Di Maria Cacioppo - Convegni, mostre seminari e documentari: fervono i preparativi a Messina e a Modica per commemorare il cinquantenario della morte di Salvatore Quasimodo, avvenuta il 14 giugno 1968. Il poeta nacque a Modica (Rg) il 20 agosto del 1901 e trascorse gli anni dell'infanzia in piccoli paesi della Sicilia orientale,
Gela, Cumitini, Licata, seguendo il padre che era capostazione delle Ferrovie dello Stato. Subito dopo il catastrofico terremoto del 1908 andò a vivere nella città dello Stretto, dove Gaetano Quasimodo era stato chiamato per riorganizzare la stazione. Nel 1930 Salvatore Quasimodo si trasferì a Firenze presso la sorella, moglie dello scrittore Elio Vittorini, che lo mise in contatto con gli intellettuali vicini alla rivista letteraria «Solaria». Pubblicò allora la raccolta Acque e terre (1930), cui seguirono Oboe sommerso (1932), Erato e Apollion (1936), Ed è subito sera (1942). In queste liriche sono evidenti l’adesione all‘Ermetismo e la nostalgia per la terra natale, la Sicilia, spesso mitizzata come «paradiso perduto». Nel 1941 gli venne concessa, per chiara fama, la cattedra di Letteratura Italiana presso il conservatorio di musica "G. Verdi" di Milano. Insegnamento che terrà fino all'anno della sua morte. Il 10 dicembre 1959 a Stoccolma, ricevette il premio Nobel per la letteratura. Salvatore Quasimodo esponente di punta dell’ermetismo forte, finissimo traduttore di classici greci e latin, uno dei più significativi intellettuali italiani del novecento evidenziava, a un’ampia platea, una poetica felice sintesi tra la purezza del linguaggio dei classici, da cui trae ispirazione, e l’essenzialità dell’espressione ermetica. Tra gli incontri che a Salvatore Quasimodo cambiarono la vita (oltre allo stile) anche quelli, però, con i classici greci e con i grandi delle letterature straniere del passato. Oltre a scrivere, infatti, per anni tradusse Catullo, Omero, ma anche Shakespeare, Moliére e Neruda. Soprattutto per quanto riguarda i lirici greci, per Quasimodo renderli in italiano era un’operazione che richiedeva qualcosa di più di una traduzione, ma una vera e propria riscrittura che nel rispetto della lingua tirasse fuori istanze e sentimenti comprensibili anche all’uomo del suo tempo.La poesia di Quasimodo, impregnata di miti ancestrali della sua Sicilia, ma anche dei miti moderni del nostro tempo, fonde insieme lirismo, significato e musicalità. Con l’isola natale, la Sicilia, Quasimodo manterrà un legame simbiotico. La Sicilia resterà sempre per Salvatore Quasimodo un approdo sicuro, una terra del mito anelata e vagheggiata, evocante le gioie dell’infanzia ma anche le origini della stirpe: l’isola, infatti, era da lui interpretata come la Magna Grecia, colonia di una madrepatria culla di un classicismo al quale costantemente si richiamava. Seguì un breve periodo a Roma, da studente, che fu caratterizzato dalle ristrettezze economiche, ma anche dallo studio del latino e del greco in Vaticano sotto la guida di mons. Rampolla del Tindaro; poi l’assunzione nel genio civile lo riportò al sud, a Reggio Calabria, dove conobbe l’altra faccia del meridione, quella della terra arida e priva di speranza; a Firenze, invece, mosse i primi significativi passi nell’ambiente letterario dell’epoca. Di nuovo, per lavoro, fu in Liguria e poi in Lombardia: a Milano si stabilì definitivamente (anche quando lasciò il lavoro per dedicarsi anima e corpo alla letteratura) e vi insegnò tutta la vita. La grande città, per Salvatore Quasimodo, era l’opposto dell’isola felice: un luogo spersonalizzante dove ognuno è monade sconosciuta all’altro, ma che al contempo spinge l’uomo alla ricerca del contatto, un tema già caro alla letteratura italiana del primo Novecento. Con le esperienze a Roma e a Firenze, entra in contatto con Vittorini e Montale e con il gruppo Solaria, con cui pubblica la sua prima raccolta di poesie, dedicate alla sua terra natale, accolta con entusiamo dai critici dell’epoca. Gli anni della guerra e quelli immediatamente successivi rappresentano una esperienza che porta a una diversa maturazione: la scelta di tematiche legate al conflitto