“Necessità di un nuovo strumento legislativo Per il rilancio dell’associazionismo nel mondoâ€
LE ASSOCIAZIONI
 In un convegno della portata di quello che stiamo celebrando, mi sembra opportuno, visto anche che ho l’onor di parlare a nome di tutte le associazioni previste dell’art. 9 della legge regionale n° 25 del 1975, le così dette associazioni storiche, fare un breve excursus su chi sono e cosa hanno fatto queste associazioni. Ci troviamo di fronte ad organizzazioni, che in quaranta anni circa di attività , in mezzo a difficoltà di vario genere, non ultime quelle economiche, hanno cercato di dare vita, non ad una rete, ma ad una ragnatela, che avvolge il mondo e riconduce alla Sicilia, come fulcro di un sistema, che ha saputo individuare la diaspora siciliana, l’ha saputa organizzare e/o aiutarla a fare, ha creato là dove non ce n’erano, vincoli con la terra d’origine e là dove già esistevano, li ha rafforzati. Non è un caso, se già nel 1975, il ruolo di queste organizzazion i veniva considerato preminente e di grande importanza, tanto da riconoscere loro, la giusta legittimità per legge: (art. 9 legge 25/75) in seguito richiamato e riconfermato nelle leggi successive: la 55/80 e la 38/84. A queste organizzazioni, va il merito di avere costruito quella ragnatela di cui ho già accennato, prima ancora che qualcuno si inventasse i progetti ITENETS, dove per altro a queste associazioni è stato ritagliato un ruolo marginale. Una rete che è stata consegnata alla politica, che purtroppo non sempre ne ha saputo approfittare. All’interno di questa rete, oggi, si muovono correnti di pensiero diverse, articolate, pluraliste. Si muovono cervelli di cui la Sicilia si è privata e continua a privarsi. Si muovono personalità politiche di grande rilievo, come Di Pollina, Presidente della Camera dei Deputati di Santa Fè, Alfonso Gagliano, già ministro del lavoro nel governo federale canadese Conny Sciacca, già ministro del governo federale Australiano e tanti altri, parlamentari, amministratori locali, professionisti, imprenditori, ricercatori di talento, tutta gente che regge le leve del potere in varie parti del mondo. Un potenziale enorme che la Sicilia ad oggi, non riesce, non vuole o non riesce ad utilizzare. Questa è la rete che le associazioni storiche, giunte oggi ai 40 anni di attività , hanno costruito e messo a disposizione. In tutto questo, non vanno certo né dimenticate né sottovalutati gli sforzi disinteressati fatti da tanti personaggi che hanno dato vita a parecchie associazioni nelle varie parti del mondo, specialmente nei paesi extraeuropei, dove, l’associazionismo, molto antico, nasce come punto di riferimento e mutuo soccorso, attorno a cui le varie comunità si sono strette. E’ per rendere onore a questi personaggi, al loro paziente lavoro organizzativo, fatto con la mente rivolta alla terra d’origine, che formulo la prima proposta, da tempo ed in varie occasioni già avanzata, che, per quanto riguarda le associazioni storiche, deve fare parte integrante di un nuovo strumento legislativo: la istituzione dell’albo regionale delle associazioni. Questo servirà a mettere ordine tra la moltitudine di associazioni siciliane che spesso nascono e muoiono, oppure si sbriciolano a seconda delle esigenze di singoli, che pensano di potere governare il mondo. La istituzione dell’albo, con la definizione delle regole di accesso, intanto legittimerebbe le associazioni vere, quelle piene di contenuto, quelle che rappresentano, rafforzando quella rete di cui fin qui ho parlato. Fatta questa breve, ma, a mio parere, opportuna dissertazione sulle associazioni storiche, entrando in argomento, mi pare evidente, che l’attuale legge regionale, sconta ritardi e vuoti, che alla fine pesano, ma sconta anche una mancata applicazione, che ha creato parecchi problemi sia di ordine pratico che di ordine politico. Per quanto attiene l’ordine pratico, abbiamo avuto ed abbiamo tutt’oggi difficoltà a fare capire ai consultori per quale