
MIGRAZIONI
Due terzi dei rifugiati Ebrei e dei profughi che vivevano sul suolo Italiano dopo la guerra, circa 50 000 persone, presero la strada per Israele, gli altri emigrarono negli USA, Australia e America Latina. Solo poche migliaia rimasero in Italia. Dopo la guerra l’Italia fu messa sotto il controllo dell’Esercito alleato, soprattutto l’Armata Britannica, le autorità Britanniche fecero pressione sul governo Italiano perché non permettesse a masse di rifugiati di entrare in Italia e a quelli già presenti di emigrare in Eretz Israel. Fu necessario prendere molti contatti con le autorità Italiane , senza coinvolgere gli Inglesi, per facilitare l’entrata illegale di migliaia di rifugiati, organizzare la loro accoglienza e preparare la loro emigrazione illegale. Raffaele Cantoni, nominato presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, aiutò moltissimo da questo punto di vista e fu in stretto contatto con Yehuda Arazi e Ada Sereni, due dei capi della Mossad Le Aliyah Bet ( responsabile dell’immigrazione illegale dei sopravvissuti alla Shoah) che giunsero in Italia. Le autorità italiane chiusero un occhio su queste attività . L’organizzazione per l’emigrazione illegale si espanse rapidamente, Ebrei rifugiati arrivarono in Italia da tutta Europa, a piedi o con mezzi di fortuna, a tutte le ore del giorno e della notte, con tutti i climi. Il “centro Diaspora” si mise in contatto con i centri Ebraici nei paesi Europei dove venivano raccolti gruppi di rifugiati, organizzati orari di espatrio per ogni centro e organizzati trasferimenti nei kibbutzim e nei campi profughi in Italia, fino al momento di imbarcarsi su una nave per la loro migrazione verso Eretz Israel. Mordehai Braun ricorda l’industria della preparazione di passaporti per i viaggiatori: “Avevo bisogno di fare timbri e le foto andavano cambiate..le foto erano parzialmente timbrate così dovevo posizionare il timbro esattamente..c’erano passaporti della Palestina, dei Polacchi, Inglesi e Olandesi … facevamo questa operazione come se fossimo in un consolato. Tutti quelli che arrivavano riempivano un modulo..chiedevamo aiuto a studenti di arte per aiutare a compilare i moduli e imitare la scrittura da impiegati … C’era un solo problema quando ricevevamo un passaporto Polacco perché gli studenti non conoscevano la lingua così succedeva che sbagliavano una riga e lui (il rifugiato che riceveva il documento)risultava con occhi biondi e capelli blu..” Itzhak Klein, uno dei bambini di Selvino, ricorda il viaggio verso Eertz Israel : “L’obiettivo era emigrare in Israele. Fondare un kibbutz, costruire il paese. Alla fine stavamo vivendo il sogno..Loro ci portarono sulla spiaggia, una nave “Ma’apilim” ci avrebbe dovuto raccogliere ma poi penso che tutta la faccenda fu scoperta dagli Inglesi e ci portarono via da li.. a Metaponto e poi Bari. C’erano molti sopravvissuti alla Shoah che volevano andare in Israele.. noi eravamo circa 70 ragazzi di Selvino con il nostro responsabile Yeshayahu Flamholz, che era più grande di 2-3 anni del più grande di noi … Un po’ dopo la nave Haim Arlozorov arrivò; la notte fecero salire a bordo gli emigranti ed ancora una volta noi rimanemmo indietro.. Luba Eliav ufficiale della nave decise di portarci sul ponte. Noi ci imbarcammo quando la nave aveva quasi salpato. Il viaggio fu duro, c’era un affollamento terribile..alla fine non raggiungemmo Eretz Israel; ci portarono ( in un campo di detenzione Inglese) a Cipro”.