La pompa mediatica spinge sull’invasione dei mori, africani, orientali, masse di disperati che ambiscono al bagnasciuga italico; si susseguono servizi su tutte le reti, su ogni talk show e salotto televisivo. E allo stesso tempo, cresce il faccione di Salvini, a rappresentare il basso ventre del popolo che ha il terrore di perdere …cosa ? Ciò che ha già perso da un bel pezzo a dire il vero. Ma al peggio non c’è limite, così le masse disperate (stavolta quelle italiche prodotte dalla crisi neoliberista) sono ammonite che sta arrivando la bufera umana, tanta gente con altri colori che arriva ad occuparti la casa, a rubarti il residuo welfare, con la complicità di benefattori tipo quelli di mafia capitale e di affaristi politico-imprenditoriali in grado di speculare sulla propria madre. Vengono sapientemente orientate verso il sig. Salvini, in modo che si possa ristabilire un equilibrio tra destra (presunta) e presunta sinistra, in modo da puntellare in questo frangente incerto, il populista “moderato” presidente del consiglio; c’è bisogno insomma di far crescere la paura: degli immigrati, per far crescere Salvini, e di Salvini, per ricompattare l’elettorato immaginario di centro-sinistra. Un progetto che viene anche declamato pubblicamente, come ha fatto qualche giorno fa Renzi in una occasione genovese: “oltre a me c’è Salvini, non Landini”, cioè, dopo di me il diluvio. Ma il valore del paese (del 90% dei cittadini del paese) si è ridotto del 25% in sette anni. Il debito è cresciuto e sfiora il 140% del Pil. Per servire il debito si ruba al popolo, lavoratore e disoccupato e si aggrediscono anche le generazioni future con un ammanco di diritti colossale che prefigura deserti civili e guerre intestine tra poveri e tra generazioni. Dunque la catastrofe, il diluvio è già in corso da tempo e stiamo solo assistendo a manovre di vario genere per tenere in piedi ciò che l’ha causato. Chi glielo dice alla gente che anche i criminali e i responsabili di tutto questo caos nazionale e internazionale, sono tra noi, sotto le divise inamidate di statisti, politicanti, giornalisti, imprenditori globali, finanzieri e banchieri ? Che popolano i centri delle città e insieme le campagne più belle del paese con i loro appartamenti di lusso e le loro ville incognite ? Chi glielo dice che i nemici sono quelli là ? E non certo i migranti, i quali sono in movimento verso nord perché a casa loro li hanno spogliati di tutto ciò che c’era da spogliare, sopra e sotto terra, distruggendo le loro agricolture, le loro economie locali, in cambio di armi, di rifiuti tossici, di favori alle elites locali e abbagliandole col mito scintillante dell’occidente, dividendo e sobillando gli uni contro gli altri e annientando, uno dopo l’altro, con operazioni coperte o guerre umanitarie, chiunque pensasse anche lontanamente di riunificare i popoli africani intorno ad un’idea di indipendenza o di ricostruzione continentale. Al punto, solo per citare un esempio paradossale, che oggi i ghanesi vengono a raccogliere i pomodori da noi perchè i loro pomodori non sono più competitivi sul mercato globale e i nostri sono competitivi solo perchè li raccolgono i ghanesi ! E che i movimenti migratori verso l’Europa sono una frazione minimale di quelli tumultuosi che avvengono dentro il continente africano o nel medio oriente, cosa che ovviamente, non rientra nei nostri interessi. C’è bisogno di recuperare un’altra narrazione, perché altrimenti la nostra gente perderà la testa, come nel corso della storia, ripetutamente accade, quando le coscienze identitarie di classe si dissolvono. E un nuovo patto di punto fisso tra barbarie neorazzista e ammiccamenti fascisti, da una parte e paternalismo ipocrita da lupi vestiti da agnelli, dall’altra, si insedierà in un equilibrio precario e in una confusione crescente; in questo caso, comunque vada, lor signori, quelli di cui sopra, quelli del crimine, quelli responsabili del caos, terrebbero ben saldo in mano il manico. Questo progetto va fermato; e per quanto ci riguarda, nella congiuntura attuale, c’è un solo modo per farlo: è il reddito minimo universale, di dignità, di cittadinanza, o come lo si vuol chiamare. Bisogna riuscire ad imporlo perché dentro la disperazione, non ci sono chances razionali di ricomposizione di classe che tengano. O almeno si rischia di arrivare troppo tardi. Quando sarà già accaduto tutto. La questione dei migranti che arrivano (e quella del milione di italiani che se ne sono andati negli ultimi 5 anni, cosa completamente ignorata e tenuta appositamente nascosta), possono trovare soluzioni praticabili se si contrasta questa campagna di disorientamento di massa che costituisce, insieme a quella sulla creatura americana, l’ISIS, uno dei diversivi principali per allontanare l’attenzione dalle miserie dell’occidente neoliberista nelle sue varie versioni, quello transatlantico, quello europeo e quello italiano. Un’altra questione da dire è appunto che il vincolo esterno di bilancio va di pari passo con la nuova mobilità internazionale della forza lavoro e, tra le altre cose, sta portando all’estero in massa i nostri giovani (a rinverdire le economie di quelli già forti) e lascia l’Italia più povera di competenze e sola di fronte all’esodo da sud. Ma allora ci serve davvero questa Europa ? E’ sorprendente che in epoca di viaggi interstellari, (e di turismo intercontinentale di massa) qualcuno possa ancora pensare che un breve tratto di mare debba costituire un confine insormontabile. Da questo punto di vista, i paesi del sud Europa costituiscono, per il nucleo forte dell’austerity, terre di mezzo, spazi di compensazione e di protezione a vari livelli, terre di confine. Se, come sembra, siamo di nuovo pienamente immersi in letture e atteggiamenti geopolitici, non si può restare i soli a mirare l’ideale; e ci si deve ricordare della geografia, che noi siamo nel bel mezzo del Mediterraneo, cosa che può essere bella o brutta, dipende dall’intelligenza sociale e politica che vi ci si investe. Legare l’Africa al sud Europa, è una delle prospettive da riprendere in considerazione, anche in modo analogo a quanto ha fatto la Germania con i paesi dell’est europeo. Altro che campi di concentramento in Libia ! Il fatto che non lo si faccia, anzi, che non lo si possa neanche pensare, costituisce uno degli esempi di riduzione di sovranità economica e politica in cui siamo caduti. E rispetto ai progetti di ricomposizione sociale in corso è utile allontanare il miraggio che le questioni interne siano approcciabili senza arrischiare scelte di campo sul piano globale. Di cui bisogna altrettanto, e in profondità, discutere. (Rodolfo Ricci)