Il dibattito culturale preunitario, trova nel siciliano Michele Amari, uno dei grandi intellettuali italiani dell’ottocento, un di riferimento forte al punto che le sue interpretazioni della storia siciliana, troppo spesso politicamente strumentali,
hanno finito per costituire la narrazione ufficiale con la conseguenza di ostacolare la rilettura critica delle sue conclusioni. Oggi, opere come “La storia dei musulmani in Sicilia” o “La guerra del Vespro”, innovative nel tempo in cui sono state scritte, da una storiografia meno condizionata dalle pregiudiziali ideologiche di cui Amari è impregnato, sono rimesse in discussione e molte sue conclusioni clamorosamente smentite. Per esemplificare segnaliamo alcuni di questi errori madornali. A proposito, ad esempio, della presenza musulmana in Sicilia Amari arriva sostenere che l’influenza islamica abbia contribuito alla costruzione “dell’identità e dell’autonomia siciliana la cui eredità può costituire l’apporto siciliano alla costruzione della nazione italiana”, inoltre che i musulmani avrebbero rappresentato” una netta cesura rispetto al passato e al dispotismo bizantino”. Nella migliore delle ipotesi, queste di Amari, sono esagerazioni, come sostiene Lucia Arcifa in "storia mondiale della Sicilia", come costituisce una sonora sciocchezza che gli Arabi in Sicilia siano autori della costruzione di una “presunta dimensione democratica della società islamica, fondata su eguaglianza e fratellanza”. Quello narrato da Amari è un quadro mitico strumentale al progetto unitario ma che non corrisponde minimamente alla realtà storica oggi riveduta e corretta dalla storiografia contemporanea a partire da Illuminato Peri per arrivare a Salvatore Tramontana. Stesso discorso per l’altra opera, parlo de’ “La guerra del Vespro siciliano”, in cui la rivolta popolare, costruita dalla casta aristocratica che pretendeva di governare non tenendo conto delle prerogative del re, viene epicizzata fino a farne la rivolta di un popolo contro l’oppressore straniero. Scrive, infatti, bene il compianto medievista Francesco Giunta che “Amari politico, riuscì a prendere un periodo della storia siciliana per farne un libro di battaglia”. Il risultato di quella operazione amariana ha significato, dunque, la deformazione della storia ed una sua spregiudicata riduzione ad usum delphini. E' evidente che la rivolta del Vespro, nella sua sostanza ha molto poco di epico, perché essa fu una sorta di vera e propria contrivoluzione animata da un ceto arrogante e fortemente conservatore per difendere i propri privilegi contro la legalità istituzionale. Quel ceto per foraggiare la rivolta approfittò dei finanziamenti dell’imperatore bizantino timoroso delle mire espansive di Carlo d’Angiò che guardava con sempre più interesse ad Oriente. Proprio questa tesi, più seria e scientificamente documentata viene infatti sostenuta nell’opera di Steven Runciman “I Vespri siciliani.” Dunque, di quella rivolta che Benedetto Croce considerò in termini negativi per lo sviluppo del Mezzogiorno, Amari con una bella forzatura aveva fatto un modello di autocoscienza di un popolo. Che dire, dunque, a conclusione di questa sintetica nota se non confermare quanto lo stesso Amari confessava in una lettera del 1870, che cioè egli mancasse nella sua preparazione di quel qualcosa per potersi considerare storico e medievista in modo particolare. (Pasquale Hamel)
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