Rocco Chinnici, nato nel piccolo comune di Misilmeri in provincia di Palermo il 19 gennaio 1925, è oggi considerato all’unanimità l’ideatore e il primo capo storico del Pool antimafia, quel gruppo di giovani eroi che, negli anni successivi alla sua morte, ha sferrato un colpo mortale alla cupola siciliana. Si diploma al classico nel 1943, si laurea in giurisprudenza nel ’47 ed entra in magistratura 5 anni più tardi. Dopo una breve carriera come uditore a Trapani e Pretore a Partanna, nel 1966 prende servizio presso l’Ufficio Istruzione del Tribunale del capoluogo siculo in qualità di giudice istruttore. Alla metà degli anni Settanta diventa magistrato di Corte d’Appello, poi di Cassazione ed infine capo dell’ufficio “strategico” di cui sopra.
Gli venne assegnato il caso della Strage di Via Lazio (evento che vide i Corleonesi prevalere sulla concorrenza) ma la molla che spinse Chinnici ad approfondire il complicato mondo sotterraneo della “piovra” furono gli omicidi illustri del collega Cesare Terranova, del Capitano CC Emanuele Basile e - soprattutto - del procuratore (suo caro amico) Gaetano Costa.
Nel pool, con lui, c’erano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, poi coadiuvati da Antonino Caponnetto. Chinnici è stato il precursore assoluto del concetto dell’unione investigativa, colui che – più di ogni altro - vide la necessità di cooperazione tra magistrati per due motivi ben precisi: informazioni preziose da scambiare e materiale importante da condividere. Un modus operandi che per l’epoca risultò rivoluzionario sotto tanti punti di vista. Prima di lui i fascicoli di mafia a Palermo e nelle varie procure dell’isola erano assegnati separatamente a diversi uomini di legge, con quel suo cambio di direzione mise fine a questo inutile frazionamento. Il concetto obsoleto del “morto il magistrato, sepolta l’inchiesta” che ha spinto Rocco al grande salto si è poi dimostrato profondamente lungimirante. Con il suo avvento al vertice dell’ufficio istruzione le cose cambiarono drasticamente e quell’intelligente visione ha poi premiato l’intero operato anche e soprattutto dopo la drammatica escalation che ha insanguinato gran parte della Sicilia occidentale.
E’ grazie a lui infatti se - tre anni dopo - il sostituto Caponnetto unitamente a Falcone, Borsellino, Guarnotta e Di Lello, riuscì a portarsi a casa un enorme successo nella lotta a Cosa nostra tramite quel monumento storico/giuridico che è stato il Maxi Processo.
Rocco Chinnici lasciò la vita terrena nel tragico attentato datato 29 luglio 1983, quando, una Fiat 126 piena zeppa di esplosivo (75 kg) deflagrò di fronte alla sua abitazione in via Pipitone Federico. Era il momento in cui il clan dei Corleonesi, al termine della cosiddetta “seconda guerra di mafia”, aveva eliminato gran parte dei suoi oppositori con efferata violenza e si trovava ormai all’apice della Commissione guidata da Michele Greco sotto la precisa volontà di Toto’ Riina. I mandanti dell’omicidio Chinnici sono stati inquadrati dalla magistratura giudicante nei cugini esattori Ignazio e Nino Salvo, mentre per l’esecuzione materiale viene condannato Antonino Madonia, figlio del ben noto super boss di Resuttana Francesco “Ciccio” Madonia.
L’uomo, il magistrato, il “mastino” antimafia di nome Rocco Chinnici muore in un vile agguato, ma la sua tenacia e il suo alto senso della giustizia vivono ancora, oggi più di ieri.
In queste poche parole rivolte ai giovani si intuisce perfettamente il sogno che lo ha sempre accompagnato; quello di una malavita organizzata sconfitta e di un nuovo e raggiante corso per la sua amatissima Terra natia:“Parlare ai giovani, alla gente, raccontare chi sono e come si arricchiscono i mafiosi… fa parte dei doveri di un giudice. Senza una nuova coscienza, noi, da soli, non ce la faremo mai “. (Mirko Crocoli)
Con il giudice Rocco Chinnici continua la serie dei Servitori dello Stato, che hanno immolato la loro vita sull’altare della difesa delle Istituzioni e della legalità, nella lotta senza quartiere dichiarata alla mafia e condotta in tutti questi anni.
Anni che hanno lastricato le strade siciliane e non solo, di morti illustri i non, di morti per faida dovute a guerre tra cosche mafiose che si contendono il potere. Di guerra aperta con lo Stato che vuole riappropriarsi del territorio nazionale di cui larghe fette soggiacciono a controlli malavitosi di vario tipo.
Una serie di personaggi condotta dal nostro collaboratore Mirko Crocoli, al fine di non dimenticare tanto sacrificio, di non abbassare la guardia, di creare quella patina di legalità di cui la società ha bisogno per un vivere ordinato e pacifico, nel rispetto delle regole e delle leggi di una società civile.
Vicende e personaggi da non dimenticare perché non risulti vano il loro supremo sacrificio e perché sulle loro morti poggino le basi della nuova società il più possibile redenta dal cancro della malavita organizzata.
Una serie che continuerà anche dopo la pausa estiva e per la quale non ringrazieremo mai abbastanza il nostro prezioso collaboratore Mirko Crocoli. Grazie Mirco anche a nome dei lettori. (SA)