Il Cdm “sana” la situazione in Lazio e Lombardia. Napolitano firma il dl. Pubblicato subito in GU, per consentirne l’uso ai Tar. Berlusconi: “Collaborazione tra istituzioni”. L’opposizione insorge. Bonino: “Pagina vergognosa”. Bersani: “C’è il trucco” Dopo una giornata convulsa, il Consiglio dei ministri ha varato il decreto legge salva liste elettorali che consentirà il “ripescaggio” delle liste del Pdl in Lombardia e in Lazio,

non presentate entro i termini di legge (Lazio) o inficiate da errori e irregolarità (Lombardia). Il dl è stato emanato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Si tratta di un testo “interpretativo”, il che consentirebbe al governo di non incorrere in valutazioni di incostituzionalità che una decretazione innovativa in materia elettorale richiamerebbe da parte della Corte Costituzionale. L'effetto del decreto è che da lunedì otto marzo le liste escluse potranno essere ripresentate. Per quanto riguarda i timbri e le vidimazioni mancanti nelle liste Formigoni, in un secondo momento si potrà verificare la documentazione. Nel Lazio, invece, il Pdl dovrà dimostrare di essere stato presente "con ogni mezzo" nel luogo di consegna della lista entro i termini legali. Il Cdm è durato 35 minuti. Il via libera è arrivato attorno alle 21,50, circa due ore in ritardo rispetto all'ora fissata per l'inizio della seduta. In questo intervallo, si sarebbe affinato il testo per renderlo compatibile con una valutazione positiva da parte del capo dello Stato. Una volta ottenuto il via libera del Quirinale, Berlusconi avrebbe commentato la buona “collaborazione tra le istituzioni”. Il decreto sarà pubblicato già sabato 6 marzo in Gazzetta Ufficiale, così da poter essere utilizzato dai Tribunali amministrativi che devono valutare i ricorsi sulle liste elettorali. Nella nota diramata da Palazzo Chigi si informa che il dl “mira a consentire lo svolgimento regolare delle consultazioni elettorali per il rinnovo degli organi delle Regioni a statuto ordinario, fissate per il 28 e 29 marzo prossimi. Ribadita e sottolineata la necessità di assicurare il pieno esercizio dei diritti di elettorato attivo e passivo – si legge nella nota -, il Consiglio ha condiviso l'esigenza di garantire i valori fondamentali della coesione sociale, presupposto di un ordinato svolgimento delle competizioni elettorali. A questo fine, pertanto, il decreto-legge detta alcuni criteri interpretativi di norme in materia di rispetto dei termini per la presentazione delle liste, di autenticazione delle firme e di ricorsi contro le decisioni dell'Ufficio centrale regionale”. In conferenza stampa il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha ribadito che “il governo si è limitato a dire quale è la interpretazione corretta da dare alle norme vigenti (…). Non c’è nessuna modifica alla legge elettorale, nessuna riapertura di termini, nessuna riammissione in termini”. Immediata e compatta la reazione delle opposizioni. Il segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani annuncia “una ferma opposizione”. “E' evidente - ha detto il leader del Pd - che il governo vuole ovviare con il decreto ad obiezioni di tipo costituzionale, come sarebbe stato con un decreto cosiddetto innovativo. Usano il decreto interpretativo per arrivare comunque al risultato che gli serve per aggiustare il loro pasticcio; ma il trucco - per Bersani - c'è e si vede, in alcuni casi fino al ridicolo”. “Una delle pagine più vergognose della storia del Paese dal punto di vista giuridico. Non ci sono parole. Non ci sono situazioni che possono autorizzare un governo a emettere norme palesemente illegali”. Così il coordinatore della campagna elettorale della candidata del centrosinistra alla presidenza della Regione Lazio Emma Bonino. Per il segretario dell’Udc Pierferdinando Casini “in questo paese le regole valgono per i deboli e per i forti non valgono mai e questo è intollerabile”. “Quando si contrappone la forma alla sostanza, soprattutto in materia di regole elettorali, si minano le fondamenta della vita democratica. Se il testo del decreto legge sulle elezioni regionali è quello anticipato dalle agenzie di stampa siamo di fronte a norme non interpretative ma modificative e con profili di incostituzionalità”, così Rosy Bindi, presidente dell'Assemblea nazionale del Pd. Per Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei valori, “non si tratta di interpretazione, ma di un palese abuso di potere che in uno Stato di diritto andrebbe bloccato con l'intervento delle forze armate al fine di fermare il dittatore. Noi ci appelleremo alla società civile e scenderemo in piazza con una grande manifestazione di protesta civile e democratica”. “Siamo ai brogli di Stato. La putrefazione del berlusconismo ormai rischia di infettare la democrazia italiana”. Lo afferma Fabio Mussi, del coordinamento nazionale di Sinistra Ecologia Libertà. “Siamo pronti con tutto il centrosinistra ad una mobilitazione democratica, ferma e serena per riaffermare il diritto costituzionale che rischia di essere calpestato”, aggiunge Gennaro Migliore della segreteria nazionale. In serata, davanti al Quirinale, un centinaio di persone del “popolo viola” si è autoconvocato chiedendo che il capo dello stato non controfirmasse il dl. Ma ormai era troppo tardi.