DI Agostino Spataro (foto accanto) - Articolo di Agostino Spataro Perché si tace sul ruolo dell’on. Giovanni Antonio Colonna, duca di Cesarò e barone di Ioppolo Giancaxio?
(foto:Mussolini con la ferita al naso/ Scheda di Violet Gibson, ministero Interno; on. Giovanni Antonio Colonna)
1… Nel racconto, anche cinematografico, dell’attentato a Benito Mussolini del 7 aprile 1926, a Roma, da parte di Violet Gibson, nobildonna inglese di origini irlandesi, persistono grosse lacune soprattutto su chi ha coadiuvato con l’attentatrice in quella sparatoria che colpì al naso il duce del fascismo. In genere, più che la verità viene data una “mezza verità”, poiché é assunta come vera la versione – a suo tempo concordata fra il regime fascista e il governo di sua Maestà britannica- secondo la quale la signora Gibson, figlia del cancelliere del Regno, compì in solitario l’attentato in preda a una crisi di nervi, di paranoia, di pura follia. Tale versione conveniva a tanti, soprattutto ai due governi che, di fronte a un’altra verità, avrebbero dovuto dare spiegazioni più convincenti. Dopo circa un anno di visite specialistiche, di minacciosi interrogatori degli organi inquirenti, la Gibson ammise la responsabilità dell’attentato, chiamando in causa altri (di cui diremo), per poi ritrattarle davanti al tribunale speciale fascista che la dichiarò pazza. Pazza col bollo giudiziario. E così, perdonata dal Duce e assolta dai giudici, fu ristretta in un manicomio prima a Roma e poi in Inghilterra, dove restò segregata per circa trent’anni (mori nel 1956), essendole stati negati i permessi da lei richiesti. Anche a guerra finita e con il regime fascista sconfitto, si temeva che potesse palesare la sua verità. Fu lasciata marcire e morire in manicomio, non tanto per la sua pazzia quanto per la sua pericolosità politica! Perché? Una domanda atroce alla quale qualcuno avrebbe il dovere di rispondere in sede politica e storica. Eppure si trattò di un attentato importante contro Mussolini (quell’anno ne subì ben quattro) da cui si salvò per “miracolo”. Nel caso fosse andato a segno avrebbe cambiato il corso politico italiano ed europeo; forse avrebbe evitato una lunga e brutale dittatura all’Italia e una terribile nuova guerra mondiale. Troppo importante, e misterioso, per essere liquidato con un film o con qualche articolo- a mio parere- assai accomodanti. Con una mezza verità, per l’appunto.
2…In particolare non si fa riferimento ad altre responsabilità affiorate nel corso delle indagini e relative ad alcune personalità antifasciste italiane (qualcuno addirittura sospettato come possibile mandante dell’attentato) coinvolte nelle indagini e che avrebbero avuto buoni motivi politici (e forse anche personali) per fare uccidere Benito Mussolini. Mi riferisco, in particolare, all’on. Giovanni Antonio Colonna, duca di Cesarò e barone di Ioppolo Giancaxio (Agrigento), della cui storia politica, più volte, mi sono occupato sia per il suo importante ruolo politico, parlamentare e di governo (fu capo del partito della “Democrazia Sociale”, ministro (non fascista) nel primo dicastero Mussolini e, dopo la barbara uccisione di Giacomo Matteotti, anche attivo protagonista della secessione dell’Aventino ) e sia perché- se permettete- barone del mio comune di nascita e di residenza. Stando alle prime dichiarazioni della Gibson, il duca le fornì assistenza logistica e una rivoltella per attuare il piano omicida sulle scale del Campidoglio, all’uscita di Mussolini dal congresso di chirurgia. Addirittura, taluni storici sostengono che il duca fu visto accanto all’attentatrice nel momento dello sparo. Presenza che parrebbe confermata da una foto (inviata dall’America del Sud – Brasile ) depositata presso gli archivi italiani) nella quale si vedono chiaramente il Duce di spalle con di fronte la Gibson e una persona (con il volto “scancellato” intenzionalmente reso irriconoscibile) somigliante alla fattezze fisiche del Colonna.
