di Enzo Soderini (New York) - Nel mezzo del cammin della mia vita mi sono ritrovato nel cuore di Harlem. Ecco, forse con questa cenno dantesco penso di iniziare a guardare il mondo da una finestra immaginaria che è locata nella 125 st e Malcom x nel cuore di Harlem.
Un centro dove si è sviluppata la cultura Americana le cui attività hanno dato alla storia degli USA un particolare interesse producendo l’arte musicale che s’ispirava alle orribili condizioni della schiavitu’. Proprio qui Ralph Ellison, Invisible Man, immaginava di vivere in una buca, ma riusciva con la forza delle idee a pensare oltre i propi confini culturali, citando Dante, appunto, e Leopardi. Harlem ha un cuore nero in una Isola Bianca: Manhattan. Qui iniziò Harlem Renaissance negli anni ‘20 con lo sviluppo dell’African American music con giornalisti, poltici, cantanti, intellettuali, poeti e dramamturghi .Harlem fu definita la Mecca del mondo. Infatti Countee Cullen, Zora NealeHurston,Langstone Hughes W.E.B.Du Bois Charles Johnson erano il polmone creativo che produceva uno spirito nuovo che è poi stato universalmente adottato dagli altri. “A beg you pardon” altre culture. Qui vivevano oltre 100.000 italiani immigrati. Qui Vito Marcantonio venne eletto per ben 7 legislature con i voti degli afro-americani, Italiani, Portoricani, Polacchi e numerosi membri della classe media borghese bianca. Un vero leader ispiratore e rappresentante di un pluralismo culturale che faceva vivere con azioni concrete a favore dei piu bisognosi . Guardava oltre i confine culturali perchè era interessato a comprendere gli altri. Amava la convivenza e la pace. Infatti si schierò contro la guerra. Accanto a lui altri grandi attivisti intellettuali espressero i loro pensieri, come Philip Randolph, che a Harlem trovò il terreno per creare le condizioni del movimento dei diritti civili che Martin Luther King immortalò nel suo discorso famoso “ I have a dream”. Fu qui che James Weldon Johnson attraverso le sue ricerche costruì la strada per far emergere l’identità afro-americana a colpi di libri. Ed è qui che giace con una espressione d’orgoglio la statua di Harriet Tubman, pioniera ed eroina per la liberazione degli schiavi . E’ da questa finestra che guardo oggi i tanti diseredati che sulla 116 st si radunano una volta alla settimana, tanti anziani ma anche giovani, per accedere al cibo donato. Proprio da qui stavo pensando al Gramsci che due anni fa è stato fatto rivivere nel cuore del Bronx dall’artista svizzero Thom Hirschborn con una mostra multimediatica che ha raccolto oltre 1000 testi che giacevano negli scaffali dei cittadini di New York e che grazie ad Edward Said, Howard Zinn, Hammet e Cornel West ed altri, hanno diffuso ed esaminato le sue teorie. Ma mi chiedo: ma quali analogie poteva avere Gramsci con la cultura Popolare che ha fatto di Harlem la capitale dei neri e della musica? Può essere usata e conciliata la nozione dell’egemonia culturale e quella civile ? Bene io ci provo. Se Gramsci è continuamente utilizzato nei più noti atenei statunitnesi qualche ragione deve pur esserci. Uno degli argomenti che il pensiero Gramsciano sosteneva era quello dell’egemonia culturale che si estende oltre i confini nazionali e oltre le barriere culturali. Egli partiva dall’individuo come soggetto attivo che sconfigge il nichilismo per divenire una componente organica della società civile. Infatti, Gramsci Antonio sosteneva : “nella concezione del diritto dovrebbero essere incorporate anche le attivita’”premiatrici” di individui, di gruppi ecc.; si premia l’attività lodevole e meritoria come si punisce l’attività criminale in modo originale facendo intervenire l’opinione pubblica come sanzionatrice. (note su Macchiavelli p.108 ed. Riuniti) Una nota degna di essere riesaminata per richiamare il cittadino ad una azione propria come soggetto vitale e universale della democrazia in cui lo stato deve essere “educatore” “in quanto tende appunto a creare un nuovo tipo o livello di civiltà”. Gramsci definiva la politica “l’arte”, quella forma che ci fa amare e creare ed innnovare ciò che abbiamo conquistato con enormi sforzi fisici e mentali. Quello che i nostri padri hanno conquistato con grandi