23 maggio 1992, ore 17.58. Sull'A29, vicino allo svincolo di Capaci, 20 chilometri da Palermo, un'esplosione sventra la strada e investe le automobili in transito. Tra queste, tre Croma: una marrone, una azzurra e una bianca. Su quest'ultima viaggia, di ritorno da Roma, Giovanni Falcone, sulle altre la sua scorta.

Oltre al giudice antimafia, perdono la vita sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti: Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Ferite 20 persone. 500 KG DI TRITOLO - Per provocare la deflagrazione, Cosa Nostra aveva riempito con 500 chili di tritolo un tunnel scavato sotto l'autostrada. Ad azionare il telecomando che innescò l'esplosione fu Giovanni Brusca, l'uomo che uccise e sciolse nell'acido il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito. ATTENTATO A BORSELLINO - Meno di due mesi dopo, il 19 luglio, viene assassinato Borsellino, il più stretto collaboratore di Falcone: un'autobomba esplose al passaggio del magistrato in via D'Amelio, uccidendo lui e 5 uomini della scorta. IL PROCESSO - Il 26 settembre 1997 la corte d'assise di Caltanissetta infligge 24 ergastoli agli uomini ritenuti esecutori e mandanti della strage di Capaci, tra cui Totò Riina e Bernardo Provenzano. Giovanni Brusca è condannato a 26 anni di reclusione. Con la sentenza d'appello, il 23 maggio 2000, gli ergastoli salgono a 29. Il 31 maggio 2002 la Cassazione riformò in parte il verdetto, annullando alcune condanne e rinviando il processo a Catania, dove i procedimenti per Capaci e via D'Amelio furono unificati. Il 21 aprile 2006 le condanne furono confermate, con 13 ergastoli e il settembre 2008 la Cassazione confermò la sentenza della Corte d'assise d'appello. INCHIESTA RIAPERTA - Dal luglio dello scorso anno, alla luce di nuovi elementi e dichiarazioni di pentiti, tra cui Gaspare Spatuzza, la procura di Caltanissetta ha riaperto l'inchiesta, in particolare per chiarire chi furono i mandanti e se apparati deviati dello Stato abbiano avuto un ruolo.