A proposito d'informazione e di false notizie. di Agostino Spataro (foto accanto)* - Oggi, gran parte dell’informazione è manipolata, usata come arma ipnotica di distrazione di massa. La verità? Sembra che non interessi a nessuno.
E’ un optional. Da tempi immemorabili la sua ricerca è il chiodo fisso di teologi e di filosofi. I primi sono convinti d’averla trovata e vogliono imporla a tutti con mezzi impropri; i secondi continuano a cercarla con il lanternino. C’è anche chi nega l’esistenza della verità oggettiva, assiomatica, incontestabile e, addirittura, ne sconsiglia l’uso perché ritenuta dannosa per la convivenza pacifica dell’umanità. Un pensiero, a dir poco, singolare, stimolante elaborato dal filosofo austriaco Heinz von Foerster:“il discorso sulla verità ha conseguenze catastrofiche e distrugge l’unità dell’umanità. Il concetto significa guerra- si pensi soltanto alle crociate, alle infinite guerre di religione e alle terribili procedure dell’Inquisizione. Ci si deve ricordare di quanti milioni di persone sono stati mutilati, torturarti e bruciati per imporre con la violenza la propria idea di verità.” (* “La verità è l’invenzione di un bugiardo- Colloqui per scettici”- Meltemi Editori, Roma, 2001) Condivisibile o meno, la tesi trova riscontri nella degenerazione in atto del giornalismo sempre più caratterizzato da un’informazione (specie televisiva) corsara, sguaiata, alterata e mirata a deviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi esistenti e, soprattutto, dagli affari inconfessabili dei gruppi dominanti proprietari dei giornali e dei canali. La questione si è acuita con il dilagare sui media, sui “social” della piaga delle false notizie che molti, quasi per nobilitarle, chiamano “fakes”.A proposito, perché tutto quest’abuso di termini stranieri nei media italiani? Esibizionismo provinciale o espediente per escludere dall’accesso alla informazione una fetta consistente del pubblico che sconosce l’inglese? Forse entrambe le cose. Fatti gravissimi che contribuiscono a indebolire, demolire l’identità culturale del popolo italiano, non per portarla nell’alveo del multiculturalismo (per altro da definire), ma “all’ammasso” ossia nel vortice del processo di omologazione in atto pilotato da una cultura egemonica. In Italia c’è anche bisogno di recuperare la sovranità linguistica. Le lingue straniere dovranno essere usate per migliorare i rapporti con l’estero e non per peggiorare quelli con l’interno. Una situazione deregolata in cui ciascuno confeziona una propria verità e la propina al lettore sempre più confuso, incapace di scegliere fra le tante in circolazione. Un impasto male assortito che alimenta un clima rissoso di odio e di violenza, verbale o scritta, d‘intolleranza e di mala educazione che contraddistinguono certi operatori dell’informazione (specie televisiva) impegnati a svolgere, diligentemente, il compitino loro assegnato e ben retribuito. Anche a causa di tale degenerazione la nostra civiltà politica è in declino. E’ finito il tempo del libero e civile confronto delle idee, delle opinioni, del rispetto reciproco. Viviamo nell’epoca della supremazia della finanza globalizzata prevaricatrice perfino dei poteri istituzionali degli Stati sovrani, oltre che dei diritti fondamentali dei lavoratori, dei cittadini. Da qui nasce l’antipolitica che ha soppiantato la politica mediante “campagne” mediatiche condotte da una casta dei giornalisti d’elite e di conduttori tv contro la casta dei politici. Mai una campagna contro la casta dominante dei (loro) padroni editori. L’obiettivo ormai é palese: fiaccare, demolire quel che resta del sistema democratico, partecipativo, cambiare la Costituzione repubblicana, sperimentare nuove forme di governo. Quali? Domanda: perché si lascia fare tutto ciò? La risposta non è facile. Tuttavia, sappiamo che nulla avviene per caso e per così lungo tempo! Tutto si fa in nome e per conto del’opinione pubblica, anche se in realtà nessuno la rispetta. Poiché non si vuole un' opinione pubblica critica e reattiva, ma solo una sterminata platea di consumatori, d’individui isolati, esasperati e tuttavia ricettivi di ogni castroneria distillata dal “pensiero unico” (o politicamente corretto!) delle oligarchie neo-liberiste globalizzate. Ovviamente, non tutta la categoria dei giornalisti pratica questo modo di fare informazione. Molti ancora resistono, combattono contro tali metodi; tanti li subiscono passivamente. In particolare, in questo esercizio si segnala una categoria di zelanti, e vocianti, arrivisti che si spingono oltre il dovuto, fino ad apparire una sorta di “servitori volontari” come quelli descritti da Etienne de la Boe-tie. (in “La servitù volontaria, 1571”) Spiace ma questa è, in sintesi, la realtà prevalente nell’informazione italiana e straniera cui fa da pendant un giornalismo minoritario ed eroico formato da una schiera di giornalisti che in diversi Paesi (Italia compresa) continuano a essere discriminati, minacciati, imprigionati, mutilati, uccisi. A ogni morte un “coccodrillo” improvvisato, un dis-corso di circostanza, talvolta una lapide. Il ciclo riprenderà a funzionare più di prima poiché il messaggio resta: l’assassinio di un giornalista é un monito per chi, eventualmente, pensa di seguirne le orme.
* dall'introduzione al libro "Giornalista senza giornale":