“Qui è rinata la speranza dei siciliani onesti”. Così bisognerebbe riscrivere il cartello che fu posto all'alba del 4 settembre, in via Isidoro Carini, nel luogo in cui ventisette anni fa caddero per mano mafiosa Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro (nella foto accanto) e l’agente Domenico Russo. Quell'attentato, quel vile attentato, ha infatti segnato le coscienze dei siciliani.

 E da quella mattina è iniziato un percorso a rovescio che ha smontato la credibilità e la temibilità della mafia, intesa come organizzazione alternativa, sostitutiva dei poteri dello Stato che aveva dominato senza contrasto negli anni della Sicilia rurale. Da allora è lentamente cresciuta, giorno dopo giorno, la fiducia nelle istituzioni, la voglia di riscatto, la volontà di farcela da soli. Ed è diminuita, fino a sparire, la paura nei confronti dei mafiosi, forti e spacconi nel rapporto con i deboli, ma pronti ad arrendersi, a trattare e a pentirsi, se messi a confronto con uomini e istituzioni forti e determinate. Oggi, nel ricordare il generale-prefetto Dalla Chiesa, che andava in giro per Palermo senza scorta, a bordo della sua utilitaria, dobbiamo rendere onore al suo coraggio e alla sua intelligenza. Quel suo modo di ostentare sicurezza, di guardare il nemico negli occhi senza temerlo, ci ha fatto capire che la mafia si può e si deve battere. E la crisi economica dei nostri giorni, che ha messo ciascuno di noi dinanzi a gravissime responsabilità, conferma che la mafia è un costo, parassitario, che la Sicilia e i siciliani non possono e non vogliono permettersi. Non dimenticheremo quella tragica notte di settembre. Ha aperto le coscienze dei siciliani. E li ha resi adulti dinanzi alla mafia.

Raffaele Lombardo

Presidente della Regione Siciliana