(salvatore Augello) Sembra impossibile, ma esistono tante Italie, a volte, anzi spesso, anche in aperto contrasto tra di loro. Ad esempio esiste l’Italia della solidarietà, per intenderci, quella di Telethon, che ogni anno versa il proprio cospicuo contributo per la ricerca, finanziando importanti progetti di ricerca acetifica che aiutano a fare notevole passi in direzione della sconfitta del cancro e delle malattie genetiche.

 Esiste l’Italia dell’adozione a distanza, che si sobbarca del compito di alleviare le sofferenze a centinaia di bambini. L’Italia della pace, che impegna le proprie Forse Armate nelle zone più calde del mondo, nel tentativo di ristabilire pace e democrazia. Potrebbe esistere, speriamo di no, l’Italia che vorrebbe creare il cavaliere, quella con una giustizia su misura, quella presidenziale, quella che deve dire basta a certe intercettazioni telefoniche, quella che deve garantire la sua immunità, quella che adotta il principio dell’arroganza nella gestione della cosa pubblica e del potere. Ma esiste anche l’Italia della gente povera che n on arriva alla fine del mese, quella degli anziani e dei nuovi poveri, quella dei disoccupati, dei pensionati al minimo, dei precari, dei giovani in cerca di prima occupazione. Esiste, ed è la peggiore, l’Italia dell’indifferenza, quella che non vede, non sente, non vuole sapere; quella che non si accorge o non vuole accorgersi di quello che succede attorno alle persone ed alle persone stesse. L’indifferenza che porta a non accorgersi in una città come Messina, ad esempio, che due persone muoiono di stenti, mentre una terza se li tiene a casa convinti che siano ancora vivi e la società circostante non da segno di vedere. Oppure, la stessa indifferenza, che in una città affollata come Roma, sempre piena di persone, una giovane rumena passa inosservata con il suo bambino di pochi giorni in braccio morto, non si sa da quanto tempo. Storie di normale emarginazione, figli di quell’Italia dell’indifferenza, ma anche di quella che non ha strutture adeguate ad alleviare le sofferenze di chi soffre la solitudine, di chi non ha i mezzi di sostentamento, di chi è costretto a ivee per la strada. Sembra di essere in un altro mondo, invece no, siamo sempre nella stessa Italia, che presenta tutte queste sfaccettature, tutti questi contraddizioni che cozzano tra di loro. Italie a compartimento stagno, che non si conoscono tra di loro o che si ignorano, che non si vedono nemmeno quando si incontrano, che non nsono en descritte dai mezzi di informazione e di comunicazione, quasi si vergognassero a rendere pubblica tanta miseria, tanto abbandono. Tanta informazione parziale, però, non impedisce che che le vicende esistano, che la miseria dilaghi, che la gente che ruba generi alimentari per mangiare, aumenti di numero. E non basta certo la parziale informazione a costituire alibi per le istituzioni che non intervengono, non approntano strumenti idonei, non fanno un inventario dei bisogni e dei problemi emergenti per potere intervenire. Il 2009, si porta appresso tutte queste italie, ereditandole dal 2008, che non è certo stato prodigo di interventi sociali in favore dei bisognosi, dei nuovi poveri, dei precari, dei giovani. Credo che dobbiamo vicere il 2009, come una scommessa, impegnandoci a battere le itaòlie peggiori, per affermarne una dove ci si riconosca tutti e dove vengano portate avanti interventi ed approntati mezzi per consentire il minimo vitale a tutti, per fare si che nessuno si senta solo, per fare si che un’Italia di giustizia, di equità, di livelli sociali e civili accettabili, si affermi su tutte le altre, quale patria comune, senza figli e figliastri.