(S.A.) - Continua ad insistere sul fatto che la crisi non c’è o almeno non c’è più, che il peggio è passato, che l’Italia gde buona saluta, che i pensionati e i lavoratori non hanno perso potere d’acquisto, che bisogna essere ottimisti e penalizzare quei giornali che invece sono disfattisti. Non mancano certo termini al cavaliere per illustrare la sua concezione della crisi, così come non esistono freni per attaccare che non è d’accordo.

Attacca quindi Repubblica che secondo lui fa parte di un complotto, solo perché ha riportato quello che i giornali di tutto il mondo riportano, ossia quello che avveniva nella villa in Sardegna o quello che accadeva a palazzo grazioli, mentre restano senza risposta le dieci domande che Repubblica rivolge al cavaliere, cos’ come lo sono rimaste le prime dieci. Tutti elementi e notizie non inventate certo dalla stampa definita “reazionaria”, “comunista” etc, ma venute fuori da dichiarazioni di testimoni oculari, da registrazioni, da fotografie, dal lavoro dei giudici di Bari che stanno conducendo l’inchiesta, che non desterebbe preoccupazione, se soko non investisse il comportamento del capo del governo italiano, che spesso dimentica il ruolo che riveste, o, peggio ancora, usa questo suo ruolo per plasmare il potere secondo le sue esigenze. Possibile, che nessuno abbia etto al cavaliere che non basta dire che la crisi non c’è o è passata, perché l’Italia si senta fuori dalla crisi? Ma vediamola questa crisi che non c’è. Essa cammina sull’onda di numeri impressionanti quali ad esempio: il raddoppio del deficit dello stato solo negli ultimi sei mesi, il crollo delle entrate, 30 imprese al giorno che falliscono, l’aumento della disoccupazione, la paventata chiusura dello stabilimento FIAT di termini Imerese, la crisi nella scuola e nelle università, tutti elementi che fanno parte di questa crisi, che pesa come un macigno sulla eco9nomia delle famiglie, sui precari, sui pensionati, sulla stessa funzionalità della pubblica amministrazione, che non migliora la qualità dei propri servizi resi al, cittadino, che non riesce ad avviare un piano delle opere pubbliche decente, capace di incidere sulla ripresa economica, che dispone ancora oggi di un servizio ferroviario, dove i treni deragliano facendo 22 morti, pare a causa di una cattiva manutenzione del materiale ferroviario. Restando ancora in tema di opere pubbliche, l’Italia assomma il poco invidiabile primato di realizzare le opere con una lentezza pari a dieci volte quella degli altri paesi europei e, di contra, con un costo tre volte superiore. Se questo vuol dire che non c’è la crisi, allora siamo davvero pessimisti se noi riteniamo che non solo il peggio non sia passato, ma l’asprezza della crisi è ancora tutta lì, nella richiesta di lavoro dei precari, nella richiesta di aumento dei pensionati, nella richiesta di lavoro dei disoccupati, nelle difficoltà delle famiglie a raggiungere la fine del mese. O forse, non siamo pessimisti, come vorrebbe fare credere il cavaliere, ma solo realisti, che hanno l’abitudine di chiamare le cose con il ‘proprio nome. . Farebbe bene il governo a fare altrettanto ed a comportarsi di conseguenza, invece di lanciarsi contro l’ISTAT perché fornisce troppi dati, o contro gli organismi preposti, come la Banca d’Italia, il FMI ed altri, che danno ancora notizie di una crisi che resta tutta in piedi. Farebbe bene a mettere in atto strumenti anticrisi adeguati e reali, capaci di incidere sulla crisi e sui problemi degli italiani portati da questa crisi. Farebbe bene a discutere pubblicamente della crisi, cercando sinergie per uscirne, invece di attaccare i giornali che ne parlano tutti i giorni e consigliare gli imprenditori a tagliare i fondi spesi per pubblicità a quei giornali che non la pensano come il cavaliere.