o alla questione sociale segna una svolta nella sua produzione letteraria: il poeta si sente interpellato da una dimensione di responsabilità e impegno civile, allontanandosi dall’individualismo proprio della poesia ermetica. Da tutti i critici Salvatore Quasimodo è universalmente riconosciuto come il padre dell’avanguardia ermetica che consiste, in pratica, in un linguaggio che ricorre spesso all’analogia e tende ad abolire i nessi logici tra le parole. Sarà il poeta stesso a definire «Ermetismo in senso proprio» la sua seconda raccolta di poesie, Oboe sommerso, del 1932. Se inizialmente, infatti, aveva risentito di un certo decadentismo tipicamente dannunziano, qui già rivendicava una profonda libertà spirituale dell’uomo, rifiutando ogni imposizione esterna che gli impedisse di raggiungere il suo ideale di poesia pura che si colloca nel tempo dell’interiorità, slegato dalla cronologia e dallo spazio, e legato, invece, alla riflessione, agli affetti e all’espressione dei medesimi. In seguito la sua poesia cambierà ancora e si arricchirà di nuovi temi e stimoli: il passaggio attraverso la guerra, infatti, influenza lo stile e il pensiero del poeta che in componimenti come quelli raccolti in Giorno dopo giorno (1947) si appassiona ai temi civili e sente l’esigenza di rinnovare l’uomo dalle viscere, partendo dalla comprensione dell’essere umano in ogni suo aspetto, dell’anima e del corpo. Anche la scrittura poetica, dunque, cambia, e si fa più esplicita e argomentata, con toni più decisi e meno inclini agli indugi sentimentali. Il falso e vero verde, antologia del 1954, infine, segna la nascita del terzo e ultimo periodo della poesia di Quasimodo, che d’ora in poi affronterà temi come il consumismo, il neocapitalismo e la tecnologia. Una volta passato l’orrore della guerra, quindi, l’uomo si richiude su se stesso e con lui lo stile poetico, che diventa scabro, essenziale, addirittura scarno, fatto di vuoti più che di pieni. Per programmare le iniziative in sua memoria si è svolta a Messina la prima riunione del comitato scientifico composto dal commissario straordinario, Francesco Calanna, dal magnifico Rettore dell'Università di Messina, Pietro Navarra, dal presidente della Fondazione famiglia Piccolo di Calanovella, Vanni Ronsisvalle, dal presidente del Parco letterario Quasimodo, Carlo Mastroeni, e dal dirigente scolastico dell'istituto tecnico "Jaci", Carlo Davoli. Inoltre, la Città Metropolitana realizzerà un cd contenente oltre tremila articoli di stampa, un inedito archivio multimediale di eventi, molti di questi sconosciuti al grande pubblico. Ronsisvalle, ha anche annunciato la realizzazione, in collaborazione con Rai Teche, di un docufilm che ripercorra visivamente tutte le tappe fondamentali della vita di Quasimodo ed ha annunciato "l'intenzione di invitare il presidente del Premio Nobel in occasione di uno degli appuntamenti in cantiere e di ospitare per un mese, a Villa Piccolo a Capo d'Orlando, il prossimo vincitore del riconoscimento per la letteratura". Il Prorettore dell'Università di Messina, Giovanni Cupaiuolo, ha reso noto l'organizzazione di un convegno che approfondirà l'attività di Quasimodo quale traduttore di testi, "una testimonianza di quanto fossero eclettici i suoi interessi culturali". Modica ricorda con una serie di iniziative il 50mo anniversario della morte del premio Nobel Salvatore Quasimodo. Ne sono promotori l’amministrazione comunale e l’Associazione Culturale «Proserpina» che gestisce il Museo Casa natale di Via Posterla e altre associazioni culturali. Il programma ha previsto prevede un primo appuntamento alla Biblioteca comunale dove il sindaco ha scoperto una targa intitolata al Nobel e poi a Casa Quasimodo con la deposizione di una corona di alloro sulla lapide che ricorda il poeta e con l’annullo speciale di un francobollo a cura di Poste Italiane. Una serie di iniziative, dunque, per celebrare le opere di un grande poeta, patrimonio indiscusso dell’umanità che ha arricchito la cultura italiana e internazionale testimonianza della fama e del prestigio letterario che ancora oggi gli riconosciamo. (MARIA CACIOPPO)