(Antonina Cascio) - Come ho detto alcuni giorni fa , Mendoza condivide con il Cile il triste gemellaggio dei terremoti. Forse con meno rischio perché noi non abbiamo il mare accanto. La lunga e profonda faglia che ci percorre da nord a Sud, come una spina dorsale, fa della nostra vita una continua e chiara sfida alla natura. La Cordigliera delle Ande, nata relativamente da poco tempo, con la sua maestosa imponenza,

nasconde per noi l’insicurezza terribile di una formazione giovane .Appunto per questo, non si sa mai come reagirà e che sorpresa ci riserba. Soltanto 400 chilometri ci separano di Santiago e questo spiega la poca o nessuna sorpresa con la quale leggo il lungo elenco dei terremoti cileni. Dalla seconda metà del secolo ventesimo, fino ad adesso, sono stata presente a tutti i terremoti che ci sono stati. Posso dire con sicurezza cosa facevo a quell’ora ed in quel momento e dov’ero. Per darvi un piccolo esempio: l’8 di luglio del 1971, a mezzanotte, quando qua incominciava il 9, giornata storica e festiva, ce ne fu uno. Lungo e forte. Io stavo a guardare la TV che come di uso a quel momento incominciava la trasmissione con l’Inno Nazionale Argentino. Mi alzai dalla sedia, in cucina ,e mentre chiamavo i miei genitori che dovevano aiutare mia sorella che entrava in crisi ad ogni terremoto, ebbi tempo di spegnere il gas ch’era acceso per il freddo, aprii la porta del cortile del tutto per evitare che si chiudesse, misi a posto la sedia, e finalmente mi guardai attorno spaventata dalla durata del movimento e dalla sua intensità. Ed ebbi tempo per sentirmi sola, terribilmente sola. Avevo 25 anni ed ero tornata quell’anno all’università. Studiavo giornalismo, o comunicazione collettiva, e credevo di essere troppo adulta per correre anch’io dai miei genitori che consolavano mia sorella. Potrei dirvi cosa e come successe nel 1960, nel 1965, nel 1985 e nel 2010. Purtroppo, questo è stato il più lungo ed il più forte. I nostri fratelli cileni dovranno prima cicatrizzare questa grande, dolorosa ferita e dopo, a poco a poco, alzare le mura che sono state distrutte, comporre le vite ed i quartieri, tracciare un’altra volta le strade. “Speriamo che nel Cile non ci sia nessuno che sorrida da solo nel pensare al negozio della ricostruzione”. Mi ha scritto un mio amico italiano ricordando l’Abruzzo. Purtroppo credo di sí, caro amico. Anche qua, in America Latina, ci sono questi personaggi. E non facciamo una scommessa per saper dove ce ne sono di più, o dove incominciò questa storia. Sarebbe inutile, un punto contro l’altro, perchè ben sappiamo che la storia incominciò nell’ Europa ma nell’ America Latina ci siamo specializzati nelle truffe ed i truffatori si moltiplicano come Gesù moltiplicava i pani ed i pesci. Da dove verrebbe l’espressione “farsi l’America” se non fosse così? Mentre i cileni cercano di raddrizzare la loro vita e le loro pareti, in posizioni per niente verticali a causa del terremoto-uno dei più forti e lunghi della storia della terra, per farvi prendere atto della situazione-i loro governanti, senza strepiti nè pagine gialle come in Argentina, dove ancora un pò di libertà di stampa la conosciamo, litigano tra loro e proseguono una sorda guerra per la supremazia sull’opinione pubblica. La mia amica Virgina Quezada mi scrive ieri e mi parla di 236 repliche, mi racconta del suo lavoro alla Croce Rossa e della pena che tutti sentono nel guardarsi attorno, tutte sensazioni e sentimenti che conosco perche il 26 gennaio dell’85, prima del loro terremoto (3 marzo)noi ne soffrimmo uno qua a Mendoza che ci lasciò la parte vecchia della città in rovine. Invece oggi, l’esercito cileno parla di diminuzione!!! della cifra dei morti che scende da 799 a 438. Miracoli questi incredibili ma sembra appartengono di certo alla natura cilena o a quella argentina, insomma di a quella latinoamericana. Non fummo capaci di nascondere i morti ed i“desaparecidos”politici per anni? Perchè non nascondere sotto il tappeto i morti di un terremoto?. Certamente, dal punto di vista della lotta politica per la supremazia continentale non conviene far vedere la debolezza del “grande e ricco paese” costruito da interessi oligarchici e mafiosi, un ricco paese dove la maggioranza abita in costruzioni precarie, la poca classe media ha visto distrutte le proprie costruzioni moderne e soltanto una piccola fascia di popolazione gode della sicurezza e della possibilità di sopravvivere ad un terremoto. Certamente, tra queste persone ce ne sono che hanno sentimenti per i loro connazionali e tra quelli che hanno mantenuto la loro casa in piedi ci sono anche quelli che abitavano dove l’epicentro è stato più lontano. Ma torniamo all’argomento sottolineato sopra. Il governo entrante, rappresentato dalla presidente, è uscito rapidamente ed ha incominciato a lavorare col logico stordimento e l’ ignoranza conseguente della notte fitta e della mancanza di elettricità ( un’altro problema che è uscito a vista). Ma la Bachelet deve finire il suo governo l’11 marzo. Allora il futuro presidente è apparso a farsi la propaganda personale sulle attività che lui intraprenderà nel futuro prossimo,offrendo discorsi politici ad un popolo che ha bisogno di aiuto materiale e di conforto. Nel frattempo, sono incominciate le critiche contro la presidente ed il suo governo. L’esercito (da che parte credete che stia un esercito ancora popolato di collaboratori di Pinochet?), curiosamente è uscito a smentire le parole della presidente, dopo a chiedere scusa ma immediatamente dopo a smentire un’altra volta. Ci sarebbe da domandarsi a che scopo, un governo che finisce il suo mandato, un partito che ha perso le elezioni pochi mesi fa, debba essere fucilato, bombardato, distruggendo totalmente la sua immagine? Semplice. Nel Cile c’è chi lavora per tutta Latinoamerica a favore delle potenze, di una in particolare, è vero. La sinistra non deve soltanto sparire del Cile, come potete capire, si deve approfittare della situazione per bandirla del pianeta s’è possibile o almeno dell’America Latina, dove oggi, ci sono i beni più desiderati del mondo: minerali, acqua potabile, chilometri e chilometri di terra fertile. I morti del Cile, quanti saranno? Si parla di 200 persone accampate sulla riva del mare a Concepción. Si parla di paesi completi spariti per lo zunami. Tre giorni di cordoglio ha decretato il governo attuale da lunedì 8, i tre ultimi giorni del loro mandato. Continuando così, ascoltando quanto dichiara l’esercito, non ci sarà a chi rendere omaggio!