“… Hor di questo nuovo papa universalmente se ne dice molto male; che egli è vitioso, superbo, rotto et di sua testa” – dove per “rotto” sta per sodomita -, così scrive Girolamo Muzio a don Ferrante Gonzaga a proposito dell’elezione di Giovanni Maria Cecchi,
asceso alla cattedra di Pietro col nome di Giulio III, personaggio di grande cultura e di profonda sensibilità culturale ma anche noto per il suo scandaloso comportamento sessuale. Giulio III visse in un tempo in cui il conflitto fra Francia e impero condizionava le scelte della Chiesa e dovette, per questo motivo, barcamenarsi fra l’un potente e l’altro cercando di mantenere, non sempre riuscendoci, la necessaria equidistanza. La sua sensibilità culturale ne fece un grande mecenate, infatti protesse e sostenne economicamente artisti come lo stesso Michelangelo Buonaroti o il musicista Giovanni da Palestrina nominato maestro di Cappella presso la Basilica Vaticana. A lui si deve la risistemazione della biblioteca vaticana e il suo potenziamento con l’acquisto di opere rare, a lui si deve inoltre la fondazione dell’università la Sapienza di Roma e la costruzione della splendida villa Giulia dov’egli amava dimorare divenuto luogo privilegiato della sua scandalosa vita privata. Proprio a villa Giulia, vicina a Porta del popolo a Roma, dove alla fine si ritirò insieme ad uno stuolo di fanciulli a godere delle gioie del sesso proibito. Fra questi giovani c’era tale Innocenzo – il nome originario era però Santino -, figlio di un servo di casa Del Monte, del quale si disse che era divenuto amante e che, forse per nascondere la peccaminosa relazione, aveva fatto adottare dal fratello Baldovino così da farne, agli occhi della gente, un affettuoso nipote. Proprio questo Innocenzo, a cui per volontà di Giulio l’umanista Onorato Fascinelli aveva provveduto a dare una sommaria istruzione, venne ulteriormente gratificato dalla berretta cardinalizia all’età di appena diciassette anni. La nomina ebbe un’eco che superò i confini della penisola, vicende simili minavano il prestigio della Chiesa in un momento così difficile in cui era ancora aperta la ferita della riforma protestante. “Mà quel che imbrattò le primizie del suo Pontificato, fù la prima porpora ch’egli diede. Ne vestì esso un giovane chiamato Innocenzo, di nazione sì oscura, ch’ella rimane ancora ignota alla fama: se non quanto appresso ne fia raccontato” è quanto scrisse il cardinale Sforza Pallavicini. “Ama Del Monte con ugual ardore la scimmia e il servitore. Egli al vago femmineo garzoncello ha mandato il cappello perché la scimmia, a trattamento uguale, non fa pur cardinale?” si legge in una delle tante pasquinate che circolarono per Roma in quei giorni. Questo giovane cardinale, che sarebbe morto a 23 anni, quando il suo benefattore nel 1555 lasciò questa terra, ritenendosi ormai libero, diede il meglio di sé come frequentatore di taverne, postriboli e di donne mondane. Fu, inoltre, coinvolto in vicende criminali, macchiandosi di ogni infame reato, fu infatti stupratore seriale, autore di violenze e perfino omicida. Di questi reati, per l’indulgenza riservata ai potenti del tempo, ed egli era tale,non ebbe che blandamente a rispondere. Particolare significativo, alla morte di Innocenzo, forse per avvelenamento, si pose il problema di dove tumularlo. Nonostante il discredito fu, alla fine, sepolto nella cappella dei Del Monte. (Pasquale Hamel)
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