(NoveColonneATG) Roma - Tra il 15 e il 16 febbraio la Corte costituzionale si è pronunciata sull’ammissibilità dei quesiti referendari sui temi dell’eutanasia, della giustizia e della cannabis. La Consulta da ultimo ha dichiarato inammissibili i quesiti referendari sulla responsabilità diretta dei magistrati e sulle sostanze stupefacenti, così come era stato dichiarato inammissibile quello sull’omicidio del consenziente.
Ammessi invece cinque quesiti sulla giustizia: ai quattro su cui la Corte si era espressa in precedenza (abrogazione delle disposizioni in materia di incandidabilità; limitazione delle misure cautelari; separazione delle funzioni dei magistrati; eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati del Csm) si è aggiunto quello sul voto degli avvocati nei consigli giudiziari sulla valutazione dei magistrati. Il presidente della Consulta Giuliano Amato ha spiegato in conferenza stampa: “Abbiamo dichiarato inammissibile il quesito sulla responsabilità diretta dei magistrati perché essendo sempre stata la regola per i magistrati quella della responsabilità indiretta – si cita lo Stato e poi c’è la rivalsa sul magistrato – l’introduzione della responsabilità diretta rende il referendum, più che abrogativo, innovativo”. In merito al quesito sulle sostanze stupefacenti, invece, Amato spiega: “Abbiamo dichiarato inammissibile il referendum - io dico – sulle sostanze stupefacenti, non sulla cannabis. Il quesito è articolato in tre sotto-quesiti e il primo, quello relativo all’articolo 73 comma uno della legge sulla droga prevede che scompare tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, che non includono nemmeno la cannabis che è nella tabella 2 ma includono le cosiddette droghe pesanti. Già questo è sufficiente a farci violare obblighi internazionali plurimi che sono un limite indiscutibile dei referendum”. Il quesito, aggiunge poi il presidente della Corte, manifesta “inidoneità rispetto allo scopo perseguito perché non tocca altre disposizioni che rimangono in piedi e che continuano a prevedere la rilevanza penale di queste stesse condotte”. Amato torna poi sul quesito in merito all’omicidio del consenziente: “Nella sorpresa e amarezza sulla decisione ha giocato il fatto che si era detto che il referendum fosse sull’eutanasia, in realtà era sull’omicidio del consenziente e avrebbe finito per legittimarlo ben la di là dei casi in cui l’eutanasia possa aver luogo. Tutti i casi nei quali una persona che non è malata, non è terminale, non è in condizione di sofferenza intollerabile per altre ragioni decide di porre fine alla sua esistenza, dà un consenso affidabile e credibile e trova qualcuno che sulla base di quel consenso provvede a fargli un’iniezione letale. Casi che stanno del tutto al di fuori della relazione medica, della legge sulla sedazione, del mondo eutanasico”. “Chi lo sa se presentandosi la questione non sotto forma di quesito referendario ma di questione di legittimità costituzionale del 579 com’è, non sarebbe possibile trattarlo come abbiamo trattato il 580 sul suicidio assistito. Non lo so – aggiunge - ma certo questa corte il suicidio assistito a determinate condizioni lo ha depenalizzato. Leggere che chi ha preso questa decisione non conosce la sofferenza mi ha ferito e ha ferito tutti noi”. “A questo punto qualcuno ha scritto, secondo me giustamente, se la veda un po’ il Parlamento questo problema già che c’è” sottolinea il presidente della Consulta, che poi spiega: “I temi valoriali sono i più importanti e sono quelli che dividono la nostra società. Il nostro Parlamento sarà che è troppo occupato dalle questioni economiche ma forse non dedica abbastanza tempo a cercare di trovare le soluzioni. I parlamentari lavorano ma hanno grosse difficoltà a mettersi d’accordo su questi temi. È fondamentale che in Parlamento capiscano che se questi escono dal loro ordine del giorno possono alimentare dissensi corrosivi della coesione sociale”. “Cnque quesiti sui Referendum Giustizia sono stati ritenuti ammissibili. Saranno gli italiani, in primavera, a poter votare dei referendum che costituiscono la prima grande e unica Riforma della Giustizia attesa da decenni. È una vittoria per la democrazia, è una vittoria per l’Italia. State con noi!" ha scritto sui social il leader della Lega Matteo Salvini, mentre la galassia radicale deve digerire (dopo quella sull’eutanasia) anche la bocciatura del referendum sulle sostanze stupefacenti: "Con questa nuova fumata nera sono state bruciate quasi 2 milioni di firme raccolte per i referendum eutanasia e cannabis. Si tratta di sentenze politiche che cancellano la più grande mobilitazione popolare della storia recente. È un brutto giorno per la democrazia nel nostro Paese": così in una nota Massimiliano Iervolino, Giulia Crivellini e Igor Boni, segretario, tesoriera e presidente di Radicali Italiani. “È un colpo durissimo non tanto per noi promotori del referendum o per le centinaia di migliaia di persone che si sono mobilitate per firmare e sostenerlo, ma per la democrazia in questo Paese. L’inammissibilità del referendum cannabis dopo quella su Eutanasia equivale ad affermare, per dirla con le parole del Presidente Amato, che la Corte il ‘pelo nell’uovo’ l’ha cercato e lo ha anche trovato” afferma invece il deputato Riccardo Magi, presidente di Più Europa e tra i promotori del referendum cannabis. A questo link è possibile scaricare la foto: https://www.9colonne.it/adon.pl?act=Attachment&id=29934a0f058be6f1541e1c12a3984dd6&key=original