3… Una “storia” intricata, misteriosa, lunga già da me trattata in vari scritti di cui propongo un passaggio. “Come nota Michele Beraldo (3) dalle indagini e dagli interrogatori venne fuori che la Gibson per por¬tare a termine il suo progetto era stata appoggiata da “qualcuno” in Ita¬lia e a Roma in particolare. L’attentatrice dichiarò a verbale che era stata aiutata e indirizzata sull’obiettivo da membri della “Società Teosofica Indipendente” e, in particolare, dal duca Giovanni Antonio Colonna di Cesarò… La Gibson dichiarò di conoscere da tempo il duca nell’ambito delle frequentazioni della società teosofica a livello europeo e che venne a Roma su richiesta del leader della Democrazia Sociale, il quale prov¬vide ad alloggiarla in un albergo in via Gregoriana, di fronte alla pro¬pria abitazione, e a fornirle la pistola per l’attentato al Duce. Il Colonna, sottoposto a diversi interrogatori, negò ogni responsabilità in ordine all’attentato anche se ammise di avere conosciuto la Gibson a Monaco di Baviera, (nel 1912), durante gli incontri europei della società teosofica. Secondo la polizia nel corso di una perquisizione in casa del Di Cesarò furono trovati documenti che comprovavano l’esistenza di un complotto di tendenza monarchica per rovesciare il regime. Si disse anche che nello stesso periodo il Colonna, vista anche la deludente conclusione della secessione aventiniana, avesse sostenuto, parlando con il principe Pietro Ercolani, che l’unico mezzo rimasto per ristabilire la democrazia in Italia era l’assassinio di Mussolini. Vi erano diversi elementi a carico del leader di Democrazia Sociale, il quale, come già detto, negò risolutamente ogni addebito. L’istruttoria si bloccò anche a seguito della ritrattazione che Violet Gibson fece a proposito del coinvolgimento del duca di Cesarò. La donna fu considerata “malata di mente” e rinchiusa in un ospedale psichiatrico. Politicamente, al fascismo faceva più comodo avvalorare la tesi della “pazzia” che quella dell’attentato politico che presupponeva una certa organizzazione antifascista...”
4… La mia ricerca (tuttora in corso) ha acquisito altri materiali e notizie che rafforzano i legami fra la Gibson e il duca Giovanni Antonio Colonna, esponente di spicco delle società teosofica italiana, il quale insieme alla madre Emmelina Sonnino (sorella del più celebre Sydney, grande giornalista, due volte Capo del governo italiano), crearono nella loro casa di via Gregoriana un qualificato sodalizio di ferventi seguaci delle teorie di Rudolf Steiner le cui opere furono tradotte in Italia proprio dalla signora Emmelina. Dopo la vicenda del fallito attentato, il duca abbandonò ogni attività politica (anche perché vietata dalle leggi della dittatura fascista) per dedicarsi agli studi antroposofici e filosofici e anche ai… suoi feudi di Ioppolo Giancaxio da cui traeva le risorse finanziarie per mantenere un certo livello di vita a Roma. Insomma, senza voler essere irriguardoso, ho costatato- da uno studio delle carte amministrative della “segrezia” del castello di Ioppolo – che la “lista delle spese” del barone la pagavano, con il loro sudore e subendo le angherie dei campieri, i coloni e i miseri braccianti del luogo. Concludo ricordando un incontro (nel 1996, nella casa di via Gregoriana) con la figlia del duca, duchessa Simonetta Colonna Romano, rinomata creatrice di moda, la quale mi confermò che il padre fu sottoposto a una rigida e assidua sorveglianza della polizia politica fascista, anche nelle sue attività private, familiari. Mi raccontò di un viaggio a Venezia e di una traversata del Canal Grande con “due gondole”: una per il duca e le sue bambine e un’altra per i suoi segugi. Il Colonna sarà sottoposto a tale rigido regime fino alla sua morte avvenuta nel 1940. Volle essere seppellito a Ioppolo Giancaxio, nella cripta del loro castello, insieme al padre (Gabriele, membro dello stato maggiore di Garibaldi ad Aspromonte e deputato della Sinistra crispina) e agli altri suoi illustri antenati.
Giovanni Antonio Colonna