di Rodrigo Rivas - I cileni hanno accolto il primo lunedì di marzo con barricate stradali a segnare la ripresa della ribellione sociale contro il governo ed il neoliberismo. Il 3 ed il 4 marzo sono attese grandi mobilitazioni studentesche (“mochilazo estudiantil”, letteralmente “colpo di zaino studentesco”).
Il 9, il “superlunedì femminista”. L’11 tutte le piazze in piedi contro le misure adottate dal governo per affrontare la crisi. Agenda delle principali manifestazioni programmate a marzo Lunedì 2: Superlunedì – Carovana contro Piñera (Auto e Bici) Martedì 3: Interpellanza di piazza in parallelo alla risposta in parlamento della Ministra della Donna e dell’Equità di Genere, Isabel Pla Mercoledì 4: Mochilazo Estudiantil Giovedì 5: Mochilazo Estudiantil Venerdì 6: Supervenerdì – Marcia non più SENAME (per la chiusura del Servizio Nazionale Minori) e Grande Mobilitazione in Piazza Dignidad (ex Piazza Italia) e nei territori Domenica 8: Giornata Internazionale della Donna Lunedì 9: Superlunedì – Sciopero Generale Femminista Mercoledì 11: Protesta Nazionale per i 2 anni del “Regime Piñera” Venerdì 13: Supervenerdì – Gran Mobilitazione in Piazza Dignidad e nei territori Domenica 15: Marcia per l’ Ambiente Lunedì 16: Superlunedì – Gran Mobilitazione in Piazza Dignidad e nei territori Mercoledì 18: Commemorazione dei 5 mesi della Ribellione Venerdì 20: Mobilitazione Nazionale per i Popolo Mapuche Domenica 22: Marcia Nazionale per il ricupero dell’Acqua e dei Territori Lunedì 23: Superlunedì – Gran Mobilitazione in Piazza Dignidad e nei territori Mercoledì 25: Marcia per il Diritto alla Casa e alla Città Venerdì 28: Supervenerdì – Gran Mobilitazione in Piazza Dignidad e nei territori Domenica 29: Commemorazione della Giornata del Giovane Combattente Martedì 31: Mobilitazione NO+AFP (Non più Amministratrici dei Fondi Pensionistici) Pur se il programma è nutrito, il calendario è stato preceduto da alcuni notevoli anticipi: Domenica 1° marzo: “Nona domenica consecutiva di Biciclettata” o “Rivoluzione Ciclista Plurinazionale 9.0” Alla sera della Domenica 1° marzo, le pentole riprendevano a suonare in tutto il paese: “Cacerolazo Fuera Piñera”, Santiago, 2 marzo 2020, ore 2,36 AM (Foto “Pagina12”) Lunedì 2 marzo 2020, Santiago Foto AFP Il cartello recita: “Il governo Piñera tortura, acceca, violenta e uccide”. Nessuna esagerazione. Il Rapporto finale della missione internazionale sullo stato dei diritti umani in Cile (6-11 novembre 2019, pubblicato il 28 gennaio 2020), stabilisce: “Le forse di sicurezza, in particolare i Carabineros, hanno fatto un uso eccesivo e smisurato della forza per punire ed educare i manifestanti … Le violazioni ai diritti umani verificatesi dall’inizio della protesta sociale includono almeno quattro casi di esecuzioni extragiudiziarie da parte di agenti dello Stato e centinaia di casi di torture e trattamenti crudeli, inumani e degradanti durante l’arresto e nelle commissarie. Abbiamo altresì verificato numerosi casi di violenza sessuale, l’esistenza di migliaia di persone ferite dall’uso abusivo di armi meno letali e di arresti massivi e arbitrari, tra altre violazioni. Le violazioni dei diritti umani in Cile non possono essere capite senza considerare le decisioni politiche che l’hanno provocata … Tali violazioni sono state il risultato dell’applicazione di misure del tutto inadeguate per proteggere le persone e porre fine alla violenza statale ingiustificata, arbitraria e fuori controllo”. Il Commissariato dell’ONU per i diritti umani diretto dalla ex presidenta cilena Michelle Bachelet, è arrivata alle stesse conclusioni qualche mese dopo. Nella serata del 2 marzo 2020, Sebastian Piñera rispondeva in TV ai manifestanti: “Abbiamo più carabinieri e sono molto meglio preparati. Abbiamo migliorato l’ intelligence e la tecnologia. Abbiamo aumentato il numero di carri lancia-acqua (“guanacos”). Abbiamo cercato e ottenuto questo equipaggiamento in tutto il mondo. Siamo molto meglio preparati di quanto lo eravamo ad ottobre. Se, per proteggere l’ordine pubblico, considererò necessario imporre nuovamente lo stato d’assedio, lo faremo”. Già che c’era, probabilmente eccitato dall’orgasmo derivato dalla autoproclamata sufficienza, a baionetta sguainata e impudicizia simile a quella