motivo nessuno li ha convocati negli ultimi quindici anni, perché da parecchi anni non viene convocata la conferenza regionale dell’emigrazione, che in ordine di tempo sarebbe la quarta. Difficoltà sorgono anche per il fatto che il consultore è diventato nel tempo una sorta di fantasma, legato solo alla propria organizzazione, senza che abbia mai avuto un ruolo vero all’estero, tranne quello che ha saputo costruirsi assieme all’associazione che lo ha espresso. Anzi, in molti casi, è stato esautorato da persone che andando in giro, hanno ritenuto di inventare nuove figure non contemplate da nessuna legge, come “il referente†ad esempio, a scapito di quelle figure non solo esistenti, ma volute dalla legge. Per quanto attiene ai problemi di ordine politico, la Consulta, esistente o non, ha dovuto sopportare una serie di attacchi, che l’hanno volutamente messa in condizione di non funzionare. Questo, si deve, infatti, al fatto che per parecchi anni non sono stati inseriti soldi in bilancio per il funzionamento della consulta e del suo direttivo, tanto da dovere affrontare il rischio di essere dichiarato ente inutile, evidentemente per scelta ben precisa. E’ mancato il lavoro ed il ruolo del direttivo della consulta, che faceva da raccordo tra la Consulta e l’Assessorato, che suggeriva il piano di intervento annuale da sottoporre all’approvazione dell’Assessore, un piano che cercava di evitare doppioni, di soddisfare le varie esigenze delle associazioni all’estero, di abbozzare una politica, di insieme, che non lasciava scoperta nessuna parte del mondo e che garantiva la presenza della Regione e della sua politica. La riflessione che le associazioni hanno fatto e non solo recentemente, è quella di sostenere che nel bene e nel male, questa è una legge della regione ed in quanto tale, crediamo di essere nel giusto se chiediamo che essa sia rispettata. Quindi, per prima cosa, le associazioni, con forza chiedono il rispetto della legge in tutte le sue parti. Non per motivi affettivi, ma perché se facciamo un bilancio di questa legge, troviamo parecchi aspetti positivi, compreso l’impianto legislativo, che era uno dei migliori rispetto alle altre leggi regionali che nel frattempo sono nate e si sono perfezionate, mentre parallelamente, la nostra regione è rimasta indietro. Certo c’è differenza tra il numero di emigrati che ha la Sicilia e quello delle atre regioni, ma ciò, dovrebbe essere motivo di un impegno ed una attenzione maggiore. Anche se ne chiediamo il rispetto, sappiamo perfettamente che la legge è datata ed abbisogna di aggiustamenti. Su di essi abbiamo diverse volte iniziato a parlare, abbiamo anche ispirato disegni di legge nel tentativo di arrivare non a modifiche della legge, ma ad un testo nuovo, che contemplasse tutta la materia, che ci consentisse di recuperare i ritardi Per questo riteniamo sia importante discutere di un nuovo strumento legislativo, perché di esso ha certamente bisogno l’emigrazione, una legge che recepisca le nuove esigenze dei siciliani all’estero, una legge che sappia valorizzare la potenziale risorsa umana, politica, sociale, economica, che oggi esprimono e rappresentano le comunità siciliane all’estero, ma una legge, che prima di tutto sia rappresentativa dell’emigrazione e delle sue varie istanze. Si è fatto un gran parlare attorno alla consulta regionale, dicendo che era pletorica, che era troppo costoso riunirla, che andava ridimensionata. Su di essa sono stati presentati diversi disegni di legge, che a nostro avviso, snaturano l’essenza della consulta stessa. Un disegno di legge, quello dell’On. Vitrano, vorrebbe una consulta fatta quasi esclusivamente di parlamentari, un altro, quello dell’On. Aricò, che si occupa esclusivamente della Consulta e che titola: “istituzione della nuova consulta regionale dell’emigrazioneâ€. Nel disegno di legge, che ripiglia gli art. 2 e 3 della legge 55/80, si confermano ruoli e compiti dell’organismo, ma lo si riduce drasticamente da 63 