Come sempre sono tante le questioni delle quali si potrebbe e dovrebbe parlare: dalla proposta della Lega di dare stipendi più alti al Nord, a partire dai professori; alla bocciatura al Senato della proroga del Superbonus dei condomini, nonostante la frenata che già si registra su questo versante porterà nel 2024 ad un crollo degli investimenti in edilizia dell’8,5 per cento.
Considerato che non si può parlare di tutto, questa sera vi parlerò di due questioni: della classifica annuale sulla qualità della vita nelle province italiane e del rapporto “Pisa”, la ricerca comparativa svolta periodicamente dall’OCSE, per certificare le competenze degli studenti di 15 anni. Partiamo dal primo argomento. Qualche giorno fa, come ogni anno, il Sole 24 ore ha pubblicato la classifica sulla qualità della vita nelle province italiane. Leggendo questa classifica, che ha suscitato polemiche roventi in qualche settore dell’opinione pubblica, viene fuori una Penisola spaccata in due: le prime della classe stanno al Nord, le ultime stanno al Sud. Relativamente alla Sicilia – ad eccezione di Enna che guadagna una posizione – tutte le altre province arretrano ulteriormente, compresa Catania, che si classifica al novantaduesimo posto perdendo una posizione rispetto all’anno scorso. Essere inchiodati agli ultimi posti di questa particolare classifica non fa certamente piacere, ma non può meravigliare, specialmente se si pensa alla questione della sicurezza, al degrado di tanti quartieri, alla manutenzione delle strade, ai trasporti, alla raccolta dei rifiuti (che nelle città continua ad essere un buco nero), ai pochi sbocchi lavorativi, ai servizi, alle condizioni delle donne, che faticano più degli uomini a trovare lavoro e che sono costrette ad accontentarsi di stipendi che gridano vendetta. Tanti commentatori in questi giorni hanno sostenuto, con qualche ragione, che i parametri sulla base dei quali viene stilata questa classifica sono molto discutibili perché tengono conto solo della qualità del lavoro, dell’occupazione, della produzione della ricchezza, della sicurezza e non prendono in considerazione la qualità dell’aria, il sole, il mare, l’offerta culturale, lo stesso cibo, che qui rappresenta una nota positiva: infatti da noi, ancora oggi, si mangiano eccellenze culinarie a prezzi modici. Non si può negare però che in Sicilia si continua a vivere sempre peggio rispetto al resto del Paese, anche se in compenso, pure questo è innegabile, noi abbiamo l’Etna, il mare, tante oasi naturalistiche, parecchi siti archeologici, monumenti; insomma, tutte cose di impareggiabile bellezza. Il guaio è, sostiene qualcuno (ed io sono tra questi), che non facciamo nulla o facciamo troppo poco per valorizzare queste qualità, questo patrimonio che, nonostante tutto continua ad attrarre visitatori e turisti da tutto il mondo e che potrebbe rappresentare un ulteriore valore aggiunto. Venendo adesso all’altra questione sulla quale mi ero prima impegnato di parlarvi, vale a dire del rapporto Pisa – che preciso non ci azzecca niente con la città toscana poiché Pisa è l’acronimo di Programma for International Student Assessment -, si scopre che l’Italia è in linea con la media internazionale (471 punti contro 472). Scavando però nell’indagine promossa dall’OCSE – che ha coinvolto 347 scuole, 10.552 studenti e circa 9.000 genitori -, si scopre anche che il 70 per cento degli studenti raggiunge o supera il livello base di competenza. Solo però che il nord-ovest e il nord-est del Paese si attestano su una percentuale del 82 per cento, mentre il Sud si ferma al 54 per cento. L’indagine ci dice anche che i nostri ragazzi continuano a perdere terreno in matematica, migliorano in scienze e sono stazionari nella lettura. Il loro unico punto di forza è il pensiero critico. Ne consegue che occorre investire nelle competenze di base, nella formazione specifica del personale scolastico e nel superamento del modello della didattica trasmissiva, che ormai rappresenta un residuato bellico del passato. Occorre superare da subito il nostro sistema educativo per contrastare meglio la dispersione scolastica e i diversi apprendimenti, per formare persone in grado di realizzarsi e di acquisire competenze adeguate al mercato del lavoro. Che fare dunque, più in generale e specificatamente per azzerare questi divari o quantomeno per ridurli, e per fare in modo che il Mezzogiorno diventi una grande opportunità per l’intero Paese? Lo scopriremo insieme questa sera! (FINTE: HASHTAG SICILIA)