Spedalotto, Calvino, Malaricolta, Casalgismondo, Toscano, Baccarato, Dragofosso, Montagna, in parte corrispondenti alle baronie. Esistevano ancora diversi latifondi di proprietà, soprattutto, dei Colonna-Rospigliosi.
In base alla documentazione dell'archivio storico comunale Il centro abitato venne suddiviso nel 1832 in sette quartieri storici:
- San Lorenzo
- San Leone
- San Giuseppe
- Santa Maria
- San Giovanni
- Cappuccini
- San Giacomo-Annunziata
Dai dati desunti dal dazio sul vino si rileva che la popolazione complessiva era di 4.550 abitanti. In occasione delle festività in onore del Santo Patrono S.Lorenzo martire uscivano le Confraternite con i Gonfaloni dei sette quartieri.
Nel 1837 anche Aidone fu colpita dal colera che imperversò in tutta la Sicilia e che causò la morte, tra gli altri, del pedagogista Nicolò Scovazzo (1783-1837). Pare che il colera fosse del biotipo El Tor (caso unico e quanto mai singolare, in quanto fu isolato ad Aidone prima che nella località del Sinai, da cui prende il nome).
Il Risorgimento
Aidone fu sede di una cellula carbonara guidata da Domenico Scovazzo e il 26 gennaio 1848 insorse contro il re Ferdinando II delle Due Sicilie. Durante la crisi del 1848 il Re Ferdinando II di Borbone nominò Ministro dell'Agricoltura il Comm. Gaetano Scovazzo, regio consultore che in passato aveva ricoperto questa carica nel 1831 collaborando con il fratello del re Leopoldo Conte di Siracusa come Ministro di Grazia e Giustizia ed Affari ecclesiastici ed in seguito alle Finanze. . Per rimanere fedele ai suoi principi di libertà e di autonomia, Scovazzo si dimise dal Governo del Re Ferdinando II del 1848 come Ministro dell'Agricoltura e Commercio nel gabinetto Serracapriola nonostante fosse stimato da Lord Minto (Gran Bretagna) e il conte Napier (Francia) e la sua dimissione fece precipitare la situazione politica in Sicilia.
Come per gli altri Comuni dell'Isola anche in Aidone si formò un "Comitato di difesa e sicurezza pubblica" e tre compagnie della Guardia nazionale guidate dal pugnace Rocco Camerata Scovazzo Comandante e Vincenzo Cordova-Savina.
Busto di Filippo Cordova nell'omonima piazza di Aidone
Filippo Cordova, cugino dello Scovazzo che aveva già perorato la causa di una nuova Sicilia come nazione sganciata dalla capitale Napoli e dal Borbone, nel 1848 fu eletto da Aidone al Parlamento Siciliano,sedendo nella Camera dei Comuni.
Qui fu uno degli estensori dello statuto per l'autonomia della Sicilia e poi ministro delle finanze nel governo presieduto dal marchese di Torrearsa. Dopo la restaurazione borbonica fu in esilio a Torino, qui conobbe Massimo D'Azeglio e poi Camillo Benso di Cavour che gli affidò la direzione del "Risorgimento". Divenne anche un consigliere del re Vittorio Emanuele II in seguito dopo la morte improvvisa di Cavour, fu chiamato a far parte del Governo del regno di Italia presieduto da Bettino Ricasoli come Ministro dell'Agricoltura e del Commercio.
Durante la spedizione dei Mille Aidone partecipò ai combattimenti: in contrada Dragofosso un gruppo di 120 aidonesi, guidato da Vincenzo Cordova e Gioacchino Mazzola, riuscì a deviare un contingente borbonico guidato dal generale Gaetano Afan de Rivera, favorendo la conquista di Palermo da parte di Garibaldi. Lo stesso Garibaldi in seguito si complimentò con Vincenzo Cordova (vds. lettere) tanto che lo voleva nominare Maggiore del suo esercito di liberazione.
