Analisi del divario delle retribuzioni tra Mezzogiorno e resto d’Italia, che il governo vorrebbe ora legalizzare con l’autonomia differenziata Simona Ciaramitaro - 5 marzo 2024 -
GABBIE SALARIALI MEZZOGIORNO DISUGUAGLIANZE La Lega, insieme a Forza Italia e Fratelli d’Italia, lo scorso dicembre ha convinto la maggioranza a procedere con un ordine del giorno e un disegno di legge per ritornare alle gabbie salariali, quelle che furono in vigore tra il 1954 e il 1969
e che differenziano le retribuzioni dei dipendenti pubblici e privati in base al costo della vita. Uno strumento che, alla luce della ricerca fatta dalla Cgil con l’ufficio studi della Fisac sulle differenze territoriali del trattamento economico dei lavoratori, non sarebbe nemmeno necessario, se si volesse sancire in modo definitivo e strutturale le disuguaglianze tra Nord e Sud. Perché emerge l’imperituro gap tra il Mezzogiorno e il resto del Paese: gli operai del Centro-Nord hanno una retribuzione media lorda di 17.500 euro contro i 12.900 del Sud, 4.600 euro all’anno in meno per vivere. Divario che si accentua per le altre categorie professionali, vale a dire 6.600 euro per gli impiegati (66.300 contro 59.700), 7.900 per i quadri (66.300 contro 58.400), 47mila per i dirigenti (più di 148mila contro 101mila), 2.500 per gli apprendisti (12.900 contro 10.400). Le differenze si scorgono anche andando ad analizzare i dati dei diversi settori. In quello manifatturiero la differenza di salario è di 7.500 euro l’anno, alloggio e ristorazione 2.300, per bancario e assicurativo è di 7.500 euro per gli operai e 60.000 per i dirigenti. Assenza di centri decisionali e poli specialistici, quelli che impiegano personale maggiormente qualificato, è la principale causa delle suddette differenze, secondo quanto afferma il sindacato. D’altro canto la Cgil ricorda però che al Sud abbiamo la presenza di due dei grandi distretti italiani dell’aerospazio, i tre rimi grandi impianti industriali di Stellantis, 15 distretti ad alto tasso di export dell’agroalimentare. Il grosso vulnus sta nelle infrastrutture e in particolare nella rete di trasporti, principalmente su ferro e per mare, e per le quali il governo continua a non fare i necessari investimenti, nemmeno a fronte dei fondi che provengono dal Piano di ripresa e resilienza. (FONTE: Collettiva)