illustrata dalla “Fiaba del Governatore veneto ed i sorci cinesi”, il “Sebastian chilensis” azzardava: “Le violazioni non dipendono solo dai maschi. Spesso derivano dalla disposizione delle donne ad essere violentate”. “Disposizione ad essere violentate” dimostrata chiaramente da questa fotografia: Magari, dopo il ciclopico “Supertuesday” delle primarie democratiche statunitensi (a scanso di equivoci, “W Bernie Sanders!”), qualche giornalista italiano non troppo stanco né oltremodo terrorizzato dal corona virus, troverà tempo e modo per parlare di queste quisquilie. Per facilitare il suo lavoro, gli ricorderei, tra le quisquilie importanti in questa desolata marca dell’impero, che il valore complessivo delle proposte presentate dal Presidente Piñera vale 1,2 miliardi di dollari mentre nel solo 2018 i profitti globali netti delle 10 principali miniere private, statunitensi e canadesi, che sfruttano soltanto il rame cileno (“soltanto il rame” perché il saccheggio ha molti altri nomi minerali, vegetali e umani), sono arrivati a 13,78 miliardi di dollari e, secondo uno studio della Facoltà d’Economia dell’Università del Chile su dati della Banca Mondiale, nel periodo 2005-2014 i profitti derivati solo dal rame cileno sono stati di 156 miliardi di dollari (AA.VV., “La riqueza regalada a la Gran Minería del Cobre en Chile: nuevas estimaciones 2005-2014”, “Revista de la CEPAL”, Numero 124, aprile 2018). In ogni evidenza e al di la di qualsiasi altra considerazione si dovrebbe concludere che le risposte del governo sono solo briciole. Purtroppo, so che l’immaginazione giornalistica supera spesso ogni previsione. Normalmente in peggio. Non dimentico le tante altre quisquilie, reali, di questa ed altre regioni, non a caso in ribellione contro il neoliberismo, ma in questa occasione mi limito a piccoli cenni sulla situazione cilena. Penso sia urgente farlo perché il massacro, risposta molto consone alle tradizioni e capacità dell’oligarchia cilena, è sempre in agguato e non rappresenta affatto un’ipotesi campata in aria. Contro la brutalità dell’oligarchia non esistono vaccini ma la si può scongiurare solo con la resa incondizionata o con l’aumento dell’intensità e forza della mobilitazione collettiva. Tuttavia, canta l’argentino Piero, “la esperanza es loca y no pregunta, no pregunta. Salta entre los tiempos y las lunas, va. Se esconde y aparece tantas veces, que nadie sabe bien cómo nos crece (la speranza è folle e non fa domande, non domanda. Salta tra i monti e le lune, va. Si perde e ricompare tante volte, che nessuno riesce a capire come fa a crescerci, Piero, “El jardín de los sueños”). Avviene poiché – come ci spiega Ernst Bloch – “La ragione non può fiorire senza speranza, la speranza non può parlare senza ragione” (E. Bloch, “Il principio speranza”). Speranza e ragione sono materiali che hanno a che fare con qualsiasi processo reale di trasformazione, da quelli rivoluzionari a quelli seriamente riformisti. Nel caso cileno le ragioni, motivazioni e logiche della ribellione sono lapalissiane ma penso che si possa addirittura camminare senza avere necessariamente una meta. Come affermavano già gli antichi greci, penso che il viandante, colui che fa strada camminando, non si muove necessariamente seguendo mappe o principi e, pur se decide in base alle circostanze e ai risultati attesi, lo fa applicando “la virtù d’Ulisse”. Virtù che l’ingegnoso hidalgo don Chisciotte della Mancia, definisce così: “E’ così magico questo balsamo, che a volte ci salva dalla maledizione del fatalismo e dalla peste della mancanza di speranza”. Virtù che l’argentino Fernando Birri coniuga attorno all’utopia: “L’utopia è nell’orizzonte. Mi avvicino due passi, lei si allontana due passi. Avanzo dieci passi e l’orizzonte si sposta dieci passi più in là. Per quanto cammini, non la raggiungerò mai. Ma, allora, a cosa serve l’utopia? Serve proprio a ciò: a camminare”. Scimmiottando malamente Dante direi che ”alla fine del cammin di nostra vita ci siamo ritrovati in una selva oscura ché la diritta via era smarrita”. Ma, forse, il gran paradosso del viaggio umano sta proprio in questo: il navigante naviga, anche quando sa che sarà molto difficile raggiungere le stelle che lo guidano. Rodrigo A. Rivas Città di Castello 3 marzo 2020