Nel Regno di Italia altri aidonesi si distinsero oltre a Filippo Cordova suo cugino Gaetano Scovazzo-Cordova nominato Senatore nel 1861 ma giurò nel 1863, suo nipote Vincenzo Cordova Savina (1819-1897) deputato di Giarre per cinque legislature e senatore del regno nel 1889, Rocco-Camerata Scovazzo senatore nominato nel 1865 e i suoi fratelli Franceswco e Lorenzo Camerata-Scovazzo entrambi eletti Deputati al parlamento nazionale ed infine Domenico Minolfi Scovazzo (1826-1898), deputato per due legislature e presidente del Consiglio provinciale di Caltanissetta.
La vita sociale e culturale di Aidone nell'Ottocento fu molto vivace e ricca di iniziative sociali e culturali. Nel 1865 venne fondata una biblioteca comunale a cui si aggiunse, dal 1884, anche una biblioteca popolare educativa circolante. Nel 1889 i fratelli Luciano e Giuseppe Palermo fondarono il "Monte di pietà" e la relativa banca; qualche anno dopo nacque la "Società di mutuo soccorso Principe di Napoli" (poi "Società artigiana") fondata da Vincenzo Cordova e Domenico Minolfi e infine, nel 1895 fu costituito il "Monte Frumentario" con 157 soci.
Sin dal 1843 esisteva un orfanotrofio femminile, nel 1884 venne creato l'asilo infantile "Vittorio Emanuele" per gli alunni poveri e una scuola elementare con 14 classi nell'ex convento dei domenicani. Nel 1902 il parroco aprì un istituto femminile per l'insegnamento del cucito e del ricamo.
Nel 1903 nacque la "Lega dei lavoratori della terra", con 300 soci e l'istituzione di un fondo sociale, e nel 1905 la "Lega di miglioramento" in favore degli operai delle solfatare.
Monumenti e luoghi d'interesse
Morgantina
Uno dei siti archeologici più interessanti dell'entroterra di Sicilia è sicuramente l'antica città greca di Morgantina, nella provincia di Enna. Le numerose fonti in cui viene menzionata Morgantina sono una riprova della sua importanza. Alle informazioni delle fonti letterarie si aggiungono ovviamente i reperti rinvenuti in seguito agli scavi archeologici effettuati in tutta l'area. La città si estende su una piccola pianura delimitata da dolci colline. Al centro del pianoro si trova l'Agorà dominata dall'alto dal "colle della Cittadella", sede dell'Acropoli. Il sito, prima di essere colonizzato dai greci, presentava insediamenti preistorici di età castelluciana e dell'Età del Bronzo. Fu nel IX secolo a.C. che arrivarono i Morgeti (da cui Morgantina prende il nome). Testimonianze del periodo di colonizzazione da parte di questo popolo si trovano nell'area dell'Acropoli: capanne a pianta quadrata appartenenti ad un villaggio agricolo. Nel IV secolo a.C. i coloni Calcidesi di Catania ingrandiscono il sito. Nel 211 a.C. , durante le guerre puniche, Morgantina si schiera con i Cartaginesi e questo provoca la sua distruzione da parte dei Romani.
Lungo il perimetro dell'area archeologica sono visibili le antiche mura di cinta che, seguendo l'orografia della zona, hanno un andamento piuttosto frastagliato. Le mura non presentavano torri, solo alcuni baluardi, e si aprivano in corrispondenza delle quattro porte. Sull'Acropoli, oltre alle succitate capanne morgetiche, si trovano i resti più antichi della città, compresa l'area sacra. L'area sacra comprende dei piccoli templi ed il naiskos arcaico, un grande tempio lungo all'incirca 32 metri risalente al VI secolo a.C. Ai piedi della collina dell'Acropoli si trova il quartiere residenziale. Qui sono state rinvenute lussuosi esempi di abitazioni con pavimenti a mosaico e pareti affrescate: la Casa del Capitello Dorico, famosa per la sua iscrizione musiva EYEKEY (Stai bene!) sul pavimento in cocciopesto; la Casa di Ganimede, che prende il nome dal mosaico rinvenuto al suo interno raffigurante il ratto di Ganimede; altre abitazioni degne di nota sono la Casa dei capitelli tuscanici e la Casa del Magistrato, entrambe con decorazioni musive e parietali.
