Dal 1986, il “feuilleton” delle relazioni italo-libiche si dipana con una cadenza sospetta o quantomeno di circostanza. Rivelazioni su vicende oscure continuano a cadere, come foglie morte, anche in questo grigio autunno della politica estera italiana. L’ultima, ieri mattina, a distanza di 22 anni, alla Farnesina dove il ministro degli esteri libico, Shalgam, ha svelato il mistero dell’avviso confidenziale che Craxi gli avrebbe inviato per avvertire Gheddafi dell’imminente attacco aereo statunitense.

 Tutto è possibile. Non vogliamo mettere in dubbio le parole dell’ex ambasciatore in Italia, tuttavia è necessario che vengano chiariti all’opinione pubblica taluni punti che chiari non sono.

 Primo. Gheddafi,

nonostante l’avviso, non riuscì a sfuggire al bombardamento aereo americano. Si salvò per miracolo- scrissero i giornali- ma non, purtroppo, la sua figlioletta di tre anni che morì sotto le macerie della loro casa distrutta dalle bombe. In realtà, credo che quella notte sia accaduto quello che da tempo si temeva, e si sapeva, ovvero la “lezione” che l’amministrazione Reagan aveva pianificato contro “il pazzo di Tripoli”, com’era chiamato Gheddafi negli ambienti politici internazionali. Prima. Ora non più. Almeno da quando ha ammesso le tremende responsabilità in ordine a due gravissimi attentati terroristici contro aerei di linea, pagato i risarcimenti alle famiglie ed aperto il mercato degli idrocarburi alle multinazionali Usa ed europee. Già a partire dall’autunno del 1985 s’intensificarono le azioni provocatorie Usa contro la Libia. C’era il concreto rischio di trascinare l’Italia in un’avventura militarista contro un paese vicino, per altro uno dei suoi migliori clienti e fornitori. Ripetutamente intervenimmo in Parlamento, con diverse interrogazioni, per fare assumere al governo italiano una posizione autonoma e di pace. Insomma in quei mesi, oltre alle voci, anche autorevoli, ci furono tanti segnali che accreditavano questa minaccia come possibile ed imminente. Ricordo che un mese prima del raid (esattamente il 4 marzo 1986) a Washington, durante gli incontri al Pentagono fra una delegazione parlamentare italiana e le massime autorità della Difesa Usa, chiesi a Caspar Weimberger, segretario alla difesa, e all’ammiraglio William Crowe, capo di stato maggiore delle forze armate, se il loro governo avesse l’intenzione di attaccare militarmene la Libia. Ovviamente l’intenzione non venne confermata (e non poteva esserlo). Dopo 40 giorni fu attuata, con micidiale determinazione.

Secondo.

Gheddafi, infuriato per l’indiscriminata aggressione che provocò molte vittime civili, non indirizzò la rappresaglia verso uno dei tanti possibili obiettivi Usa, ma scagliò i suoi missili contro l’Italia ovvero contro il paese- amico il cui capo del governo l’aveva avvisato dell’imminente pericolo. Dov’è la logica in tutto ciò? Shalgam dice che quei due missili non erano rivolti contro l’Italia, ma contro gli Usa i quali si erano avvalsi dell’assistenza fornita dalla piccola stazione radar “Loran” installata a Lampedusa e, quel tempo, in fase di ridimensionamento. Se questa fu davvero la causale credo sia stata la più sbagliata giacché- se i due missili fossero caduti sopra Lampedusa- l’effetto sarebbe stato altamente disastroso e solo a danno d’innocenti cittadini italiani. Insomma, anche questa scelta non può essere considerata un segno di gratitudine verso un paese e un governo che poche ore prima ti ha salvato la vita. Strano, davvero. Di questo passo non è improbabile immaginare (un po’ scherzando sulla questione) che domani qualcuno non ci verrà a dire che si decise di colpire Lampedusa a causa di una certa assonanza fonetica o solo perché il nome dell’isola contiene l’acronimo del paese aggressore.

Terzo.

Ma quei due missili partirono dal suolo libico e soprattutto raggiunsero effettivamente Lampedusa? Già allora affiorarono seri dubbi, sia per la scarsa potenzialità ed efficienza della tecnologia militare libica e sia per fatto, non secondario, che i lampedusani non si accorsero dell’arrivo dei due potenti ordigni. Ancora oggi si sconosce il punto esatto dell’impatto. Le autorità italiane non vollero fare indagini appropriate e la cosa restò lì, avvolta nel dubbio, a consolazione della propaganda libica. Come confermano alcune autorevoli dichiarazioni, citate dalla stampa odierna, nessuno è in grado di dimostrare che i due missili siano arrivati a Lampedusa e o nelle sue immediate vicinanze. 31 ottobre 2008 On. Agostino Spataro* * Già componente delle Commissioni Affari esteri e Difesa della Camera dei Deputati e della presidenza dell’Associazione nazionale di amicizia italo araba.