(Rodolfo Ricci -FIEI Il Sen. Mantica, sottosegretario agli Affari Esteri, di cui è apprezzabile la schiettezza (un pò meno la rozzezza di alcune sue affermazioni), dice in un'intervista al Corriere d'Italia di Francoforte, che intende innovare su tutti i fronti. Incalzato da Tremonti e dai programmi di ridimensionamento della spesa, deve fare il suo piccolo dovere:
dimostrare di risparmiare qualche milione di Euro, innanzitutto abolendo il CGIE, riducendo le sovvenzioni a pioggia per l'associazionismo d'emigrazione (ma dove sono, dove li ha visti, chi glielo ha detto?), chiudendo diversi consolati non più al passo con i tempi dal momento che la rete consolare italiana è ancora troppo dimensionata sulla presenza dell'emigrazione italiana nel mondo e poco sulle opportunità della globalizzazione economica. Questo programma di generale smantellamento viene giustificato con il fatto che la rappresentanza dei 18 parlamentari dell'estero è più che sufficiente da sola per affrontare tutte le questioni che riguardano gli italiani all'estero. Punto. Ora, si potrebbe fare un lungo e ragionato intervento -e a tempo debito lo faremo- per ricordare qualche pezzo di storia lontana e recente, per fornire un dettaglio di cos'è la nostra emigrazione, e fare così accendere nella testa del Sottosegretario una luce sulle opportunità del ruolo che ricopre e che lui proditoriamente ignora. Per il momento è bene che Comites, CGIE, rappresentanze associative, ecc. abbiano chiaro che l'obiettivo del Senatore è la chiusura (lui dice di una fase storica), del capitolo stesso degli italiani all'estero. Pensa infatti che il mondo imprenditoriale sia più che sufficiente a rappresentarlo funzionalmente rispetto agli obiettivi di espansione del sistema Italia. Ma non necessariamente nei paesi di tradizionale emigrazione. Insieme ai 18 parlamentari eletti i quali, visto il trend che egli intravede, potrebbero anche essere tutti quanti imprenditori, vista la pochezza della attuale rappresentanza. La domanda è: perchè il Sottosegretario si ostina a frequentare sedi associative, a incontrare le comunità emigrate fatte in gran parte di lavoratori, a rilasciare interviste ad antichi giornali nati dall'associazionismo, ecc. ecc.? O sta sbagliando interlocutori, oppure non ha ancora compreso che deve inventarsi i nuovi, operazione oggettivamente difficoltosa a breve termine. Nel frattempo, l'ammiccamento fatto ai parlamentari in carica, riconosciuti come unici soggetti di un certo rilievo che possono esaustivamente rappresentare il mondo dei 4 milioni di emigrati italiani, fa invece intendere che è pronto ad uno scambio: sciogliere CGIE e tutto il resto in cambio della istituzionalizzazione di una piccola casta di sacerdoti cooptati nel sistema e che possibilmente non rompano troppo le balle (schiettezza per schiettezza). Sarebbe interessante ed utile a tutti noi comuni mortali conoscere l'opinione degli altri senatori rappresentanti della Circoscrizione Estero con i quali egli ci comunica di collaborare efficacemente. E in ogni caso è opportuno ricordare al Sottosegretario (e ai parlamentari che sono d'accordo con lui) che il Senato sarà -dovrebbe essere- federale; cioè rappresentativo di realtà istituzionali elette in ambito regionale. Se aboliamo il CGIE, è probabile che dovremmo reinventarlo subito dopo. A meno che la realtà degli italiani all'estero non debba essere rappresentata al Senato e ridursi ai 12 deputati. In questo caso, chiediamo a lui e ad altri, un surplus di franchezza, così tutti sappiamo a quale gioco giochiamo.