La zona più interessante di Morgantina è certamente l'Agorà, disposta su due livelli (quello inferiore riservato ai riti sacri, quello superiore per fini commerciali e pubblici) collegati da una grande scalinata. Quest'ultima è molto particolare perché consta di tre lati che formano così in basso uno spazio probabilmente usato per le riunioni cittadine, come Ekklesiasterion, o per momenti di culto vista la vicinanza con il Santuario delle Divinità Ctonie, Demetra e Kore. Contemporaneo alla scalinata è senza dubbio il Teatro Greco. La sua cavea semicircolare consta di 15 gradini ed è suddivisa in sei settori; è probabile che le scalinate in pietra continuavano con delle strutture in legno per aumentare la capienza del teatro (5000 posti circa). Il Santuario delle Divinità Ctonie ha una pianta trapezoidale ed è all'interno di questo edificio che sono stati rinvenuti dei busti votivi policromi che raffigurano Demetra. Accanto al teatro greco, più a est, si trova il granaio pubblico; risalente al III secolo a.C. ha una pianta rettangolare. I resti di due fornaci all'interno dell'edificio sono la prova dell'esistenza in città di fabbriche di vasi in ceramica.
La terrazza superiore dell'Agorà è delimitata da tre portici monumentali con colonne (stoà); uno con funzione di ginnasio, uno adibito a fini commerciali, l'altro per riunioni pubbliche. Al centro di questa terrazza dell'Agorà si trova il Macellum, del II secolo a.C. ; l'edificio ha pianta quadrata ed è l'esempio più antico di macellum a noi pervenuto. I reperti archeologici rinvenuti nell'area archeologica di Morgantina sono conservati nel piccolo ma interessantissimo Museo archeologico nella vicina Aidone. I reperti custoditi vanno dall'età del Ferro al I secolo a.C.
Il Castello di Pietratagliata
In territorio di Aidone, in contrada Gresti, ci sono i ruderi di un castello medievale di origine non ben definita ma secondo lo storico Michele Amari venne costruito dagli arabi negli anni 862-67 su un preesistente fortilizio bizantino (le prime notizie storiche documentabili sul castello risalgono al XIV secolo). Il castello sorge su un'elevata cresta rocciosa che chiude la piccola valle del torrente Gresti, un affluente del Gornalunga, ovvero l'antico Albos o Erikes, ed è posizionato strategicamente lungo la via di comunicazione che collegava Morgantina, e le antiche città dell'interno, con quelle della costa orientale. La struttura comprende un ampio piano terra, adibito a magazzini e stalle, e un primo piano accessibile da una scaletta in muratura. La maggior parte degli ambienti sono scavati nella roccia, in modo analogo al castello di Sperlinga, e si aprono ad est con logge e finestroni. È presente un'alta torre piena, visibile a grandi distanze.
Il nome “Pietratagliata” si riferisce alla presenza degli ambienti tagliati nella roccia, mentre il nome Gresti, ricorda la grande quantità di cocci di epoca greca e romana dal II secolo a.C. al I secolo d.C. che affioravano in tutta la contrada.
Il Castellaccio
"Castellaccio", (in dialetto Cast'ddazz') è il nome dato ai ruderi del castello medievale, costruito nel punto più alto della città, in posizione strategica, con una visuale panoramica a 360°, che permetteva di controllare le principali vie di comunicazione della Sicilia Centrale.
La costruzione risalirebbe all'XI secolo, all'epoca normanna, ma fu forse preceduta da una fortificazione saracena. Il Castello era un baluardo sicuro per i baroni signori di Aidone, tanto che era inespugnabile e si poteva accedere solamente dall'antica strada posta a mezzogiorno. Quando questo maniero venne attaccato dalle truppe di Roberto d'Angiò con il tradimento del capitano Giovenco degli Uberti fu possibile espugnarlo e perfino il Re Federico III dovette usare delle macchine di guerra per porre l'assedio alle truppe angioine. Questo castello venne ulteriormente fortificato dal Conte Enrico Rosso senior nel 1351 che aveva la necessità di un reparto di cavalieri in grado di attaccare sulla piana di Catania il nemico Artale Alagona. Fu centro del feudo di Aidone e fu qui che i feudatari ospitarono nel 1396 i reali Maria e Martino I di Sicilia e, nel maggio 1411, Bianca di Navarra dettò alcune lettere con l'aiuto del Protonotaro del Regno Bartolomeo Gioeni, Barone di Aidone e il figlio Perrone ai suoi fedelissimi per contrastare il nemico della corona: il grande ammiraglio Bernardo Cabrera.
