Salvatore Bonura - 5 maggio 2023 - Buona sera e ben ritrovati nella rubrica di Hashtag Sicilia “Comu veni si cunta“. Come sempre tante sono le questioni che meriterebbero di essere approfondite, ma siccome non possiamo parlare di tutto questa sera vi parlerò della congruità delle retribuzioni e della mancanza di forza lavoro in Italia.

 

Un tema, quello della congruità degli stipendi nel nostro Paese, che è un problema antico: pensate, se ne parla da vent’anni! Questo perché gli stipendi da tempo sono bloccati su livelli che riducono troppo il potere d’acquisto delle famiglie, e penalizzano i giovani in età da lavoro; che fanno sempre più fatica a fare progetti di vita, anche i più elementari, da quelli delle abitazioni a quelli dell’indipendenza, fino a quelli connessi alla possibilità di crearsi una famiglia. L’inflazione registrata nell’ultimo anno – che non si è fermata, ma al contrario è tornata a crescere attestandosi ad aprile all’ 8,3% -, ha peggiorato ulteriormente la situazione. Il paragone, o forse è meglio dire il confronto, con gli stipendi offerti per gli stessi tipi di lavoro dai Paesi europei nostri concorrenti ha fatto il resto. Basti pensare che un giovane neolaureato italiano che decide di restare nel Bel paese guadagna la metà, certe volte un terzo, di quanto guadagna al di là delle Alpi. Questa disparità, che non è assolutamente giustificata dalla differenza del costo della vita tra l’Italia e gli altri Paesi, favorisce o addirittura obbliga la fuga dei nostri cervelli, per la cui formazione – vale la pena ricordarlo – lo Stato e le famiglie spendono una barca di soldi. Ma da cosa dipende questa situazione? Quest’ordine delle cose, ci dicono gli esperti, dipende da tanti fattori: dalla bassa produttività delle nostre aziende, alla dimensione delle imprese, e dalla scarsa formazione. Personalmente, pur non sottovalutando queste questioni, penso che dipenda prevalentemente da altre due cose: 1) Ai tempi della lira la concorrenza internazionale si affrontava con la svalutazione della moneta, mentre con l’avvento dell’euro si tende a risolvere questo problema cercando di contenere i costi delle aziende, consentendo loro di dare paghe assolutamente inadeguate. 2) la seconda questione consiste nel crescente costo della vita. Per cui, se penso ad alcuni fenomeni, come ad esempio la mancanza di lavoratori – stimata secondo alcuni analisti in 250 mila e secondo altri addirittura a 1 milione (nel turismo mancherebbero 560 mila addetti) -, mi convinco che il problema dell’adeguatezza delle retribuzioni nel futuro è destinato a “risolversi“ creando altre vittime, sia tra i lavoratori che nel mondo delle imprese. Questo perché si può determinare una situazione in cui le imprese che potranno pagare di più troveranno ì lavoratori (anche se questo comporterà una riduzione della propria forza lavoro), e quelle che, invece, non potranno permettersi di pagarli di più chiuderanno o emigreranno in quei paesi dove il costo del lavoro è più basso. Quindi da qui a non molto il sistema delle imprese e il mondo del lavoro si potrebbero trovare davanti a conseguenze devastanti. Che fare allora per garantire livelli di retribuzioni adeguate e in linea con quelli degli altri Paesi europei nostri concorrenti, e per far fronte alla crescente offerta di lavoro (aspetto questo che visto dal Sud sembra davvero paradossale)? Questi problemi il governo presieduto dall’onorevole Giorgia Meloni pensa di affrontarli intervenendo sul cuneo fiscale, alleggerendo la tassazione sulla tredicesima e promuovendo misure a favore della natalità. Poiché non intendo entrare nello scontro tra governo e opposizioni sul decreto legge Lavoro approvato il primo maggio dal Consiglio dei ministri, dico solo che l’intervento sul cuneo fiscale – che non è un vero e proprio taglio, bensì un bonus non diverso dai bonus del governo Draghi pari a 350 euro; qui siamo a 500-600 euro, 300 euro circa al netto della tassazione Irpef, fino a dicembre2023 – agisce sugli stipendi di chi è già occupato, e non sulle retribuzioni future dei nuovi occupati. Un intervento che personalmente non sottovaluto, perché rappresenta comunque un aiuto concreto ai lavoratori, che però non risolve la questione della congruità delle retribuzioni. Non sottovaluto neppure la volontà di promuovere una nuova politica per favorire la natalità, espressa a più riprese dalla presidente Meloni. Iniziativa anche questa apprezzabile, ma nell’immediato non esaustiva del problema della mancanza di lavoratori. Perché è difficile pensare che gli effetti positivi dell’inversione di tendenza demografica si possono misurare prima di una generazione, vale a dire prima di 25-30 anni, mentre il problema della mancanza di lavoratori è una questione pressante che richiede risposte immediate e urgenti. Che fare dunque di fronte a questi problemi? Scopriamolo insieme questa sera! Vi diamo appuntamento alle ore 20.00 con la nostra prima visione, trasmessa sulla nostra pagina Facebook, sul nostro canale Youtube, e sui nostri altri canali social. Non mancate!