(Salvatore Augello) Sono passati sette anni dal disastro delle torri gemelle, che cambiò il mondo, ma la ferita non si è ancora rimarginata. Da un canto è bene mantenere la memoria di quella follia omicida, che fece oltre cinquemila morti, che incise profondamente ed incide ancora, sul processo di pace mondiale, sull’economia, sugli schieramenti politico – strategici di tutto il mondo.
Dall’altro canto, senza togliere nulla alla memoria ed al sacrificio di tante persone, vedi i tanti pompieri che sacrificarono la vita nel tentativo di salvare altre vite umane, bisogna cominciare a fare dei bilanci ed a guardare dentro a quello che venne fuori da quel tragico evento. Il primo prodotto, al di là di una intensificazione della lotta al terrorismo, ed oltre ad un aumento tangibile di tensione in tutto il mondo, non c’è dubbio, che furono due guerre, che ancora restano in piedi e non accennano a mettere la parola fine. Una, la guerra in Iraq, che ha fatto più morti da quando gli americani hanno annunciato la vittoria su Sadddam, che durante lo scontro degli eserciti in campo. E’ stato sconfitto Saddam, ma è anche saltato il coperchio che comprimeva saldamente l’integralismo islamico, il terrorismo internazionale, le più svariate etnia, che compongono quella parte del mondo. Non è certo per giustificare il dittatore, i cui metodi vanno certamente condannati e perseguiti, ma è un dato di fatto che non si può ignorare. Si dichiarò guerra, l’America di Bush dichiarò guerra all’Iraq, colpevole, si disse allora, di detenere armi nucleari e/o di distruzione di massa, armi che non furono mai trovate. Si ebbe fretta di abbattere il regime per liberare il petrolio. Si sacrificarono e si sacrificano ancora vite umane, mezzi bellici, risorse economiche, ma Bib Laden resta imprendibile, lo scontro tra etnia e fedi religiose in Iraq diventa sempre più cruento, mentre l’Iran minaccia di compromettere il fragile e delicato equilibrio medio orientale, ne nome dell’integralismo islamico. La seconda, la guerra in Afganistan dovuto sempre come conseguenza di quell’11 settembre, che diventa sempre più cruenta, impegna anche qui risorse umane e finanziarie, non ha sconfitto i talebani, non ha portato alla cattura di Bion Laden, ammesso che sia ancora vivo. Anche qui, ne wesce compromesso l’equilibrio politico della zona, coinvolge il Pakistan, riaccende a spazzi il conflitto in Cashimir, ha fornito una sponda di legalità ad alcune operazioni della Russia. Davvero un bel risultato dopo sette anni, tutti sotto la direzione politica di Bush alla Casa Bianca. Protagonista la visione del mondo del Presidente americano, della sua inqualificabile politica di aggressione, spacciata per diffusione della democrazia. Ma, ci siamo mai chiesti fino a qual punto quei popoli vogliono la democrazia? Che cosa è essa per loro? Ci siamo mai chiesti, che democrazia può essererci in una nazione governata con la sharia, che nega qualsiasi diritto alla donna, che prevede la poligamia, che non prevede libertà di culto, quella stessa libertà che invocano i mussulmani quando sono in altri paesi<’ Ma, quello che conta, ci siamo chiesti cosa significa per quei popoli democrazia? E’ la democrazia un bene che si può esportare così, senza attivare un processo culturale, ma imponendola con le armi? Quello che è certo è, che dopo due guerre ancora aperte, dopo il sacrificio di migliaia di vite umane, il problema è ancora tutto lì, forse più grave di prima. Ha sconvolto il mondo, ha diviso l’Europa, ha diviso il mondo arabo, ma resta tutto lì, dentro quel cratere, il grown zero, che da solo fa da monumento alla follia, alla cattiveria umana, alle politiche oppressive, che dominano parecchia parte del mondo. Ed allora, ci chiediamo: può essere che il rimedio sia stato peggiore del male? Può essere che il mondo debba pagare un prezzo altissimo ad muna politica, quella americana, che prima crea i mostri (Saddam, Bib Laden) perché funzionali ada altri disegni e poi li distrugge o li vuole distruggere, costi quel che costi? A noi, ai popoli, spetta ricordare cosa fu e cosa ancora rappresenta e produce quell’11 settembre di sette anni fa, ma ci resta pure da pensare, e torniamo un attimo indietro, al punto di partenza, se, con il senno di poi, la cura non sia stata peggiore del male.