Sono passati oltre trent’anni da quando venni a conoscenza dell’esistenza da quando venni a conoscenza dell’esistenza di Emanuela La Rocca. Fu in occasione della seconda conferenza regionale dell’emigrazione umbra tenutasi a Peruggia. In quella occasione venni sistemato in una stanza d’albergo con Franz La Roccca, fratello di Emanuela, che raggiunse l’albero molto tardi e ci presentammo in cameraa, visto che non ci eravamo mai visti.

Dopo le presentazioni, squillò il telefono al quale rispose lui, che evidentemente era in attesa. Si trattava della sorella, che lo chiamava per avere notizie. Capiì dal modo come parlavano che doveva trattarsi di un appuntamento abituale quando uno di loro due era fuori. Un resoconto minuzioso della giornata, a cominciare con dire con chi era in camera, chi ero io da dove venivo ecc. La cosa andò per le lunghe, fino a quando lo pregai di finire perché era molto tardi e dovevo dormire. I chiarimenti vennero l’indomani, quando mi disse che si trattava della sorella, cofondatrice con lui del Centro Orientamento Emigrati Siciliani (C.O.E.S.), con la quale abitualmente si collegava telefonicamente con cadenza quotidiana, dal momento che la stessa voleva essere sempre informata di tutto. Cappi anche che mentre Franz, persona mite e generosa, si poteva definire il braccio operativo dell’associazione, Emanuela ne era certamente la mente, la testa pensante che teneva tutti i contatti, sia con i collaboratori all’estero, che con la politica in Sicilia. Imparai a conoscerla subito, durante le riunioni della consulta regionale dell’emigrazione, ma anche nelle occasioni in cui gli assessori pro tempore, incontravano le associazioni. Battagliera, con un voce che ti penetrava dappertutto, lucidissima negli interventi, senza inibizione alcuna, a rivendicare i diritti degli emigrati, a sostenere la mecessità di cambiare la legge, come prima aveva sostenuto con forza la necessità di averne una, che alla fine venne promulgata nel 1975. Conosciuta all’estero da tutte le parti del mondo, dove portava le attività del C.O.E.S. e dove organizzava la presenza dell’associazione. Ricordo che inizialmente era ostile nei miei confronti, perché vedeva in me il comunista con il quale non necessitava avere contatto e collaborazione. Poco alla volta superò questa sua avversità., fino a raggiungere uno stadio di collaborazione e di reciproco riconoscimento molto elevato, improntato alla reciproca fiducia cementata dall’amore che entrambi avevamo nel nostro modo di comportarci, verso i siciliani all’estero. Ci trovammo spesso d’accordo su parecchie cose, sul modo di condurre le rivendicazioni, ma anche nell’esprimere disaggio e senso di impotenza di fronte alla politica siciliana che da anni ormai non seguiva con la dovuta attenzione i problemi degli emigrati. Negli ultimi tempi, dopo l’incidente che doveva condannarla su una sedia a rotelle, ci sentivamo oer telefono, per scambiarci le impressioni, per capire cosa si muoveva, specialmente in materia di consulta regionale, ferma da oltre quindici anni. Ultimamente, ci eravamo visti a casa sua, dove abbiamo parlato ancora una volta di consulta e del fatto che finalmente qualche cosa si muoveva. Ci era stato richiesto infatti di confermare o cambiare i nominativi comunicati a suo tempo, oltre dieci anni fa. Ma quando venni introdotto, da ragazzo di colore che la accudiva, nella stanza dove lei, ricoperta da una camicia leggera stava seduta sulla sua sedia a rotelle, mi si strinse il cuore nel vedere in quale stato era ridotta. Malgrado ciò volle essere informata delle novità, dei programmi, della consulta, di cosa pensavano le altre associazioni. Fu un colloquio di oltre mezzora, durante la quale cercai di farle coraggio, che sarebbero venuti certamente tempi migliori anche per lei. Lei mi guardò con gli occhi lucidi e mi disse: “speriamo”. La notizia della sua morte, arrivata per e mail, mi colse certamente impreparato, anche se mi ero reso conto vedendola che non ne aveva per molto. Ugualmente, però, rimasi tristemente colpito e mi collegai subito con qualcuno dei suoi collaboratori, per esprimere all’associazione, che era tutta la sua famiglia, i sensi del mio rammarico per la scomparsa di una tale battagliera, che veniva a mancare a tutto ilo movimento associativo. Veniva così a chiudersi l’impegno di tutta una vita spesa in difesa degli emigrati, certo con diversità di vedute, con vecchi settarismi, ma molto genuinamente e spontaneamente, con tenacia, con decisione. Così la volgio ricordare in questo momento di tristezza, come una donna che condusse la sua battaglia senza guardare nessuno in faccia, che fece dell’associazionismo il suo motivo di vita, come del resto lo era stato per il fratello morto parecchi anni fa. Gelosa del proprio lavoro, ma convinta delle cose che faceva, una convenzione ed una tenacia, che le associazioni e non solo quelle aderenti al C.O.E.S. le hanno sempre riconosciute. Con le si ne va un pezzo importante della storia del movimento associativo e dell’emigrazione siciliana. Addio Emanuela, credo che il modo migliore per ricordarti sia quello di continuare a lottare per i nostri emigrati, che ancora si rivolgono con fiducia alle nostre associazioni. Salvatore Augello