La Sicilia in passato è sempre stata un importante laboratorio politico, dove spesso alleanze e modelli di sperimentali di governo, hanno anche anticipato esperimenti che si sono trasferiti a Roma al governo nazionale. Quello che sta succedendo in questo momento all’Assemblea Regionale Siciliana, non solo mette in discussione il governo Schifani

, ma, qualora ce ne fosse bisogno, sottolinea marcatamente la decadenza della politica. Non si era verificato mai che una forza politica sedesse in Assemblea divisa in due gruppi l’un contro l’altro armato. Non ha nessuna attinenza o somiglianza con quello che successe nel lontano 1958, quando il DC Silvio Milazzo contestò la designazione di La Loggia a presidente della Regione e con i vori dei comunisti e del MSI venne eletto presidente della Regione Sicilia. Allora la DC procedette subito alla sua espulsione e lui fondo un nuovo partito: “l’Un ione Siciliana Cristiano Sociale” (USCS), destinato poi a scomparire. Come possiamo definire quello che succede oggi all’interno di Forza Italia? Una prova di forza tra Schifani e Miccichè, su che cosa? Sulla linea politica? Pare proprio di no. Non la si può definire nemmeno una scissione, visto che entrambi i gruppi fanno capo a due emeriti rappresentanti di quel partito: Schifani che ha una lunga militanza in FI e che ha rivestito cariche di grande prestigio. Una per tutti, presidente del senato che come tutti sappiamo è la seconda carica della Repubblica; Micciche che pur nella sua attuale posizione contestataria, continua ad essere il coordinatore di FI per la Sicilia. Il tutto nel più profondo silenzio del Cavaliere e del suo ultimo delfino ministro degli esteri. È pure vero che siamo nella terra di Pirandello ed in quella del gattopardo, ma la novità, che fino ad oggi non ha precedenti e che stranamente ad ora non registra nessuna posizione da parte dei vertici di FI, meriterebbe una qualche reazione, un qualche richiamo, una spiegazione che chiarisca che cosa è diventata FI che oggi è chiamata a reggere il governo della Sicilia. Chi rischia è il popolo siciliano, che vede un ulteriore degrado della politica siciliana con l’affacciarsi di nuovi soggetti politici, con una sinistra in crisi profonda, con un trasformismo che non ha eguali da nessuna parte. Chi rischia è la tenuta del governo, che dopo avere raccolto l’eredità negativa lasciata da Musumeci che per premio oggi è ministro della Repubblica, non ha ancora chiare le idee di come fare fronte alle osservazioni della Corte dei Conti, oltre ad avere dovuto fare buon viso a cattivo gioco alle imposizioni di FdI che ha insistito per avere ministri non eletti, come si era impegnato a non accettare Schifani. Come finirà questa particolare querelle al momento non è facile capire, non sappiamo se la sinistra uscirà dalle secche dove si è arenata, se il congresso del PD porterà delle novità apprezzabili, di come si muoverà l’opposizione che al momento rimane divisa ed incerta. Possiamo continuare a sperare che qualche cosa cambi o dobbiamo accettare l’assioma che cambia tutto per non cambiare niente? Salvatore Augello 05 dicembre 2022