fatiche. Gramsci ci richiama a trascendere quelle barriere del provincialismo, cancro endemico del nostro sistema in Italia, ma presente ovunque, in forme diverse, nelle società industrializzate e in quelle sottosviluppate. Per esempio, nei paesi decolanizzati rimasti chiusi dalle proprie lotte tribali in quelle enclavi dove si consumano le vite di milioni d’innocenti . Un problema che e’ stato definito e gestito dalla cultura mediatica dell’occidente come conflitto etnico, ma che invece uno studioso di questa tematica definisce” strumentale”. Nel suo noto test “Negative Ethinicity” (p.20,21), Koigi Wa Wamwere cita un analisi di Agot Maseno dell’ Università College in Kenya. “Il concetto di “Tribu” è stata una astrazione intellettuale, una invenzione mentale dei colonialisti che avevano l’intento di costruire una immagine dei popoli africani senza governo, senza cultura e senza storia. Per giustificare il colonialismo (Negative Ethinicity p. 21) Koigi chiarisce i due concetti di etnicità e tribalismo, sostenendo che l’etnicità è per sé una componente positiva della società perchè ricca di storia e cultura. Al contrario ,l’etnicità negativa (negative ethnicity) è una forma discriminante dove prevale l’odio e pone un gruppo in posizione superiore all’altro” E’ da questa spiegazione analizzata e proposta da un intellettuale keniano, Koigi Wa Wamwere, che ha impiegato la sua vita e le sue idee per lottare contro le discriminazioni e lo sfruttamento dell’essere umano , mettendo in evidenza le differenze religiose, la quantità di cibo, della lingua, della cultura e della musica, che si può attingere a una nuova analisi per capire i contrasti e i conflitti tra le varie componenti sociali. Sarebbe perciò interessante se non escludessimo a priori nuove idee ed espressioni culturali che ci vengono proposte da “ altri”; una definizione cara a Edward Said nel suo saggio sull’ Orientalismo. Queste riflessioni ci inducono a pensare su quanta energia, bellezza, valori, e modi di essere felici, esistono nelle altre culture; forse, sulla base di esse, potremmo essere più comprensivi e più disposti alla cooperazione anche tra di noi. Ebbene dall’Africa ci giunge questa voce, che sembra lontana, ma così forte e pura che può essere forza ispiratrice per cambiare i nostri atteggiamenti e la visione delle future società civili. Forse dobbiamo introdurre nuovi linguaggi e nozioni che ci faciano riflettere e che ci spingano oltre le frontiere del “nostro giardino ben coltivato”. L’italocentrismo va smantellato con la intercultura, interculturalismo come mezzo di scambio e di apprezzamento dell’individuo “diverso” capace di dialogare; un possibile uomo/cittadino politico educato che non si fa condizionare da un potere egemonico gestito da una elite, ma che va sostituto da una “egemonia civile” (Gramsci). Ossia liberare l’individuo dal quel pregiudiziale condizionamento che ci viene mostrato come una cultura. E nel contesto attuale si può integrare questo elemento con il fatto che i sistemi politici ed economici ci impongono fin dalla nascita dei paradigmi lasciandoci poco respiro per essere e divenire noi stessi. La riforma vera parte perciò dalla forza dell’individuo che opera nel collettivo, che acquisisce una coscienza nuova che contrasta la presenza sempre più crescente di partiti che Gramsci definiva di tipo medievali, perchè adottavano nomi di certi capi “forse c’è una analogia tra i partiti e le sette religiose e gli ordini monastici (Note Su Macchiavelli – A. Gramsci pag. 117) (partis de patronage) simili a San Francesco, San Domenico e forse chissà ”un santo” contemporaneo che ci santificano dalla TV. Santi portatori di una cultura artificialmente sintetica dove il Sapere Laude, il coraggio di usare la propria ragione manca (Emanuel Kant Sulla Storia p. 3) E’ proprio questo condizionamento politico che produce un atteggiamento sull’individuo che lo porta ad un nichilismo negativo che costruisce una esistenza passiva dell’individuo apprezzata dalle forze conservatrici e bene integrata nel nostro modo di vivere , e definito come comportamento corretto per una “societa civile”. Enzo Soderini Docente di scienze sociali College of New Rochelle New York- Harlem-