SCAGLIONE (CENTRO STUDI LUCANI - CGIE): NUOVE ATTENZIONI AGLI ITALIANI E AI LUCANI ALL'ESTERO

ROMA - "Il mondo degli Italiani all'estero, e dei nostri Lucani in particolare, chiede attenzioni forti in questa difficile fase di transizione e di analisi delle politiche da mettere in campo nel Post Covid19,

ma soprattutto reclama attenzione forte verso le problematiche che possono garantire eguali diritti a tutti i cittadini, ispirare opportunità di rientro definitivo ed al tempo stesso di attuare politiche in loro favore che determinino ritorni economici non indifferenti al territorio lucano”. Così in una nota Luigi Scaglione, presidente del Centro studi lucani nel mondo e membro della Cabina di regia Conferenza Permanente - Coordinamento Consulte regionali sull'emigrazione, alla vigilia del terzo appuntamento online in preparazione alla IV plenaria della Conferenza permanente Stato - Regioni - Pa - Cgie dedicato a diritti e rappresentanza. In particolare, rileva Scaglione, “azioni di tutela delle proprietà immobiliari presenti nei nostri Comuni, frutto di sacrifici fatti in anni di lavoro all'estero e delle famose rimesse, ma anche per incentivare e motivare azioni concrete nei settori del Turismo di ritorno e nel Turismo delle radici. Ecco, questo è il progetto da cui far partire o meglio ripartire, il contatto con i nostri corregionali all'estero, che tra l'altro stanno caratterizzando le iniziative e le azioni del Consiglio Generale degli Italiani all'estero guidato da Michele Schiavone e per il quale il lavoro di sintesi a favore delle comunità locali e lucane in particolare, ci stanno vedendo in prima linea nella Cabina di regia della IV Conferenza Permanente, che in queste settimane si tiene in modalità Videoconferenza e nella prossima estate, si spera, culminerà con la presenza”. “Ora, - sottolinea Scaglione – bisogna immaginare politiche regionali, questo l'appello che rivolgiamo al Governo regionale ed agli organismi di tutela delle comunità ed ancora all'APT ed all'Unpli, per sostenere e preparare opportunamente la circolarità ed i rientri anche di giovani specializzati di cui questa regione ha bisogno". Da qui l'invito a seguire domani la videoconferenza che avrà tra gli interlocutori anche relatori lucani. (aise)

