ROMA – In occasione della Giornata Internazionale contro la Corruzione, si è tenuto alla Farnesina l’incontro “La diplomazia Giuridica al servizio della Pace e della Sicurezza Internazionale: l’impegno dell’Italia nel contrasto alla corruzione”. L’incontro, che ha aperto i “Global Days” della Farnesina

(una serie di iniziative incentrate su temi di interesse internazionale per condividere conoscenze e buone pratiche), è stato organizzato dal Ministero degli Esteri in collaborazione con il Ministero dell’Interno e il Ministero della Giustizia. Nell’introduzione, Ettore Francesco Sequi, Segretario Generale del Maeci, ha ribadito l’importanza dei Global Days perché sono “un’occasione di dialogo aperta” tra la società civile, il mondo accademico e quello imprenditoriale, su grandi temi internazionali. Dopo la visione di un cortometraggio prodotto dal Programma Falcone e Borsellino, iniziativa di assistenza internazionale promossa dalla Farnesina in materia di giustizia e sicurezza, coordinata dalla direzione generale per la mondializzazione delle questioni globali ed eseguita dall’IILA a in favore dei paesi latino-americani caraibici, ha preso la parola Matteo Piantedosi, Ministro dell’Interno. Piantedosi ha posto il focus sull’intimo intreccio esistente tra la corruzione e la criminalità organizzata, “due aspetti di uno stesso fenomeno”. “Lo schema classico che ruota intorno ai temi della grande criminalità organizzata e che poi proietta l’ombra su tutti gli altri aspetti di natura criminale, vede la necessità delle grandi organizzazioni criminali di avere dei meccanismi di reimpiego e di riciclaggio degli enormi ricavi, provenienti soprattutto dal traffico internazionale della droga. E’ chiaro che il riciclaggio si regga qualora esista la possibilità di corrompere sia negli ambiti istituzionali pubblici sia nei soggetti privati… La criminalità organizzata ha sostituito quindi con la corruzione l’intimidazione e la violenza”. Il ministro ha anche parlato della necessità di tutelare dalla corruzione le grandi risorse messe a disposizione dal PNRR. Un’azione di prevenzione e contrasto su cui l’Italia può mettere a disposizione il proprio know-how, un aspetto che è “oggetto di interlocuzione con i partner internazionali”. Piantedosi ha poi illustrato alcuni esempi su come l’Italia abbia risposto al fenomeno della corruzione: “E’ stato dato avvio ad un sistema di monitoraggio dell’economia nazionale; è stato istituito presso il dipartimento della pubblica sicurezza un organismo permanente mutuato anche a livello europeo; è stato creato il Working Group Covid-19 insieme a Europol. Abbiamo come normativa e prassi nazionale il sistema delle cosiddette Interdettive Antimafia; un sistema antiriciclaggio italiano, con collaborazioni tra autorità pubbliche e privati; le Amministrazioni pubbliche inoltre hanno sviluppato gli anticorpi; ed abbiamo un sistema di integrità per le cariche pubbliche elettive”. Il Ministro ha anche ribadito l’interdipendenza e la proiezione internazionale dell’architettura italiana nella lotta alla corruzione. Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, prendendo spunto dalla sua esperienza diretta del fenomeno da pubblico ministero, ha sottolineato come il proliferare delle leggi contro la corruzione non possa risolvere il problema. “La conclusione a cui sono arrivato è che sia inutile cercare di intimidire il potenziale corrotto: non verrà mai intimidito dal numero delle leggi e dall’asprezza delle pene perché sarà sempre convinto di farla franca e non essere individuato e perseguito. Quello che occorre fare non è spaventare, bensì disarmare”. “Più leggi si sfornano contro la corruzione – ha continuato Nordio- più vi è confusione nella individuazione delle competenze e nelle procedure… La soluzione quindi è in una delegiferazione rapida e radicale: occorre ridurre le nostre leggi, individuare bene le competenze e semplificare le procedure permettendo al cittadino di bussare ad una sola porta e invocare leggi chiare”. In questo modo, ha continuato il Ministro, il corruttore rimarrà senza armi. Nel corso del dibattito il Nordio ha anche illustrato i passi necessari per una delegificazione funzionale alla lotta per la corruzione: “Uno dei paradossi del nostro sistema è che abbiamo una serie di norme in contrasto tra di loro, per cui ottomperandone una, ne violi necessariamente un’altra di cui il legislatore non aveva conoscenza. Questo vale soprattutto nel diritto tributario, ma vale un po’ ovunque. Il reato di corruzione è un reato che si consuma nell’ombra, non lascia tracce ed avviene senza testimoni. Avviene essenzialmente tra due persone, il corruttore e il corrotto: entrambi oggi sono punibili per il reato di corruzione e quindi entrambi hanno interesse a tacere. Bisognerebbe invece interrompere questa convergenza di interessi: bisognerebbe far sì che, per esempio, chi ha pagato fosse indotto a collaborare attraverso una profonda revisione dello stesso reato di corruzione”. Nel suo intervento Antonio Tajani, Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ha parlato dell’importanza in questo settore del lavoro di squadra da parte del governo e della centralità dell’informazione e dell’educazione nella lotta al fenomeno della corruzione. “La nostra presenza qui dimostra che intendiamo lavorare in sinergia. La forza di un governo consiste proprio in questo, nell’unità di intenti per perseguire gli obiettivi più importanti. La prima cosa da fare in Italia e nel mondo è parlare di corruzione