(Salvatore Augello) Uno dei capisaldi della legge 55/80, fu certamente la istituzione dei comitati comunali nper l’emigrazione e per l’immigrazione. Nella prima stesura, essi erano obbligatori per le città capoluogo di provincia, mentre restavano facoltativi per i comuni colpiti da notevoli flussi migratori. A questa norma, che aveva quale obiettivo quello di interessare gli enti locali alla vita delle proprie comunità all’estero, si diede grande importanza da parte delle associazioni,
che capirono subito quanto positiva poteva essere la nomina di un comitato, che sul proprio territorio non solo studiasse le cause dell’emigrazione, ma si assumesse l’incarico di dare suggerimento all’amministrazione comunale su o provinciale, su come intervenire e su come instaurare rapporti stabili con gli emigrati. Altro obiettivo importante era quello di aprire sportelli di servizio dove l’emigrato poteva rivolgersi per ogni sua esigenza. La norma non ebbe grande risonanza tra i comuni. Dei comitati obbligatori, solo Caltanissetta costituì il proprio, che si dimostrò molto attivo, conducendo una grande campagna di ricerca attraverso i comuni sulla localizzazione delle comunità all’estero e su quello che accadeva alle famiglie rimaste a casa, visto che specialmente l’emigrazione verso la Germania era caratterizzata da soli uomini, mentre la Svizzera, ad esempio era aperta solo ai genitori e preclusa ai bambini, che erano costretti a restare con i nonni. Quel comitato, ebbe il merito di istituire un ufficio di consulenza legale gratis, per assistere quelle che all’epoca si chiamavano vedove bianche, ossia quelle mogli i cui mariti si erano costituita un’altra realtà ed un’altra famiglia all’estero. Era questo l’epilogo molto frequente a cui perveniva l’emigrazione di soli uomini. Ebbe anche il merito, di tentare la riunificazione di famiglie, che versavano in cattive acque e che vennero aiutate, sotto le feste di natale a raggiungere il capofamiglia emigrato per trascorrere assieme le feste di fine anno. Ebbe anche il merito, di evadere uno studio approfondito dell’emigrazione in provincia di Caltanissetta, di avviare corsi di lingua per giovani che intendevano emigrare, di essere sempre disponibile per spiegare a sindaci ed amministratori il contenuto della legge, che spesso veniva tranquillamente ignorato. Ho detto che Caltanissetta fu l’unico esempio di comitato che si istituì e funzionò occupandosi del proprio territorio di pertinenza, ma ben presto venne bloccato per motivi di bilancio, poiché l’assessorato non provvide più a finanziare i bilanci di previsione presentati e meno che mai se ne fecero carico i comuni, che anzi dal comitato e dal suo bilancio aspettavano di potere prevedere alcune attività in direzione degli emigrati. Non ci furono altre città che ripeterono l’esperimento, alcune, come Palermo, invece di utilizzare il dettame previsto dalla legge, si fece un suo organismo che non approdò da nessuna parte, nemmeno ad una assistenza organica agli immigrati, allora, che hanno visto costituire un centro per l’immigrazione in piazza Giulio Cesare, inaugurato in pompa magna, per chiuderlo subito dopo. I comuni ebbero un momento di attivismo, che portò alla richiesta ed alla costituzione di parecchi comitati comunali, che si estinsero a poco a poco, sia per mancanza di finanziamenti per mantenere un minimo di attività consultiva ed organizzativa, sia perché il ruolo dei comitati non venne mai capito fino in fondo ed era affidato alla buona volontà della singola amministrazione e/o alla sensibilità del politico di turno. Nel momento di massimo attivismo, comunque, si ebbero una serie di interessanti convegni, di stampa e pubblicazione di notizie ed informazioni, di apertura di comunicazioni con le comunità emigrate, alle quali i comitati si rivolgevano per espletare al meglio il proprio ruolo e la propria funzione. A mano a mano, questo importante strumento venne va unificato, i comitati obbligatori, con le modifiche della legge n° 38 del 1984, perdettero la obbligatorietà , visto che non era servito a niente, vennero sostituiti da comitati facoltativi a cui potevano ricorrere i comuni con notevole intensità di emigratoria ed immigratoria, così come recita l’attuale art. 6 della legge 55/80, dopo la modifica apportata con l’art. 7 della legge 38/84. La progressiva perdita di interesse delle amministrazioni comunali, che nel frattempo a carico dei bilanci propri e con l’ottenimento di finanziamenti da parte dell’Assessorato Regionale al Lavoro, Previdenza Sociale, Formazione Professionale ed Emigrazione o di altri assessorati, riuscivano ad organizzare contatti ed attività all’estero, portò alla completa scomparsa dei comitati, che ora nel capitolo di bilancio della regione, sono previsti con un eufemismo: per memoria. Forse meglio sarebbe dire: alla memoria, visto che stiamo parlando di cose morte da un pezzo. Venne così vanificata una grande opportunità che era stata offerta ai comuni, i quali hanno lasciato cadere nel vuoto uno strumento che pure poteva avere un ruolo del tutto positivo, anche se consultivo. Parecchi sono oggi i capitoli di bilancio accanto a cui spunta la sigla PM (Per Memoria), ma di essi ci occuperemo più avanti. (3/ continua)