ROMA - “La giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione istituita in primavera dal parlamento italiano si intreccia con le storie di tutti i migranti, compresi moltissimi italiani all’estero, che ancora oggi continuano a lasciare l’Italia per motivi simili a quelli che spingono gli immigrati a compiere il lungo cammino della speranza per raggiungere i lidi italici. Questo primo appuntamento a Lampedusa è seguito con vivo interesse dal Consiglio Generale degli Italiani all’Estero perché riflette una comunanza di questioni che sono alla base del fenomeno migratorio a cui da decenni è esposto il nostro Paese”. Così il Segretario Generale del Cgie, Michele Schiavone, nel giorno in cui l’Italia commemora le 368 vittime migranti morte nel 2013 a largo di Lampedusa. ““Mai più” – ricorda Schiavone – fu questa l’espressione più usata quel giorno nell’isola in cui è stato registrato “Fuocoammare” il film documentario del regista Gianfranco Rosi candidato al premio Oscar. Ma dopo il terribile naufragio al largo dell’isola dei conigli, costato la vita a 368 persone, quasi tutte eritree, le morti nel Mediterraneo sono continuate a salire. In questi ultimi tre anni, secondo i dati forniti dall’UNHCR, sono stati registrati oltre undicimila morti; solo quest’anno le vittime sono tremila e cinquecento. Una cifra che porta a pensare e meditare sui motivi, sulle cause ed in particolare sulle ragioni che spingono milioni di persone a mettersi in cammino cercando rifugio e ospitalità. L’isola di Lampedusa, perciò, è diventata una meta simbolo nel mondo intero e i suoi cittadini hanno fatto dei loro sacrifici una forza spendibile sul mondo a differenza dell’indifferenza, degli egoismi che spingono i paesi più avanzati a erigere i vergognosi muri dei “prima noi” contro i frontalieri italiani, come è successo di recente in Svizzera, questo fine settimana in Ungheria ed alle discusse storie inglesi con il voto della Brexit”. “Al fine di sensibilizzare gli studenti e le giovani generazioni alla problematica dell’immigrazione e, quindi, a sviluppare la sensibilità, la solidarietà e la consapevolezza civica nei confronti di tali emergenze, - annota il segretario generale del Cgie – il Ministero dell’Università e della Ricerca ha invitato le istituzioni scolastiche ad affrontare e discutere, nella giornata del 3 ottobre, i citati temi in modo da diffondere la cultura dell’informazione e dell’accoglienza, della convivenza e della pace, valori questi fondati sul rispetto dei diritti umani”. “Sarà questa – si chiede Schiavone – la volta buona per parlare anche nelle scuole e nei luoghi pubblici delle storie centenarie degli italiani emigrati all’estero nel secolo scorso e in questo inizio di millennio? L’iniziativa “L’Europa inizia a Lampedusa” coinvolge tutti i Paesi dell’Unione europea al fine di sviluppare la consapevolezza dei cittadini di tutta l’Unione sul tema delle vittime dell’immigrazione affinché diventi anche l’occasione per condividere la volontà di costruire in sicurezza corridoi umanitari e vie legali, che consentano l’ingresso in Italia e in Europa di donne, bambini, profughi e richiedenti asilo”. Gli italiani all’estero, sottolinea Schiavone, “sono orgogliosi del ruolo assunto dall’Italia dopo la tragedia di tre anni fa che portò alla costituzione dell’operazione ‘Mare nostrum’, che ha salvato dal mare tanti uomini e donne che tentavano di raggiungere le nostre coste: 170.000 le persone salvate in un anno. Dall’ ottobre 2014 l’operazione è stata sospesa e solo con l’impegno umanitario del nostro Paese e della Grecia nel Mediterraneo sono state salvate oltre 270.000 persone migranti e il Mediterraneo, purtroppo, è diventato un cimitero, come ha ricordato papa Francesco in occasione della sua visita in Grecia”. Il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, dunque, “esorta il commissario all’immigrazione dell’Unione europea, Dimitris Avramopoulos, a far applicare il programma di accoglienza e di distribuzione dei profughi nei paesi membri. Molte delle politiche messe in atto fino ad oggi vanno in una direzione estremamente preoccupante e non di rado in aperta violazione dei diritti umani e delle principali convenzioni in materia di asilo. “Proteggere le persone e non i confini” è ancora la parola d'ordine delle organizzazioni impegnate a Lampedusa, ma oggi si chiede anche un’azione contro i muri che l'Europa sta continuando ad alzare ovunque per fermare chi è in fuga. “Muri e filo spinato che costringono chi scappa a cercare vie più pericolose, rafforzano la rete di trafficanti di uomini, provocano di fatto il genocidio, l'olocausto che si ripete ogni giorno al quale noi non vogliamo abituarci””. (aise)