a 25 componenti, riducendo del 60% la rappresentanza degli emigrati, francamente ci sembra eccessivo. Ciò è dovuto certamente al fatto, che la tesi che è sempre circolata bè che la consulta è pletorica, non può funzionare, il numero porta a “problemi organizzativi che ne hanno spesso ostacolato il funzionamentoâ€. Ora, a parte il fatto che quando la consulta è stata messa in condizione di lavorare ha lavorato ed anche bene, ha garantito interventi ed ha evitato clientelismi. Essa è numerosa? Ma numerosa è la nostra emigrazione, che ha il diritto di essere rappresentata in un organismo come la consulta. Per questo, recependo il fatto che essa è sbilanciata verso l’Europa, per i motivi per cui nasce la prima legge del 1975, oggi va riequilibrata. Infatti, ripigliando un vecchio suggerimento presente anche in qualche disegno di legge, quale quello presentato dall’On. Cracolici come primo firmatario o quello dell’On. Fleres nella scorsa legislatura, le associazioni si erano già fatte carico di questi problema ed erano arrivate alla conclusione, che per il tipo di emigrazione che ha la Sicilia, una Consulta regionale ridotta da 63 a 36, diventa ottimale. In questo numero, rientrano 20 rappresentanti dell’emigrazione, riequilibrati territorialmente, 7 rappresentanti delle associazioni dell’art. 9, 7 esperti nominato dall’Assessore, il dirigente Generale del Lavoro, un rappresentante del ministero degli esteri. Altre figure possono entravi, ma come invitati senza diritto di voto. Ma la Consulta, non è l’unica parte della legge dove riteniamo si debba intervenire. C’è indubbiamente una lacuna grave nella vecchia legge, che riguarda i giovani. Le borse di studio, sono rimaste a livelli irrisori, tanto da non suscitare interesse negli studenti. Esse vanno elevate a livelli accettabili, non inferiori a 5 / 6.000 euro e vanno previsti i master post laurea, convolgendo le università siciliane. I campeggi, che in passato hanno consentito ai giovani di venire a contatto con la terra d’origine, sono stati ridotti ai minimi termini, tanto da rendere difficile organizzare gli stessi. In direzione dei giovani, a nostro avviso, vanno ripensate politiche di intervento, che debbono avvicinare le ultime generazioni non solo alla cultura siciliana ed alle tradizioni, ma anche e principalmente alle associazioni, che rischiano di morire per estinzione. Per questo, certo, la cultura resta il veicolo maggiore. Una cultura che non sia certo a senso unico, ma che sia rispettosa anche di quanto i siciliani hanno saputo produrre della propria coltura all’estero, contaminata da altre culture e per ciò stesso più ricca, più degna di studio e di attenzione, più interessante per essere portata a conoscenza dei siciliani in patria. Una cultura, in breve, che viva anche dello scambio tra realtà diverse di se stessa. Abbiamo parlato di emigrazione risorsa per tanto tempo, ma non abbiamo avuto uno strumento legislativo adeguato ad utilizzare tale risorsa. Il limite del rientro obbligatorio per ottenere i contributi perer attività produttive, limita di molto la possibilità di rientro di capitali e di esperienze. In questo campo, se si vuole utilizzare la risorsa in entrata, occorre superare la obbligatorietà del rientro e dare contributi agevolati in misura adeguata, a quegli emigrati che vogliono investire in Sicilia, magari attraverso la creazione di joint – venture con giovani residenti, che non necessariamente debbono essere sospinti verso l’estero. Un maggiore potenziamento delle infrastrutture, in merito, sarebbe auspicabile, come auspicabile sarebbe dare precedenza nelle aree artigianali e/o industriali a chi vuole investire utilizzando lo strumento testé accennato Una revisione profonda delle legge, è quella che proponiamo, che innanzi tutto passa attraverso il rispetto di quella esistente, cosa sul quale le associazioni storiche insistono. Lesperienza, infatti, ci dimostra che tutte le volte che si è voluto ignorare la legge e non si