INTERVISTA / ITALIANI A MANCHESTER TRA ESPERIENZE MANCATE E SPERANZE FUTURE

Manchester - Il Regno Unito ha rappresentato un’esperienza ricercata da molti italiani negli ultimi anni. C’è chi è partito per migliorare l’inglese, chi per fare un’esperienza professionale, chi per uno stage. I motivi non sono pochi: le esperienze all’estero risultano formative e danno la possibilità di mettersi alla prova in un ambiente internazionale. Si impara tanto a livello umano e professionale. Agli occhi di molti giovani italiani il Regno Unito appare spesso come un posto in cui cercare fortuna. E sono molti gli italiani che hanno trasformato in positivo la loro situazione economica trasferendosi lì. Negli ultimi tempi, però, a causa della pandemia, anche in questo Paese si vivono non poche difficoltà. Dorotea, Simone e Annalisa, tre italiani a Manchester, raccontano a 9colonne come stanno affrontando la crisi. Dorotea ha 29 anni ed è una studentessa universitaria. Studi Product Design. Si è trasferita in Inghilterra tre anni e mezzo fa per studiare. Racconta che “non è stata una decisione molto semplice. Dopo essermi diplomata in Italia non sapevo come fare: mi sarei dovuta mantenere da sola all’università. Un’amica mi consigliò di venire qui in UK, perché sarebbe stato più facile. Alla fine mi sono decisa”. Dorotea racconta a 9colonne la sua situazione di studentessa ormai vicina al traguardo: sta continuando a sostenere gli esami ed è diretta verso la laurea, ma le cose non sono andate come si aspettava. “Qui – racconta - esiste il placement year, un periodo in cui, nell’ultimo anno del percorso di studi, fai una sorta di tirocinio remunerato che ti consente di laurearti avendo già fatto un’esperienza lavorativa. Il problema è che, con la pandemia e tutte le sue conseguenze, non riesco a trovare nessun’azienda disposta ad assumermi con questa formula. Significa che io mi laureerò senza aver fatto nessuna esperienza, ed è difficile che un’azienda decida di assumermi” un domani. Un altro problema, spiega Dorotea, è che “i laboratori sono tutti chiusi, ed è proprio lì che si dovrebbe svolgere gran parte del mio studio. Ciò non vuol dire soltanto che devo acquistare vari materiali e attrezzature di tasca mia, ma che rimarrò ancora più impreparata a livello professionale. Quando uscirò dall’università il mio livello sarà inferiore alla media”. Secondo Dorotea, la situazione lavorativa in Regno Unito si è complicata a partire da quest’anno a causa della pandemia e per via dell’uscita del Regno Unito dall’UE. “Da adesso gli italiani non possono più usufruire dei programmi di sostegno riservati ai cittadini europei”. Simone ha 29 anni ed ha da poco ottenuto la laurea specialistica in Sostenibilità Ambientale a Manchester, dove vive dal 2019. Dopo la laurea non ha ancora trovato un lavoro. Racconta che “quando ci si laurea il sistema inglese prevede che si frequenti un internship, che è un programma molto serio ed efficiente che consente al neolaureato di inserirsi direttamente nel mondo del lavoro. Il problema principale è che, per via della pandemia, sono stati tagliati l’80% dei fondi destinati ai programmi post-laurea. La maggior parte delle aziende cerca persone con almeno due o tre anni di esperienza, e questo è molto limitante per me. Ci sono comunque alcuni stage ma troppo pochi per la quantità di persone che cerca di accedervi”. Nonostante tutto, Simone ha trovato il modo di tenersi impegnato in maniera costruttiva: “L’unica cosa che mi solleva è che sto scrivendo un articolo scientifico con una professoressa dell’università. In più, sto maturando sempre più l’idea di cominciare un dottorato. Sono certo che se non fosse stato per la pandemia non avrei mai pensato di proseguire con gli studi”. Annalisa ha 25 anni e vive nel Regno Unito da cinque. Fino allo scorso ottobre ha lavorato in un ufficio amministrativo. Ha perso il lavoro ed ora è in cerca di una nuova occupazione. “Sto incontrando non poche difficoltà – afferma - sto facendo tanti colloqui ma non trovo un lavoro soddisfacente. Ho ricevuto proposte anche per lavorare nei centri dove fanno i tamponi Covid ma lo trovo rischioso, oltre che essere un impiego temporaneo mentre io sto cercando un’occupazione permanente”. Nonostante tutto, Annalisa non si è persa d’animo, anzi: “Nel frattempo, io e il mio compagno abbiamo aperto un takeaway da casa di piatti tipici nigeriani. Io gestisco la parte social e della pubblicità, occupandomi di cercare nuovi clienti”. (NoveColonneATG)

UNGARO (IV): BENE LA RISPOSTA DEL MAECI SULL’ACCORDO ITALIA-TURCHIA IN MATERIA DI PREVIDENZA SOCIALE

ROMA - “Il Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale ha risposto alla mia interrogazione in cui sollecitavo la pronta definizione dell’iter amministrativo, purtroppo ancora in corso, dopo la firma dell’Accordo sulla previdenza sociale sottoscritto dai Governi di Roma e Ankara nel lontano 2015”. È quanto afferma Massimo Ungaro, deputato di Italia Viva eletto in Europa, aggiungendo che “in effetti, l’assenza di definizione dell’iter applicativo rende vano il citato trattato e non permette ai nostri connazionali residenti in Turchia di accedere alle prestazioni di assistenza sanitaria, malattia, vecchiaia e reversibilità pensionistica con parità di trattamento”. “Fa ben sperare quindi”, osserva Ungaro, “che la Farnesina confermi che, sebbene in pandemia, il lavoro negoziale sia proseguito e che presto si arriverà al tanto sospirato accordo amministrativo applicativo”. (aise)

ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA DI BUDAPEST: QUINDICI LEZIONI PER CONOSCERE L’ARTE ITALIANA

BUDAPEST (Ungheria) – L’ Istituto Italiano di Cultura di Budapest propone, a partire dal 12 febbraio, un corso di storia dell’arte italiana che partendo dall’arte antica arriva fino agli inizia del ‘900, con cenni anche sugli artisti contemporanei. La storica dell’Arte, Virginia Glorioso, nei 15 appuntamenti previsti di due ore ognuno, illustrerà attraverso un excursus storico e con l’ausilio di slide le tappe principali e i maggiori artisti del panorama italiano. Non mancheranno le spiegazioni sullo stile e la tecnica utilizzata e un’analisi sulle opere che rappresentano la corrente artistica. Si parte il 12 febbraio alle 18 con l’arte Antica cui seguirà il 19 febbraio il Romanico. Il 26 febbraio si parlerà dell’arte Gotica e il 5 marzo del primo Rinascimento. Il 12 marzo del Rinascimento maturo e il 19 marzo del Manierismo. Il 26 marzo sarà il momento del Barocco, mentre il 2 aprile del Neoclassicismo. Il 9 aprile si parlerà di Romanticismo e il 16 aprile di Realismo. Il 23 aprile sarà la volta dell’Impressionismo e a seguire, il 30 aprile dell’Art Noveau. Il 7 maggio Virginia Glorioso spiegherà il Futurismo e il 14 maggio la Metafisica, per concludere il 21 maggio con cenni sul contemporaneo. (Inform)

CORONAVIRUS: SUL VACCINO L’ITALIA PUNTA ALLA PRODUZIONE AUTOCTONA

Roma - “Stupore e sconforto”. Il Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, non nasconde la sua preoccupazione quando annuncia, in conferenza stampa il 29 gennaio, un ulteriore taglio nella fornitura dei vaccini in Italia. Dopo quello di Pfizer e AstraZeneca, il nuovo stop arriva da Moderna: l’azienda, per la settimana dall’8 febbraio, consegnerà 132mila dosi rispetto alle 166mila previste, con un un taglio del 20 per cento. “Ormai quasi ogni giorno le previsioni sulla campagna subiscono una modifica, indipendentemente dalla nostra volontà e dal nostro operato”, commenta Arcuri. Il Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 risponde alle polemiche sui ritardi e si scaglia contro quella “propaganda non apprezzabile che non perde l’occasione di insinuare” una cattiva gestione della campagna vaccinale. La realtà? “E’ tristemente semplice - prosegue Arcuri - Sarebbe davvero meglio se dipendesse da noi” ma la verità è che “non ci sono i vaccini”. Molto “semplice” ma anche molto “grave”, afferma Arcuri spiegando che “dal 5 al 15 gennaio, il giorno in cui Pfizer ha annunciato i primi ritardi, erano stati somministrati 81.545 vaccini al giorno. Dal giorno dopo al 25 gennaio siamo riusciti a somministrarne 39.271, meno della metà. Questo perché non abbiamo i vaccini che ci avevano assicurato e continuano a essere ridotti unilateralmente e senza avvisarci”. C’è di più: “L’Italia fino al 15 gennaio era il paese europeo che aveva somministrato più vaccini” mentre oggi ci piazziamo “dopo la Germania e la Turchia. Ci mancano almeno 300mila dosi - avverte Arcuri - che avremmo dovuto ricevere. Abbiamo avviato tutte le procedure per far valere le nostre ragioni”. L’Italia “pretende che i fornitori garantiscano ciò che è stato sottoscritto”, chiosa Arcuri ribadendo che “i vaccini non sono un prodotto di largo consumo per il quale si può rimandare la fruizione, non sono bibite o merendine, ma il bene più importante per uscire da questa notte che dura da un anno”. Ecco quindi che per l’Italia c’è “un obiettivo strategico” da raggiungere: “Dotare il Paese di una rete di sperimentazione e sviluppo diversa, di un livello accettabile di una produzione autoctona di vaccini e farmaci”, sottolinea Arcuri. Ma “non basta scoprire un vaccino, serve anche produrlo”: ecco perché “stiamo approntando tutte le azioni per garantire le materie prime per la prossima auspicabile produzione italiana del vaccino. Niente dovrà rallentare la produzione che speriamo possa avviarsi al più presto. Le componenti e le infrastrutture sono necessarie. Stiamo lavorando affinché dopo l'approvazione di Reithera non si debba subire un solo giorno di ritardo”, ha concluso Arcuri. (NoveColonneATG)