Certo, sei mesi sono pochi per formulare un bilancio complessivo, definitivo dell’attuale presidenza della Regione, ma bastano per cominciare a cogliere segnali e tendenze di un certo stile politico, della direzione di marcia di un governo che potrebbe passare alla storia come quello che più ha annunciato e meno realizzato. Vero è- come dice il proverbio- che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, ma in quasi tutti i provvedimenti annunciati, buon ultimo il piano di rientro dal deficit della spesa sanitaria, ci si è fermati sul bagnasciuga, non si è voluti affrontare il mare aperto. Troppo poco per una leadership che vorrebbe accreditarsi come il “nuovo che avanza†all’insegna di un autonomismo assai di comodo. La pessima conclusione cui è giunta la tormentata vicenda del piano dell’assessore Massimo Russo, è un fatto politico di enorme portata, il cui significato va ben oltre i limiti della materia specifica, e si configura come primo, vero banco di prova per la solidità di un governatore che ha stravinto il confronto con l’avversario, ma rischia di perdere quello con i più intimi alleati. Sulla sanità e non solo. Ad oggi, infatti, non si capisce bene che sorte subiranno altri importanti provvedimenti annunciati o in itinere, quali la riduzione del numero degli Ato rifiuti, la gran parte dei quali continuano a produrre debiti e disservizi, i rigassificatori, i termovalorizzatori, la centrale nucleare, la riforma amministrativa della Regione, ecc. Tutta roba di peso, scottante, esplosiva direi, che deve essere maneggiata con molta cura e non data in pasto agli uffici-stampa per poi magari smentirli il giorno dopo. Per altro, vien da notare che le riforme solo annunciate producono esiti controproducenti poiché irritano e coalizzano gli interessi immediatamente minacciati senza attivare i destinatari del futuro beneficio. Questa è un po’ la lezione da trarre anche dalla bocciatura sostanziale del piano elaborato dall’assessore Russo in accordo- si ritiene- col presidente della Regione e in obbligato concerto con i ministeri interessati. Si può minimizzare quanto si vuole, ma questo piano, cui hanno prestato la faccia il magistrato-assessore e il governatore che appositamente a tale incarico l’ha nominato, è stato bocciato dai due partiti maggiori della maggioranza di centro-destra (PdL e Udc) e, a cose fatte, si scopre per bocca dell’on. De Benedictis, anche dal Partito democratico. Un epilogo deludente per questa riforma annunciata che si sperava fosse varata e attuata, se non altro per rispettare i vincoli di legge e per evitare le pesanti conseguenze cui andrebbero incontro la sanità e la popolazione siciliane in caso d’inadempienza. Si è parlato di “rinvio†solo per mettere una pezza al brutto pasticciaccio e per salvare capra e cavoli, ma si sono salvati solo “i cavoliâ€, cioè i posti-letto considerati in esubero. Poiché non si può far passare per “rinviato†(a quando?) un provvedimento così fortemente osteggiato e ridimensionato di circa il 50% dei suoi effetti. Ha ragione Francesco Palazzo, bocciato è l’aggettivo giusto poiché si sconfessa, si accantona il piano Russo e si torna a quello del precedente assessore Lagalla. Con buona pace di tutti i gestori della sanità pubblica e privata che avranno esultato per l’avvenuto “taglio†dei temuti tagli. Tutto bene, dunque? E i disservizi? gli sprechi? le nuove addizionali minacciate a carico dei contribuenti siciliani? Si vedrà . Può darsi che a Roma s’inventino una formula alchemica per modificare la ferrea legge. La sanità siciliana continuerà a “gallaggiareâ€, sperando che, nel frattempo, all’ospedale di Taormina, presidio d’eccellenza, si trovino i soldi per acquistare il catetere che ieri è mancato per operare d’urgenza un neonato. Buon Natale a tutti. Anche all’assessore che ha osato dove nessuno mai. Forse perché si è innamorato assai del suo progetto. E si sa, la passione acceca, non va vedere le conseguenze che avrebbe provocato sul sistema di potere politico e affaristico dominante. In Sicilia tagliare la spesa sanitaria è come incidere nella carne viva di interessi forti, stratificati di grandi elettori e di congiunti dei potenti di turno. Penso che il dottor Russo ne fosse consapevole e sia andato avanti lo stesso perché si fidava della copertura politica che al momento decisivo è venuta meno. Comunque sia, ciò che conta è il risultato finale. D’altra parte, l’assessore è alla prima esperienza in politica, si può pure “perdonareâ€, come magnanimamente ha già fatto il segretario regionale dell’Udc (non ancora Cuffaro a quanto pare) che, insieme ai capi del Pdl siciliano, si è gagliardamente battuto contro il pericoloso piano di rientro. Insomma, scampato il pericolo, si rientra nel meccanismo limaccioso di una conduzione politica e di governo che non lascia presagire nulla di buono. Specie, in Sicilia dove più velocemente si sta correndo verso il baratro della recessione. Anche se- rincresce rilevarlo- non s’avvertono né un clima di preoccupato fervore contro la crisi né una reazione di massa contro l’immobilità interessata di un ceto politico che non sa vedere oltre la soglia della propria bottega elettorale. Tutto ciò è strano. Come se tutto stesse tornando indietro, ineluttabilmente. Quest’Isola lenta e sospettosa, battuta dallo scirocco che qui giunge carico dell’eco torrida dei deserti africani, sembra chiudersi in se stessa, nel suo fatale enigma. Alla politica subentra la cabala, in base alla quale comanda chi al meglio sa interpretare il mistero. Agostino Spataro (* Pubblicato in “La Repubblica†del 28 novembre 2008)