è voluto mettere mano ad una sua riedizione più vicina alla realtà , si sono solo prodotti degli snaturamenti che vanno contro la legge. Mi riferisco ad esempio ad alcuni decreti, molto discutibili per la verità , con i quali si è tentato di superare la legge e di aprire ad una serie di realtà associative, spesso costruite ad hoc. In quel cosa, si è solo creato una brande confusione, portando avanti delle regole che nulla hanno a che vedere con la legge. Per questo, diventa ancora più pressante il richiamo al rispetto della legge oggi in vigore. Ci si può dire che siamo conservatori, ma possiamo rispondere che siamo dei conservatori che guardano avanti e che per anni hanno chiesto e continuano a chiedere una nuova legge, che sia più rispondente alla realtà e ponga fine a tutto il disordine che si sta creando nel mondo associativo, solo perché si cercano mezzi alternativi per superare ostacoli che sarebbe meglio suerare con una n uova legge e con regole certe per tutti. Non si pensi che le associazioni storiche, sono contro i nuovi fermenti che si agitano nel mondo. Sarebbe del tutto inesatto affermare una cosa di questo tipo. Le associazioni storiche, invece, hanno la pretesa di rappresentare la continuità , così come lo hanno fatto in questi quaranta anni. Questo non significa né essere conservatori, né essere contro il nuovo che avanza. Se oggi continuamo a parlare di albo dlle associazioni, è perché vogliamo che tutte le associazioni siano messe allo stesso livello di fronte alla legge. Il loro inserimento in un albo, torno a ripetere, non fa altro che legittimare la loro presenza ed il loro ruolo. Lo steso dicasi per le federazioni, che in questi tempi sembrano proliferare. Noi noj abbiamo mai avuto niente contro nessuna federazione, anzi ne abbiamo avuto aderenti sia in Svizzera che negli Stati uniti., dove esistevano le federazioni prima che qualcuno pensasse di avere scoperto la strada maestra per collegarsi direttamente alla politica ed alle istituzioni siciliane. Mi riferisco a federazione come l’ASU e come la FIAO negli stati uniti, che non solo hanno messo assieme quanto di realtà c’era sul territorio, ma hanno improntato la loro vita a rigidi principi democratici e di rappresentanza, cosa che non accade in tutte le federazioni. Alcune sono state trasformate in trampolini di lancio per la gestione di un potere che spesso nulla ha a che vedere con l’emigrazione. Altre sono diventate piattaforme pere un lancio nella politica, lancio fino ad ora non riuscito a nessuno di questi personaggi. L’emigrazione è qualche cosa di più serio, che va al di là della politica e che ne sta anche al di sopra, se riesce ad essere pluralista, conservando la ricchezza di esperienze diverse. In questo la nuova legge deve dire una parola in proposito, dettare delle norme chiare in merito alle federazioni ed al loro ruolo. Noi non siamo, ribadisco, contro nessuna federazione, quando essa serve ad unie e non a dividere, quando essa sa essere strumento organizzativo rispettoso della pluralità e dei principi elementari di democrazia e di diritto di rappresentanza. Ben vengano se queste sono le federazioni, ma se queste non sono, allora abbiamo il diritto di guardarci dentro e di chiedere un confronto chiaro per il bene dell’emigrazione e di quello che ognuno di noi pensa o dice di volere rappresentare. Ecco ritornare il valore della consulta, allira, che deve essere chiamata a fare quel lavoro che la legge le demanda e deve essere messa in condizione di farlo bene. Da questa riconosciuta necessità , la proposta che avanziamo all’On. Assessore, di insediasre finalmente questo importante strumento di lavoro, se si vuole con compiti limitati. Ricordo a me stesso di avere fatto questa proposta a diversi assessori, una consulta con un mandato limitato nel tempo, con degli obiettivi da raggiungere in breve tempo per poi dimettersi e cedere il posto ad una nuova consulta eletta con una n uova legge. Tra i compiti che noi vediamo