degli artigiani e dei finanzieri del tempo. Le origini più lontane di Mazzarino -secondo alcune fonti - vanno ricercate nell’antica città di Mactorio, che la tradizione identifica nel centro indigeno ellenizzato fondato, forse, da Gela agli inizi del VI secolo a. C., posto sul monte Bubbonia (circa 600 metri sul livello del mare), a dominio dei Campi geloi e a controllo delle vie di penetrazione verso le contrade più interne dell’Isola. Il sito era già noto ai primi di questo secolo, quando, sulla scorta di rinvenimenti casuali, Paolo Orsi vi condusse alcune campagne di scavo che permisero di individuare l’acropoli fortificata ed esplorare un lembo della necropoli. Rimane, tuttavia, ignota la storia dell’antica città che attorno al IV secolo a. C. vide la trasformazione dell’acropoli in guarnigione militare. Fu, probabilmente, l’ultimo periodo della sua vita prima che di Mactorio si perdesse ogni traccia, persino la memoria del luogo dove sorgeva la città . Molto tempo dopo, la vita riprese in un altro sito del territorio, dove in epoca romano-bizantina sorse la fortezza di Grassuliato, intimamente legata alla storia di Mazzarino: fortezza edificata su una rupe scoscesa e inaccessibile, anch’essa di grande importanza strategica, a guardia della vallata per la quale l’immensa piana di Gela penetra all’interno con una serie di vallate a ventaglio che da qui si snodano verso Enna, Catania, Caltagirone. Il nome di Grassuliato appare in un documento del 1091, legato alla prima figura della sua storia, Simone de Garsiliat, che diede il proprio nome al centro abitato e al castello, nome poi corrotto in Grassuliato. Questo dominava non solo il borgo (scomparso da molto tempo) che si addossava alle sue mura, ma un vastissimo territorio costituito da nove feudi che ne facevano una terra ambita, centro di un distretto di rilevante importanza militare, politica ed amministrativa. Tant’è che un suo signore, Bartolomeo di Grassuliato, al tempo dei Normanni osò sfidare l’autorità regia, sollevando alla ribellione altri capi e attirando alla sua causa la più impetuosa nobiltà del tempo: fu lo stesso re Guglielmo I a guidare l’esercito contro la rocca ribelle, che smantellò dopo un lungo assedio. Qualche decennio più tardi, al tempo dell’imperatore Federico II di Svevia, Grassuliato risorse e tornò a prosperare, grazie alle risorse del suo vasto e ricco territorio che il grande geografo arabo Edrisi descriveva come «terra ferace, ubertosi poderi solcati dal fiume del Miele, abbondanti di ogni produzione del suolo...». Nella seconda metà del XIII secolo, la "terra venne elevata a contea, e del nuovo titolo si fregiò Ruggero Passaneto, celebre durante la guerra del Vespro per avere sollevato nel 1282 contro gli Angioini la vicina "terra"di Mazzarino, iniziatore di una dinastia di valorosi uomini d’armi che daranno fama alla contea di Grassuliato: ricordiamo, per tutti, Bernardo Raimondo de Rebellis, conte di Grassuliato, strenuo difensore della nave regia di Federico d’Aragona nella battaglia di Capo d’Orlando (1299), e Blasco di Passaneto, tra i fedelissimi della Corona al tempo di Federico IV d’Aragona. Ma è col successore di quest’ultimo che inizia la progressiva rovina di Grassuliato, dato in feudo, nel 1393, a Nicolò Branciforti, barone della vicina terra di Mazzarino. Il figlio Nicolò riunisce sotto la sua signoria la contea di Grassuliato e la baronia di Mazzarino, le quali, a partire da quel momento, resteranno sempre unite sotto il dominio dei Branciforti. Poco alla volta, l’abitato si andò spopolando e i suoi abitanti si trasferirono a Mazzarino che godeva di una posizione topografica più favorevole, contro l’isolamento tipicamente feudale di Grassuliato, arroccato su una scoscesa rupe. Tuttavia, fino a metà del secolo scorso il castello era ancora efficiente se, nella sua Guida della Sicilia (1842), G. Power lo descriveva «... con le sue aperture a sesto acuto chiuse da spranghe di ferro... salde mura sino ai merli.., interno atto ad ostinata difesa, vaste cisterne... ed un sotterraneo che immette nella valle sottoposta...». Oggi il castello èridotto ad una malinconica rovina, ben visibile dal belvedere di Santa Maria del Mazzaro, al centro di un panorama superbo che a sud si apre verso la piana di Gela, a nord guarda verso il Braemi, ad ovest verso Caltagirone, ad est si arrampica su per la collina di Mazzarino. Della "terra" di Mazzarino si ha notizia dal 1143, al tempo in cui era posseduta da Manfredi di Policastro. discendente dal Gran Conte Ruggero: risale appunto a