Cadde in rovina in seguito al terremoto del 1693 e successivamente venne abbandonato. Faceva probabilmente parte di una rete di fuochi di avvistamento con i castelli di Enna, Agira, Pietratagliata e altri.
Le chiese
Torre Adelasia e Santa Maria La Cava o Lo Plano
Sulla piazza Cordova si affaccia la Torre Adelasia, che oggi costituisce la torre campanaria dell'annessa chiesa di Santa Maria La Cava, ma in origine era una delle torri di difesa lungo le mura che costeggiavano le pendici occidentali del borgo normanno. Dell'impianto originario, di epoca normanna, conserva il piano inferiore dall'alto portale ogivale e, all'interno, la volta a crociera, il bel portale laterale in pietra calcarea e la maestosa abside. Nei secoli ha subito molti rimaneggiamenti e sovrapposizioni in diversi stili: il gotico-catalano del secondo piano cinquecentesco e il piano superiore di epoca settecentesca. La chiesa di Santa Maria fu fondata con il nome di Santa Maria Lo Plano da Adelasia, nipote del conte Ruggero, come si legge in un diploma del 1134. Fu priorato dei Benedettini. Dell'impianto medievale conserva solo l'abside e la torre. L'attuale facciata, incompleta, è il frutto di un ambizioso progetto tardo secentesco per una chiesa a tre navate. Il rapporto simmetrico dei portali è andato perduto nell'ultimo radicale restauro, completato nel 1940: per ampliare la capacità di accoglienza della chiesa, si eliminò l'alta gradinata interna, fu innalzato il portale centrale e si aggiunse l'alto sagrato semidecagonale. Fu abbandonato definitivamente il progetto di una chiesa a tre navate e si ricavarono due cappelle sul lato occidentale e dei locali adibiti ad asilo sul lato orientale. Per ricordare le origini normanne l'interno dell'abside fu riportato alla nuda pietra ponendosi perciò in netto contrasto con il sistema decorativo dominato dagli affreschi della pittrice Clelia Argentati. La Chiesa è anche un santuario dedicato a san Filippo apostolo: il simulacro del santo, ritenuto miracoloso, custodito in una cappella riccamente decorata di stucchi, è oggetto di grande venerazione: il 1º maggio convengono in Aidone, per celebrarlo, ringraziarlo o impetrare grazie, pellegrini provenienti da tutti i comuni della provincia.
Chiesa madre di San Lorenzo
È forse la chiesa più antica di Aidone, fondata nell'XI secolo,secondo Filippo Cordova e Gioacchino Mazzola su un'antica costruzione risalente al VII sec. per come è stato di recente rilevato dal alcuni muri di fondazione all'interno della Sacrestia. Questa Chiesa Matrice dopo gli ingenti danni subiti nel terremoto del 1693 fu ricostruita: dell'originario impianto normanno restano i contrafforti laterali e il portale. Con la ricostruzione furono aggiunte le cappelle laterali e il campanile, mai completato. Tracce dell'antica struttura sono visibili nei grandi conci parietali scoperti nella sacrestia, in corrispondenza dall'area absidale.
La facciata fu ricostruita utilizzando il materiale antico: furono recuperate le due scanalature ad un lato della porta, che rappresentano le misure del palmo e della canna, ma non l'antica iscrizione i cui frammenti sono sparsi per tutta la facciata. Interessanti i colmi degli imponenti cantonali rifinite con caratteristiche forme a spirale.