per la consulta di oggi, ne individuiamo alcuni prioritari: 1. studiare ed aiutare a predisporre un nuovo disegno di legge che tenga conto delle cose che sono state dette o che saranno dette in questi convegno: Dico studiare e predisporre, perché è compito che secondo la legge spetta alla consulta, dove sono rappresentate tutte le realtà che hanno la professionalità , l’esperienza e la capacità per potere rispettare un mandato che gli viene appunto dalla legge; 2. mettere a punto le norme per l’elezione diretta dei consultori, poiché questo prevede la legge, in modo che la prossima consulta sia legittimata dal voto popolare, che innegabilmente aumenta la credibilità e la rappresentatività del consultore stesso; 3. proporre lo schema di albo delle associazioni e proporre una borra di regole per l’accesso delle associazioni all’albo, fissando paletti e regole certe per l’iscrizione delle singole associazioni e per le federazioni; 4. studiare e proporre regole minime per la costituzione e la rappresentatività delle associazioni; 5. stabilire compiti e competenze dei siglali consultori all’estero, che non possono e non debbono essere lasciati in balia solo della propria bravura e della propria capacità di movimento, ma debbono avere ambiti di movimento e di ruolo propri di chi ha ricevuto la legittimazione popolare. Dopo avere assolto a questi importanti incarichi, la consulta può e deve rassegnare le aporie dimissioni, per cedere il posto ai legittimi rappresentanti dei siciliani eletti, democraticamente eletti. Questa è impostazione che pensano di potere dare queste associazioni conservatrici, con l’abitudine di guardare avanti, verso un futuro reale, che rafforzi in toto l’associazionismo.
IL RILANCIO DELL’ASSOCIAZIONISMO
Debbo dare atto all’On. Incardona, di avere avuto, dopo tanto tempo, l’idea di riunire le associazioni storiche, non solo per conoscerle, ma, cosa davvero rara, per ringraziarle del lavoro svolto in tutti questi anni, in favore dei siciliani all’estero. Permettetemi di dire che questo riconoscimento, ci ha in qualche modo inorgoglito, confermandoci nell’idea del grande lavoro svolto fino d ora e del ruolo che queste associazioni hanno rivestito nell’organizzare ed assistere gli emigrati. Sembrerebbe, che con l’avvento del diritto di voto all’estero, una volta che nuovi interessi si sono concentrati attorno all’emigrazione, il ruolo delle associazioni storiche e dell’associazionismo in genere, debba subire un affievolimento. Così non ci sembra, invece, poiché se il diritto di voto, al di là del fatto che ha ridato dignità e muovo protagonismo agi italiani all’estero, in qualche modo ha scatenato appetiti nuovi, nuovi interessi, che hanno contribuito a creare confusione ed a generare nuovi personaggi che di questo voglio cercare di approfittare. Nascono così nuove aggregazioni, poco chiare, nasce fin’anco un partito dell’emigrazione, con fini non certo utili all’emigrazione che non ha bisogno di nuova confusione. In questa fase, uno strumento legislativo nuovo, atto a rilanciare nuovi obiettivi e nuovi metodi di approccio con gli emigrati, rinnova e rafforza il ruolo delle associazioni, e non solo di quelle storiche. La nuova attenzione da rivolgere alle giovani generazioni, restituisce un ruolo di grande prestigio a quelle associazioni che sanno affrontare con metodi nuovi e moderni le problematiche emergenti. Oggi, il futuro si gioca sui giovani, si gioca su un nuovo modo di creare aggregazione di sviluppare interessi nuovi capaci di portare i giovani dentro le associazioni, per riprendere e rilanciare quanto fino ad ora fatto. La cultura, quale nuovo metodo di contatto e collegamento, deve essere il filo conduttore del nuovo orizzonte delle associazioni. Una cultura che sappia in primis raccogliere la storia di tante centinaia di migliaia di emigrati, che hanno lasciato la loro terra per percorrere le vie del mondo. Una cultura ed una storia che appartengono al popolo siciliano che deve