quell’anno il diploma con cui egli concedeva i diritti sul paese alla Chiesa di Siracusa, che ebbe a tenerlo fino ad età aragonese. allorché comparvero i primi baroni e il centro cominciò a godere importanza. Tra il 1282 e il 1286 troviamo signore di questa terra Manfredi, barone di Mongiolino, e quindi il figlio Giovanni, chiamato "di Mazzarino" dal luogo di provenienza. Quest’ultimo finì col tradire il suo re, che gli confiscò i beni e nel 1288 concesse lo Stato di Mazzarino al messinese Vitale Villanova. Il figlio Calcerando, signore di Mazzarino, diede in sposa la propria figlia, Graziana, a Raffaello Branciforti (1324), maestro portulano del Regno al di là del Salso: a partire da allora, la storia di Mazzarino procederà di pari passo con la genealogia di casa Branciforti, una delle più prestigiose famiglie del Regno, la quale fino al secolo scorso ebbe investitura di questa "terra", elevata a contea nell’anno 1507. Un nipote di Raffaello Branciforti, Nicolò Branciforti degli Uberti (1391-1409), combatté strenuamente a fianco di re Martino nella conquista del Regno e, in ricompensa dei servigi resi, gli fu concesso, come già visto, la contea di Grassuliato, confiscata qualche anno prima al ribelle Ruggero Passaneto. Diversamente dalla maggior parte della nobiltà , che dai feudi aviti si trasferì nella capitale, i Branciforti continuarono a vivere nella "terra" di Mazzarino: prima nel maestoso e superbo castello a dominio della vallata del Braemi (il cosiddetto "Cannone"), poi, dalla fine del XV secolo, nel palazzo edificato all’interno del paese. Fu qui che trascorse quasi tutta la propria esistenza l’esponente più famoso della famiglia, Carlo Maria Carafa Branciforti (165 1-1695), principe di Butera e del Sacro Romano Impero, conte di Mazzarino e di Grassuliato (sono solo alcuni dei suoi titoli), politico, erudito, filosofo, scienziato, scrittore, umanista e mecenate, figura emblematica di grandissimo spicco del XVII secolo. Grande di Spagna di prima classe, ambasciatore straordinario di re Carlo II e, in forza del suo potere, al primo posto nel braccio nobile del Parlamento, Carafa amava stupire il mondo con l’ostentazione della propria ricchezza e prestigio; recandosi a Palermo per presiedere il Parlamento siciliano, soleva portarsi al seguito centinaia di vassalli, come un re che si muovesse con tutta la corte. Memorabili rimasero le cavalcate da Napoli a Roma per la tradizionale offerta al Papa della chinea. la mula bianca da sella che i re (li Napoli offrivano ogni anno al Pontefice in segno di vassallaggio. In questa occasione, l’apparato di carrozze, cavalcature, costumi che accompagnava il principe di Carafa era il più spettacolare di tutti. Fu lui ad ampliare e rendere magnifica la dimora dei Branciforti, il grandioso palagio dentro l’abitato di Mazzarino, adorno di splendidi saloni, giardini pensili, amplissimi cortili, scuderie, abitazioni per servitori e vassalli, alloggi per la compagnia feudale, prigioni e segrete (in quanto esercitava sui suoi domini il diritto di mero e misto impero); ma pure aperto alla cultura, dotato di un teatro e di due tipografie, tra le prime a livello europeo, impiantate per la diffusione di pensieri e idee novatrici. Carlo Maria Carafa chiamò a Mazzarino quanto di meglio si trovava nei suoi domini: nobili e facoltosi proprietari, finanzieri pisani, genovesi e di altre città , richiamati dai vivaci commerci, mercanti catalani attratti soprattutto dal commercio del grano. umanisti artisti. ma anche abili artigiani della pietra. del legno e del ferro. Una piccola popolazione che operava e si muoveva dentro quel palazzo vasto come una reggia, che conferiva decoro e splendore d’arte alla cittadina, la quale, intanto, prosperava e si sviluppava e, come una piccola capitale, veniva adornandosi di chiese, di monasteri, di belle strade selciate, di fontane e soprattutto di magnifiche dimore: tutto un complesso monumentale che oggi costituisce il suo prestigioso patrimonio architettonico il forte richiamo storico-artistico di questo centro del Nisseno. Il dominio di casa Branciforti, elevata nel frattempo a primo titolo del Regno, proseguì col nipote Nicolò Placido Branciforti (1703), con Ercole Michele I3ranciforti (1722), col figlio Salvatore che ne ereditò i beni e i titoli (1764), col nipote Ercole Michele Branciforti Pignatelli, investito nel 1800 della contea e "terra" di Mazzarino. Abolito il Feudalesimo, sarà l’ultimo a portare i titoli per investitura regia; titoli che, da ora in avanti, transiteranno per successione.