OMUDI PANZA.

Moltigiornalisti e scrittori, specialmente dell'Italia settentrionale, hanno versatofiumi d’inchiostro, anche a sproposito, su omertà e mafia, accomunandola con tuttii Siciliani. Daautentico Siciliano, figlio di questa terra sempre oltraggiata,

desideroanch’io esprimere il mio giudizio strettamente personale, poiché sento la miapelle bruciare ingiustamente sotto questo marchio. Secondo me si dovrebbe fareuna netta distinzione fra omertà in senso lato, quella in senso mafioso, e “omudi panza”. L’unicofilo che tiene unite queste distinzioni è la sfiducia popolare verso le PubblicheIstituzioni, considerate da sempre i nemici del popolo. Secondo la concezione arcaica, il vocaboloOMERTA’ deriva da “OMU”. Unapersona che si sentiva e si comportava da “omu veru” parlava poco e mai di coseinutili; come persona seria non rideva mai. Quando voleva dare un consiglio adun amico o accusare una persona di qualcosa parlava con allusioni e discorsipiù o meno velati, che bisognava capire, facendo riferimento a casi similisuccessi o sentiti raccontare da terze persone assolutamente non nominate: “sidici lu piccatu, no’ lu piccaturi”; intanto, mentre parlava diceva fra sé: “Cuavi aricchi mi senti”. Inoltre aveva uncarattere forte, che sapeva mantenere un segreto; avendo ricevuto un’offesa oun danno da un’altra persona o se aveva visto o sentito qualcosa di illegale,non andava di sicuro a denunciare. Infine, sapeva risolvere le sue controversiecon le proprie forze, spesso con un duello rusticano, senza l’intervento dellagiustizia sociale. Costui, inoltre, sapeva tenere alto il senso dell’onoreverso le donne, i bambini, i vecchi e i feriti. Un vero siciliano, che si sentiva d’essere“omu”, portava in sé altissimo il sensodell’onore per la famiglia, per la sua donna e, principalmente, per la paroladata: preferiva morire, che venire meno alla sua parola. La parola data, secondola concezione arcaica, resta scritta col sangue nell’onore; pertanto vamantenuta a qualsiasi costo. Spesse volte i contratti erano sigillati da unastretta di mano: “Cca la manu, l’affari è fattu”; seguiva immancabilmente unapromessa, seguita da: “Parola d’onuri”. Diversaè la concezione moderna mafiosa d’omertà, intesa a proteggere vicendevolmente imembri di un’organizzazione malavitosa, tacendo o mascherando gli indizi utilialla giustizia per individuare un colpevole; qui non esiste più il sensodell’onore, ed il fine principale è il profitto ricavato con tutti i mezziilleciti possibili. Si tratta di una realtà storica che sta a sé e che restalimitata a pochissime persone, anche se influisce negativamente su tuttal’economia e la rispettabilità dei Siciliani. Laconcezione popolare di “OMU DI PANZA”, vale a dire il non volere parlare difatti di una certa importanza e gravità, di cui si è a conoscenza, è una cosaistintiva, quasi innata in tutti noi Siciliani, facente parte, per come si diceoggi, del nostro DNA. Certamente non si tratta di un dono o di un castigo checi ha dato madre natura, ma certamente molte cause concrete e remote, checercherò di riportare qui di seguito, hanno contribuito a maturarequest’atavico comportamento. Conpoche possibilità di difesa o d’aiuti esterni, perché isolati nel Mediterraneo,per molti secoli siamo stati soggiogati da altri popoli; umiliati dallaprepotenza dei potenti e dagli organi di governo, terrorizzati dalla mafia,dalla delinquenza comune e dal banditismo. Inun passato non tanto lontano, una persona ferita in una rissa spesso nondenunciava il feritore, ma diceva fra sé: “si moru ti pirdunu, si camput’allampu” (da lampo, che uccide inesorabilmente). Secondola legge dell’onore chi riceveva un grave torto, uno sgarro, doveva vendicarsiuccidendo chi l’aveva offeso; un figlio, a cui avevano ucciso il padre, doveva uccidere a sua volta l’assassino. Era giustoin ogni caso chiedere il permesso al capo mafia del paese, (a modo suo personaonesta e giusta) o al massimo avvisarlo della sua decisione. A vendettaconclusa tutti in paese sarebbero stati con lui, compreso il “don”, el’avrebbero aiutato in tutto; viceversa non era più stimato dalla gente. Sel’ucciso era un pregiudicato o un poco di buono, anche la legge non sipreoccupava troppo a cercare l’ignoto omicida. Purtroppoquando l’offeso era una persona onesta del popolino, costui non pensava allavendetta, perché gli mancavano “li ficati” (il coraggio) e gli elementi validiper vendicarsi; non pensava neppure a fare denuncia alla giustizia, sia perpaura di ritorsioni, che per il senso dell’onore: non voleva farsi giudicaredalla gente come “nfami e cascittuni”. Infatti, era vergogna grave avere a chefare con la giustizia o finire in tribunale. Pertanto si affidava al semprevalido proverbio “calati iuncu chi passa la china”. Tante volte per averegiustizia si rivolgeva al “don…” del paese, restando imbrigliato nella retemafiosa e diventando un manovale della malavita. Seuna persona restava uccisa in una rissa, l’assassino era aiutato nella lineadel possibile a fuggire, per non farlo cadere nelle mani della giustizia: “Lumortu è mortu e s’avi a dari aiutu a lu vivu”. E’noto che nel dialetto siciliano si fa largo uso di frasi idiomatiche dette ametafora; si dice ad es. che una persona “avi lu stommacu lentu” (ha lasciolta), quando non sa tenere nello stomaco un segreto, cioè il contrario diomu di panza. Partendo dal presuppostoche la “cucuzza” (la zucchina) ha la proprietà di “sciogliere” lo stomaco, iproverbi, riferendosi metaforicamente alla cucuzza, confermano che non bisognaparlare, viceversa si muore uccisi: “Cucuzza, cucuzza, cu parla capuzza” oppure“cu mancia cucuzza mori ‘mpisu”. Intornoagli anni ’50 ricordo che quando per strada passava una persona in divisa, noibambini gridavamo: “Li carrubbineri” e ci nascondevamo; anche i nostri genitori,quando facevamo i discoli, ci minacciavano di chiamare i carabinieri. Avere ache fare con la giustizia era una vergogna tremenda. Leonardo Sciascia in: “Ilgiorno della civetta”, riferendosi a persone che si trovavano in sala d’attesa,perchè convocati dal maresciallo, così scrive: “...Bruciavano di vergogna peril luogo in cui si trovavano. Niente è la morte in confronto alla vergogna...” Inquest’atmosfera di sfiducia nella giustizia e nello Stato, perché inefficienti,gli adulti raccomandavano vivamente ai ragazzi: - Se vedete qualcuno commettereun delitto o un furto, fuggite e nascondetevi; se qualcuno vi chiede qualcosadite di non aver visto o sentito nulla. - “Nun sacciu nenti e nun vitti a nuddu” era diventato un motto moltoseguito, anche se nella cinematografia ci si è scherzato sopra. Questifatterelli testimoniano che fino a pochi anni fa si viveva in un’atmosfera diterrore e di sfiducia completa verso la giustizia, verso i nostri governanti egli “sbirri”, come erano appellate le forze dell’ordine. Lastoria parla di moltissime persone, che sono morte ammazzate per aver soltantotentato di opporsi a soprusi ed angherie, per la difesa del cittadino o peravere semplicemente parlato di fatti malavitosi a loro noti, ma anche permotivi politici. Pertantoil Siciliano, oppresso dalla malavita, dai cattivi governi, dalla potenza delclero, dalla nobiltà, dalla miseria e dalla paura di un domani sempre incerto,conduceva una vita simile alla selvaggina braccata dai cani, dai cacciatori, edai predatori. OgniSiciliano, per questi motivi, potenzialmente è un “omu di panza”; infatti, isuoi segreti se li trattiene ben stretti dentro di sé e non fa uscire nemmenouna parola dalla propria bocca. Per questa serie di circostanze, certamentenegative per il suo animo nobile, è sempre presente in lui il senso dellamorte. Siamostanchi e non abbiamo più la forza di ribellarci; a questo stato di cosesopravviene la rassegnazione, la saggezza della filosofia popolare semprevalida: “Calati iuncu chi passa la china”. Questa antica abitudine a chinare laschiena per sopravvivere, purtroppo continua ai nostri giorni, per colpa di chitrattiene ancora la spada per il manico. Noi continuiamo a consolarci con iproverbi:- “Chiddu chi voli Diu” - “cu cumanna fa liggi” - “chi ci putemufari?”, che ci spingono sempre più alla sopportazione, ma anche a trincerarcidietro il nostro silenzio. Chisa o ha visto qualche cosa, per paura di essere scoperto tace anche con gliamici e parenti più intimi e fidati; perché “li mura hannu l’occhi e li troffihannu l’aricchi” (oggi avremmo detto: “i cellulari hanno le orecchie”). Leautorità, allo stato attuale, anche se legalmente rappresentano la volontàpopolare, in realtà non sono scese del tutto dal loro piedistallo: lapartitocrazia, sostituitasi alla dittatura, mantiene ancora molto distacco frachi comanda e fa le leggi ma anche gli scandali e chi, suo malgrado, ècostretto ad accettarli; inoltre lo Stato è sempre assente nella tutela delcittadino (vedi edilizie e discariche abusive in ogni luogo, opere costruitecon pubblico denaro lasciate incomplete che vanno alla malora. Dilagare delladelinquenza comune, posteggi abusivi, divieti di fumare non rispettati,circolazione stradale caotica senza nessun rispetto della segnaletica e delcodice della strada, spiagge, e boschi sporchi, incendi dolosi, etichette con iprezzi mai appesi sugli articoli esposti nelle vetrine, ecc.). Dove si trovanogli organi preposti ai controlli e a fare rispettare le leggi? E’troppo facile scaricare le colpe sui cittadini e sulla loro omertà! Inogni Siciliano cova un inestinguibile desiderio di giustizia, che si tramuta invoglia di vendetta contro quel potere intangibile ed astratto che mantiene ilterritorio caldo, selvatico e violento. Purtroppo si tratta di una matassaingarbugliata, che non spetta a noi piccoli uomini della strada svolgere; è unatriste realtà, che resterà tale fino a quando lo Stato non cambierà volto e nonsarà più considerato un nemico delpopolo, fino a quando il cittadino sarà considerato una persona titolare didiritti, non più e non solo utente di servizi, fino a quando non sarà attuatal’eguaglianza e la democrazia, il rispetto della persona umanizzata attraversoun rapporto continuo e trasparente fra cittadino e Istituzione. (VITO MARINO)