La facci ca nun’è vista, è disiata.
La faccia non vista e più desiderata..
Ama a cu t’ama, rispunni a cu’ ti chiama.
Ama chi ti ama, rispondi a chi ti chiama.
E’ bona maritata, cu è senza sòggira e cugnata.
E’ ben sposata, la donna che non ha né suocera né cognata.
Cu si marita ‘nni lu so quartieri vivi ‘nni lu so bicchiri; cu si marita ‘nni la so cuntrata, vivi ‘nni la cannata.
Chi sposa nel suo quartiere, beve nel suo bicchiere; chi sposa nella sua contrada, beve nell’anfora.
La fimmina varbuta, nemmeno di luntanu si saluta.
Donna barbuta, non salutarla neppure da lontano.
C’ERA UNA VOLTA
Quello dell’arrotino, è un mestiere che ancora oggi, seppure riveduto e corretto, si usa ancora. Spesso capita di sentire da dentro la propria casa il grido: “l’arrotino! Ammola forbici e coltelli”. Oggi gridato in italiano e non più dalla carrettino o dalla bicicletta attrezzata per fare girare la mola, ma magari da una macchina o da un motorino, che rendono il mestiere più agevole. E’ questo un mestiere che consentiva e consente tutt’ora di fare manutenzione agli attrezzi da taglio come i coltelli le forbici ecc. riportandoli nelle condizioni di essere utilizzati per la funzione per la quale sono stati costruiti.
L'AMMOLACUTEDDRA(l'arrotino) che con la sua bicicletta particolare fornita di mola ad acqua si fermava nei quartieri popolari per arrotare coltelli e forbici. Spesso a questa attività allegava anche la riparazione di paracqua (parapioggia e ombrelli).