saperne fare tesoro. In questo campo, il rilancio di un associazionismo rinnovato, deve trovare nuovo spazio e nuovo motivo di lavoro, per fare intanto in modo che di emigrazione non se ne parli solo all’estero, ma se ne torni a parlare in Sicilia, si ne parli in termini di ricchezza e di investimento e non certo intermini di assistenza, anche se consistenti sacche di povertà esistono ancora in emigrazione, specialmente in quella allocata nei paesi dell’America Latina. Da qui i nuovi obiettivi: la possibilità di concedere anche alle regionali il diritto di voto e di rappresentanza ai siciliani all’estero, una politica di raccolta e di valorizzazione, delle pagine di storia scritta dagli emigrati, che deve essere fusa con quella di tutto il popolo siciliano, una politica rivolta ad un grande museo, capace di rappresentare l’emigrazione e tutto quello che essa ha saputo dare alla nostra terra, ma anche alle terre lontane con le quali si è confrontata. Una politica museale, che non può essere sbriciolata in una serie di iniziative spesso a livello comunale, ma che va concentrata in un unico grande sforzo, che deve dare vita al museo regionale dell’emigrazione, frutto del nuovo impegno e della ricerca delle associazioni e delle nuove generazioni. Una politica di piano, che, in tempi di ristrettezze economiche, mette assieme sinergie nuove, non solo da parte delle associazioni, ma principalmente da parte delle istituzioni. In questi ultimi anni, in cui c’è stata una sorta di riscoperta dell’emigrazione, comuni, province, assessorati vari, portano avanti ognuno per conto proprio una “politica estera†parecchio dispersiva, che spesso non lascia traccia, perché affidata alla buona volontà a alla sensibilità del politico di turno. Opportunità vuole, che questi forzi trovino modo di esprimersi in maniera unitaria all’interno di una visione più ampia e di piano. Per questo, il nuovo strumento legislativo dovrebbe ridare nuovo impulso al comitato interassessoriale già previsto nella legge 55/80 e successive modificazioni. Una indicazione che non ha trovato applicazione, fino ad ora, come non hanno trovato applicazione i comitati comunali per l’emigrazione e l’immigrazione, che, dopo un primo grande impulso, sono caduti in disuso, per la perdita di ruolo e di funzione, cui sono stati condannati. Inoltre, la crescente presenza di immigrati sulla nostra terra, deve portare le associazioni a lavorare anche in questa direzione, consapevoli del fatto che l’immigrazione è l’altra faccia della stessa medaglia, quella dei migranti, un popolo in continuo aumento, che non può essere solo considerato una massa amorfa, ma va visto ed attenzionato come soggetti portatori di diritti, primo fra tutti quello alla vita. Anche in questo campo, va colmato il vuoto legislativo esistente, che mette la Sicilia tra le poche regioni che ancora non si sono dotate di una legge per gli immigrati. Molte cose, potrebbero ancora essere dette in materia di migrazioni e di come affrontare le distinti problematiche, ma, credo che compito di questo convegno sia quello di esaminare, tra le altre cose, la necessità di voltare pagina, di recuperare il tempo perduto e le assenze dai tavoli dove si parla de emigrazione e di immigrazione, di dare ancora credito a queste associazioni storiche, che sosì come hanno bene operato in passato, sono all’altezza di farlo anche per il futuro, in un mondo dove venga ripristinato ordine e ruoli e dove l’associazionismo, dotato di nuovi strumenti legislativi, di nuove regole, di nuovi mezzi, sia messo in condizione di continuare a svolgere con rinnovato vigore il proprio lavoro. Di recitare la propria parte per la costruzione della società del futuro, per il recupero dei valori storici dell’emigrazione, per aprire nuovi spazi ad una politica, che cominci a guardare effettivamente all’emigrazione come una immensa risorsa da cui la Sicilia si è avvantaggiata negli anni passati e può di nuovo avvantaggiarsi per il futuro.