di PASQUALE HAMEL (foto accanto) - Un dibattito sulle questLo sciopero dei magistrati contro la riforma che il parlamento ha appena avviato è stato un flop.. Meno della metà dei magistrati iscritti al sindacato ha aderito . Il 38 per cento a Roma. Il 39 a Milano.Si sono associati in larga misura i giovani. Hanno voltato le spalle gli anziani.
Si discute di quanto questo flop sia condizionato dai contenuti della riforma ( molto tenui e sfumati per i più). Ma credo che dietro questo flop c’è un cambiamento profondo forte. Quella maggioranza silenziosa che si è saputo che esisteva e si adeguava alle pressioni di minoranze radicali e militanti, ora si dissoccia , vuol prendere altre strade, capisce che un nuovo rapporto tra magistratura e istituzioni è necessario. Che , in poche parole , da uno squilibrio che ha visto fin ora dominare la prima sulle seconde bisogna passare a un equilibrio. Se son rose fioriranno, è il caso di dire. “Caro Giovanni, il problema della giustizia continua ad essere all’ordine del giorno ma, o per pavidità o per faziosità, quanti fanno opinione cercano di sminuirne l’impatto sociale. Eppure, un Paese come il nostro, che soffre di pesanti gap culturali a cominciare da certe prevenzioni ereditate da un passato dominato dalle passioni ideologiche, ha urgente bisogno di una giustizia efficiente e libera da condizionamenti. Una giustizia che deve guardare con orrore il giacobinismo giustizialista e mantenere fermo il principio della terzietà rispetto ai fatti che, sia chiaro, vanno sempre esaminati per quello che sono e non in rapporto a chi ne sia l’autore. Una giustizia che non diventi spettacolo, penoso spettacolo, come troppo spesso accade. Una giustizia che nel suo agire abbia come stella polare la nostra carta costituzionale che, come sappiamo, è informata al principio della presunzione di innocenza e al rispetto della dignità dell’imputato. Venire a conoscenza che, nel nostro Paese, ogni giorno tre innocenti sono associati alle patrie galere, fa rabbrividire e non fa certo onore a chi esercita questa alta funzione. Di questo dobbiamo tutti renderci conto, non possiamo infatti rassegnarci e passivamente accettare quanto, invece, non è accettabile. Ecco perché i quesiti referendari vanno giudicati per quello che sono e non in rapporto a chi li ha promossi. Quei quesiti, vista l’evidente debolezza della politica, sono lo strumento utile per finalmente smuovere le acque, l’unico mezzo che noi cittadini abbiamo a disposizione per restituire alla giustizia la dignità della sua funzione. Sprecare quest’occasione, magari per modesti fini di parte, è quanto di peggio si possa immaginare “