Dopo i tagli alla rivalutazione decisi per il 2023 e il 2024, ora tocca anche ai residenti fuori dal Paese: per l’esecutivo la previdenza è solo un costo. Cgil, Inca e Spi lanciano una vertenza

Redazione 5 marzo 2025 - pensioniitaliani all'esterolegge di bilancioreferendum 2025 Il governo continua a fare cassa sulle pensioni pescando dove può. Questa volta tocca ai pensionati residenti all’estero.

Leggendo tra le pieghe della legge di bilancio, si scopre infatti che il comma 180 prevede che la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dalla legge 448/1998, non venga riconosciuta, appunto, ai pensionati residenti all’estero con trattamenti superiori al trattamento minimo Inps. Insomma, basta ricevere un assegno mensile anche appena superiore a 598,61 euro per non avere diritto alla rivalutazione. Nel caso in cui l’importo della pensione, con l’aumento della perequazione per il 2025, risulti superiore o inferiore al trattamento minimo, l’incremento non potrà comunque superare l’importo del trattamento minimo maggiorato.

UN ATTO DISCRIMINATORIO

Cgil, Inca e Spi parlano di un vero e proprio “atto discriminatorio” e per questo motivo hanno deciso di aprire una vertenza, che, si legge in una nota, “prevede anche un’azione legale per tutelare i diritti dei nostri concittadini all’estero”. Questo percorso si inserisce nel più ampio contenzioso già avviato contro i tagli alla rivalutazione delle pensioni decisi dal governo per il 2023 e il 2024, “confermando il nostro impegno nel contrastare politiche ingiuste che penalizzano lavoratrici, lavoratori e pensionati”. Tagli che, ricordiamo, non saranno più recuperabili e andranno a far sentire i loro effetti su future pensioni e liquidazioni. L’Inca, si legge nella nota,”avvierà, attraverso le proprie sedi all’estero, la campagna informativa e la raccolta dei dati necessari per le adesioni alla vertenza e si attiverà ad organizzare iniziative mirate, in coordinamento con la Cgil e con lo Spi, per raggiungere il maggior numero di pensionati, anche attraverso una forte collaborazione con le associazioni presenti nei diversi Paesi esteri”.

UNA LEGGE DI BILANCIO INIQUA

Un’azione, questa del governo, che rinforza il “giudizio assolutamente negativo sull’ultima legge di bilancio, ritenendola iniqua e insufficiente, poiché non risponde alle esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati e, più in generale, delle fasce più deboli della popolazione”. Nello specifico, si legge nella nota “le pensioni vengono trattate come un costo anziché un diritto maturato dopo anni di lavoro e contributi” e si nega “il valore del loro lavoro e delle tutele che dovrebbero essere garantite a livello internazionale. Ancora una volta, il governo interviene in modo arbitrario, colpendo i diritti, come già accaduto con altre misure anche nella stessa legge di bilancio”.

IL VALORE DEI REFERENDUM

Per Cgil, Spi e Inca questa vertenza rientra a pieno titolo nella campagna referendaria: “Il taglio delle pensioni all’estero è solo l’ennesimo esempio di un governo che viola i diritti sociali e costituzionali, restringendo le tutele e penalizzando lavoratori e pensionati. Per questo motivo, è fondamentale rafforzare la mobilitazione e collegare la lotta sulla perequazione con le ragioni del referendum”. Già in agenda i primi tre incontri internazionali organizzati per discutere del referendum e dell’importanza del voto all’estero: 11 marzo per Europa e Africa; 12 marzo per le Americhe e 13 marzo per Asia e Australia. (FONTE: Collettiva)