All'interno si conservano suppellettili, arredi sacri, antichi paramenti, statue e tele in parte provenienti dal convento di Santa Caterina: tra questi oggetti, il reliquiario di argento a forma di braccio, contenente la reliquia di San Lorenzo, probabilmente portata da Roma da Marcantonio V marito di Isabella Gioieni, quest'ultima della famiglia dei Gioieni che avevano introdotto il culto del santo per un presunto miracolo[11]
Esistono due versioni sul motivo per cui san Lorenzo, per volere della famiglia Gioieni, sarebbe stato dichiarato patrono del paese al posto di san Leone: secondo una di esse fu Giantommaso Gioieni nel 1531 ad introdurre la venerazione per il santo martire in ringraziamento per la salvezza del figlio Lorenzo dalla pestilenza. Secondo un'altra versione fu invece Isabella Gioieni, nella seconda metà del Seicento: sposata a Marco Antonio Colonna, al quale aveva portato in dote il feudo di Aidone, non sarebbe riuscita ad avere figli e promise in voto al santo di farlo diventare patrono del paese se avesse dato alla luce un figlio; la grazia sarebbe stata concessa e Isabella diede alla luce il figlio Lorenzo e mantenne la sua promessa. Al 1810 risale invece la nascita dell'Accademia di San Lorenzo, che operò per almeno un secolo.
Chiesa di San Leone
Piazza Umberto
La Basilica di San Leone risale al 1090. Fu dedicata al papa Leone II, e fu costruita con conci megalitici, provenienti dall'area della Cittadella. La chiesa subì gravi danni a causa del terremoto del 1693; nel 1790 il muro della facciata fu ricostruito e porta l'iscrizione in latino: "Divo Leoni Papae Civi Patrono Populus Ajdonensis Basilicam Hanc Restituit", secondo cui papa Leone II fu aidonese. C'è da ammirare, nell'architettura esterna, il portale di stile barocco, formato da un arco a tutto sesto, fiancheggiato da due mezze colonne con capitelli stile corinzio, su cui poggia un architrave con dei rilievi; in corrispondenza dei capitelli vi sono due piccole cimase con due pigne a rilievo.
Chiesa di Sant'Antonio Abate
La chiesa è posta all'ingresso orientale del paese e la tradizione vuole che in origine fosse una piccola moschea, trasformata in chiesa cristiana dai Normanni: alla presunta moschea apparterrebbero il portale a sesto acuto nella parete di mezzogiorno, oggi murato, e le piccole feritoie ai suoi lati. I contrafforti laterali che racchiudono grandi aperture murate, fanno pensare, ad un edificio con pianta a croce greca, forse ad una piccola chiesa extra-urbana di epoca bizantina, ovvero ad un edificio tardo-romanico con pianta a tre absidi ("a trifoglio"), che costituirebbe un esempio raro per la Sicilia.
Al periodo normanno appartengono invece l'abside posteriore e il portale con arco a sesto acuto, in conci alternati di arenaria e pietra bianca di Comiso. La chiesa ha subìto nei secoli vari rimaneggiamenti; di epoca cinquecentesca o seicentesca è il campanile a due ordini di monofore, sormontato da una cuspide rivestita di elementi sferici policromi di gusto moresco. Un pavimento musivo, che rappresentava San Giorgio che uccide il drago, e numerosi arredi sono stati nel tempo sottratti da furti, ma si conserva un affresco, del 1581, portato in luce dagli ultimi restauri, che rappresenta la vita e le tentazioni di Sant'Antonio: il quadro centrale rappresentante il Santo, è accompagnato da otto riquadri disposti ai due lati, dove in uno stile "fumettistico" sono rappresentati episodi della sua vita illustrati da didascalie in siciliano.
Chiesa di San Michele Arcangelo
Pare che la vecchia Chiesa dedicata a S.Michele venne edificata nel 1150 d.C. e secondo gli esperti la torre composta da archi a sesto acuto è molto simile a quella coeva di S.Maria Lo Plano. Della cinquecentesca chiesa e l'annesso convento non resta oggi che il rudere della torre campanaria, in pietra bianca squadrata, con il portale d'ingresso e due ordini asimmetrici; all'interno di un'arcata è scolpita l'effigie del Santo, in veste di guerriero. Le restanti tracce della chiesa, a tre navate, e del convento sono coperte e conglobate dalle abitazioni sovrastanti.
Il convento era circondato da una fama sinistra per essere stato nel XVI secolo sede di un tribunale segreto dell'Inquisizione.
(da vikipedia)