Palermo e l'Italia ricordano oggi il 23simo anniversario della morte di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo e degli agenti di scorta. Nel programma di quest'anno la novità più rilevante è un'assenza: quella della "nave della legalità". Non vedremo, come negli ultimi dieci anni, aprirsi il portellone di poppa con le gigantografie dei volti sorridenti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e le migliaia di ragazzi uscire. La colpa è della crisi: il progetto, finanziato ogni anno dal ministero dell'Istruzione, costa troppo. Quest'anno la maggioranza degli studenti presenti sarà costituita dai siciliani (si calcola 15/20mila) che, viabilità permettendo (a partire dal viadotto crollato che ha interrotto l'autostrada Palermo-Catania) giungeranno a Palermo per formare i due cortei che si congiungeranno nel pomeriggio all'albero Falcone. Dal resto d'Italia arriveranno solo alcune delegazioni delle scuole che hanno vinto i concorsi banditi su tutto il territorio nazionale dalla Fondazione Falcone e da Libera sull'educazione alla legalità. Lo slogan di quest'anno sarà: "Le piazze della legalità". Ne sono state scelte cinque: Milano, Firenze, Reggio Emilia, Napoli e Vibo Valentia. In esse si svolgeranno manifestazioni che grazie alla Rai saranno seguite da tutti. L'intenzione degli organizzatori quest'anno è far passare il messaggio che la legalità è un patrimonio delle scuole italiane espressioni di legalità e che la mafia pervade molte aree del Paese. A Reggio Emilia il centro delle iniziative sarà la casa di papà Cervi e dei suoi figli uccisi dai fascisti, un simbolo di Resistenza comune a diverse realtà. In ciascuna delle piazze ci sarà un "albero Falcone", un'idea data dalla constatazione che, negli ultimi anni, in diverse città d'Italia sono stati piantati degli alberi che, come in via Notarbartolo, si propongono di fare da collettore di pensieri, progetti. Quasi superfluo ricordare che insieme a tanti buoni sentimenti si mescolerà la retorica di ogni celebrazione, che quando si parla di mafia e lotta alla mafia aumenta in modo esponenziale. Vorremmo offrire un contributo alla riflessione comune raccontando di due avvenimenti accaduti in provincia di Palermo le scorse settimane. Il primo si è svolto a Cinisi, paese alle porte di Palermo, famoso per aver dato i natali al militante Peppino Impastato, assassinato dalla mafia il 9 maggio. In questo paese vi è dal 1950 una strada intitola al partigiano Salvatore Badalamenti, "che però era anche fratello del capomafia Tano Badalamenti", comunica improvvisamente ai primi di maggio il sindaco Giangiacomo Palazzolo. E poi spiega: "Ho avviato un'indagine per verificare se per davvero fu ucciso dai nazifascisti a Cuneo, ma intanto quella strada dovrà cambiare nome". I residenti nella strada protestano e il sindaco, dopo un sopralluogo (quasi si trattasse di un terremoto o di un'alluvione), racconta: "Alcuni residenti, soprattutto i più anziani, hanno timore di doversi sobbarcare diverse spese per cambiare i documenti, per comunicare alla posta o alla banca il nuovo indirizzo. Ho rassicurato tutti, non spenderanno un euro, e il Comune si farà carico di tutti gli adempimenti necessari". Già, ma i soldi del Comune sono di tutti i cittadini di Cinisi, quindi la spesa sarà ripartita fra tutti gli abitanti! Il sindaco manifesta la propria sofferenza e aggiunge: "Non ce la faccio più a vedere quella targa nella mia città. Lo detesto quel cognome".