difficile da capire. Voglio dire… Ci stavamo in piu’ di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio e emigranti, e gente strana, e noi… Eppure c’era sempre uno, uno solo, uno che per primo… la vedeva. Magari era li che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte… magari era li che si stava aggiustando i pantaloni… alzava la testa un attimo, buttava fuori un occhio verso il mare…e la vedeva. Allora si inginocchiava, li dov’era, gli partiva il cuore, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti e gridava: l’AMERICA.
Questo è l’inizio del capolavoro di Alessandro Baricco dal titolo Novecento, ispirazione assoluta per Giuseppe Tornatore e il suo magistrale “La Leggenda del pianista sull’Oceano”. Mai parole furono più toccanti. Oggi non è un singolo personaggio a destare la nostra curiosità ma un intero popolo che, per decenni, ha reso grande l’italianità nel mondo. In quei fotogrammi stampati indelebilmente nell’immaginario collettivo, fatti di povertà, lacrime, valigie di cartone e soprattutto tanta speranza, si nasconde in realtà un coraggio inaudito e una voglia irrefrenabile di riprendersi (a caro prezzo) una vita sino ad allora ingiusta e disgraziata. Non è stato per niente facile (noi crediamo) abbandonare le proprie terre, mettersi nuovamente in gioco, anche in non più giovane età, e lasciare il cuore là dove perfino la dignità era andata scomparendo. Come dimenticare i milioni di donne, uomini e bambini, seduti, sdraiati e infreddoliti nei corridoi di terza classe all’interno della pancia di quei grandi mostri del mare mangia carbone che venivano chiamati “Vapori”. Loro, i nostri cari connazionali, sono stati così tremendamente audaci da diventare, nel secolo scorso, uno dei popoli più numerosi nell’emigrazione oltreoceano. Lunghissime traversate in cerca di amici e parenti già stabilizzati nel nuovo continente, nella disperata impresa di conquistarsi, con il sudore e le fatiche, quel tanto agognato “American Dream”, un sogno americano che ha contraddistinto gran parte di quegli Eroi.
Il punto di arrivo era la baia di New York e a dare il benvenuto nella terra promessa era quasi sempre la stupenda signora di 93 metri in ferro e acciaio con il braccio alzato e la fiaccola di buon auspicio. Lo sbarco ad Ellis Island rappresentava la prima tappa di una nuova esistenza e l’arma più odiata non era un fucile, una baionetta, un manganello o una pistola ma un comunissimo gesso bianco capace di terrorizzare gli sventurati ospiti. La vita, già dura, era appesa ad un filo, in una spalla e con una lettera. Oltre alla debolezza, la stanchezza e l’età, durante le prime visite, l’incubo di quel segno sulla giacca era ricorrente. Una “H” di Heart identificava problemi di cuore, una “CT” ossia Tracoma, problemi d’infezione oculare (molto temuta dalle autorità locali) e una X rappresentava problemi psichici e mentali. I “forse” e le situazioni non molto chiare da sottoporre ad altri controlli venivano siglate con “SI”, ovvero Special inquairy. Possibile solo ipotizzare cosa dovettero provare quei poveri “cristi”, all’arrivo, nell’isola, dopo settimane di traversata in situazioni igieniche talvolta al limite della sopportazione. Una sfida durissima, senza eguali, vinta nel tempo grazie ad una perseveranza tipica del nostro DNA.
Provenienti principalmente dalle regioni meridionali della penisola, si organizzarono lentamente in piccoli quartieri, da loro interamente popolati. Nella città di New York, uno dei più conosciuti è Little Italy (la piccola Italia), sito nell’isola di Manhattan, che ha dato i natali a personaggi del mondo della cultura, della società civile, e perfino del cinema, consacrando quella superba genialità che differenzia l’uomo “Italicus” nel mondo. I Sinatra, i Pacino, i DiMaggio, tanto per cintarne alcuni, rappresentano l’esempio più lampante di quei talenti straordinari che hanno letteralmente conquistato il cuore degli USA, lasciando un’impronta eterna sul nostro passato. C’erano pugliesi, molisani, campani e calabresi ma soprattutto SICILIANI. Gente onesta, perbene, ardua e instancabile che, volente o nolente si è dovuta stringere a coorte (con non poca nostalgia) là dove un’utopica visione è diventata magicamente tangibile concretezza. Oggi per tutti noi sono un vanto, una nota d’orgoglio incommensurabile e una fulgida dimostrazione di quanto, il siciliano, sia uomo d’altri tempi spinto da un unico filo conduttore invisibile; l’ONORE e la MAGNIFICENZA!
Luigi Barzini Sr. , nel 1923, sulle pagine del Corriere d’America, primo quotidiano in lingua italiana stampato nella “Grande Mela”, con queste poche emozionanti parole descrisse uno stato d’animo abbastanza eloquente: "Seguendo il sole, lasciammo il vecchio mondo".
E, non v’è dubbio alcuno che, quel sole che ha costantemente caratterizzato gli abitanti della punta dello Stivale ha illuminato e illumina tutt’ora anche l’antica terra dei nativi d’America. (Mirko Crocoli)