e di onestà, perché l’aspetto culturale non è secondario”. Ricollegandosi al discorso del Ministro Nordio, Tajani ha ribadito l’importanza di ridurre l’impianto della burocrazia. “Ridurre la macchina burocratica: i timbri, le autorizzazioni e i permessi necessari. Questo significa mettere il potenziale corruttore e il potenziale corrotto nella condizione di non agire”. Tajani ha poi continuato affermando la centralità del lavoro contro la corruzione internazionale coordinato tra i vari paesi e le varie organizzazioni, nel quale l’Italia può dare il proprio contributo. “Quando l’Unione Europea chiede ai paesi che intendono entrare parte, di avere delle regole, dei comportamenti che impediscano la corruzione, adempie ad un dovere anche morale. La lotta alla corruzione allora diventa un simbolo dell’Unione Europea. Noi lavoriamo intensamente anche attraverso le strutture che sono all’interno di questo ministero e all’interno di ogni ambasciata: infatti ci sono rappresentanti delle forze dell’ordine e del ministero della giustizia che collaborano con i paesi dove è presente la nostra ambasciata per combattere insieme al paese ospitante la corruzione portando le nostre migliori pratiche”. Successivamente Tajani ha sottolineato come la Farnesina sia già attiva dal punto di vista operativo per arginare il fenomeno della corruzione. “ Intendiamo allargare questa esperienza in Africa ed in Asia e mettere a disposizione degli altri paesi il nostro saper fare. Lavoreremo anche in stretta collaborazione con l’OCSE che ci chiede una sempre maggior cooperazione internazionale. Vogliamo rafforzare il nostro contributo nel consolidamento dello stato di diritto a livello globale all’interno di una politica europea perché la lotta alla corruzione la si fa con grande unità, avendo gli stessi intenti, fissando le stesse regole e abbattendo gli stessi muri burocratici. Più ostacoli ci sono, più corruzione c’è e questo credo, lo vediamo anche con gli amici di altri paesi che cercano anche loro di togliere tutti questi ostacoli”. Il videomessaggio di Mathias Cormann, Segretario Generale OCSE, ha chiuso la prima sessione degli interventi istituzionali. “La percezione dei cittadini sull’integrità del settore pubblico – ha affermato Cormann – costituisce una sfida. L’OCSE e l’Italia, all’interno dell’OCSE sostiene gli sforzi internazionali per combattere la corruzione per promuovere l’integrità in due aree molto importanti. Anzitutto noi vogliamo combattere la corruzione internazionale e la concorrenza sleale. La convenzione contro la corruzione internazionale negli uffici pubblici e nelle transazioni internazionali è il solo strumento internazionale che si focalizza sulla parte a monte della corruzione” Cormann ha continuato affermando come l’Italia, in qualità di partner di lunga data della Convenzione, abbia fatto notevoli progressi, ammodernando anche i propri strumenti contro la corruzione. Si è poi svolto un secondo dibattito sul tema “Il modello italiano di contrasto alla corruzione: sfide e risultati”, Lamberto Giannini, Capo della Polizia e Direttore Generale della Pubblica Sicurezza ha posto l’attenzione sui reati nascosti, evidenziando al contempo la necessità di una collaborazione a livello internazionale. “A noi non sfugge che esista una forbice tra i dati sui reati e quanto accade realmente. I dati sulla corruzione appaiono tranquillizzanti, però è necessario far emergere il sommerso: monitorare improvvisi arricchimenti e crescite patrimoniali; avere una maggiore attenzione agli appalti e ai bandi pubblici”. Il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Teo Luzi ha rilevato come l’Arma, che al suo interno ha rigidi provvedimenti formativi e amministrativi per prevenire questo fenomeno, sul versante esterno operi in maniera preventiva, tessendo relazioni con istituzioni direttamente o indirettamente interessate alla fenomenologia della corruzione e in maniera repressiva, con appositi corsi specifici sulle tecniche investigative. Un know-how che l’Italia esporta a livello mondiale, attraverso forme di cooperazione internazionale. Da segnalare anche l’intervento di Giuseppe Zafarana, Comandante Generale della Guardia di Finanza, il quale ha sottolineato come le tre macro-aree di intervento del corpo, entrate, spesa pubblica e tutela del mercato siano interconnesse. “Per questo il corpo ha poi disegnato la propria struttura organizzativa nell’ottica di coprire tutti e tre questi segmenti della missione istituzionale ed nell’ottica di un’azione più possibilmente efficace contro la corruzione”. In particolare il nucleo speciale anti-corruzione, principale interlocutore dell’Anac. Giovanni Melillo, Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, ha parlato della trasformazione dei metodi utilizzati dalle organizzazioni criminali, che si adeguano alla modernità nella quale ci troviamo. “La Corruzione e la frode sono i linguaggi delle organizzazioni criminali ed è questo essenzialmente il profilo di pericolosità alle quali vanno fatte convergere tutte le attività investigative”. Le conclusioni sono state poi affidate a Vincenza Lomonaco, Direttore Generale per la mondializzazione e le questioni globali del Maeci: “Il messaggio centrale dell’evento che voglio raccogliere è indirizzato ai giovani che sono i protagonisti del futuro del mondo. Devono essere maggiormente coinvolti, ascoltati, tutelati, su temi come questo, perché è un fatto culturale. Ai giovani bisogna rivolgere la nostra attenzione”. (Alessio Mirtini – Inform)