(Agostino Spataro) Seguendo i giornali, i telegiornali e le truculente dichiarazioni dei rappresentanti del governo, sembra che lo stupro sia divenuto la prima emergenza nazionale. Più degli effetti della crisi economica e morale, delle efferatezze della criminalità organizzata. L’allarme, seguito da severi provvedimenti, scattano soprattutto quando lo stupro è commesso da giovani immigrati. Se commesso da un connazionale al massimo diventa bullismo, disadattamento o cosucce del genere. Con ciò non si vuol negare la necessità di misure adeguate di prevenzione e di repressione per scoraggiare e punire gli autori di tali episodi obbrobriosi, ma rilevare l’enfasi eccessiva che si è voluto dare a questi episodi che, per altro, porta a trascurare fenomeni ben più gravi e diffusi. Qual è la riduzione in schiavitù che, anche in Italia, tormenta l’esistenza di decine di migliaia di donne e di bambini. L’ultimo caso, l’altro giorno, ad Alcamo: una ragazza rumena, con l’aiuto della polizia, è riuscita a liberarsi, speriamo per sempre, dalle grinfie dei suoi aguzzini i quali per costringerla a prostituirsi la tenevano praticamente in condizioni di vera e propria schiavitù. Eppure, consumata la notizia, non è successo nulla. Nessuno ha proposto un decreto contro gli schiavisti italiani e stranieri che controllano un traffico enorme di uomini e donne. Non è scattata nemmeno quell’indignazione istintiva che è (era?) la controprova della sanità morale di un popolo, di una nazione che, per altro, si professa cattolicissima e devota. Come se in queste nostre società “opulente†anche il sentimento della pietà umana si stia spegnendo nelle nostre menti alienate e terrorizzate da certa propaganda, a contatto con l’arido deserto creato intorno a noi da egoismi sfrenati e devastanti. E questo un’altro aspetto, forse il più inquietante, di questo nuovo ciclo mondiale delle migrazioni che, oltre a creare nuovi dissesti sociali e morali nelle società d’origine e di destinazione, produce forme diverse di schiavitù che, abolita ufficialmente dalla convenzione di Ginevra del 1926, oggi ritorna e si afferma anche nelle nostre civilissime contrade. Chi pensava che fosse definitivamente scomparsa deve ricredersi alla luce di quanto avviene nei mercati del lavoro e dell’emigrazione clandestina che è una variante tragica del primo. Secondo tali meccanismi, gli individui, soprattutto i più emarginati e discriminati, non sono più esseri umani, ma merce da acquistare e da vendere per pochi euro, bestie da sfruttare e spedire su camion piombati, da traghettare su battelli precari verso i paesi di questo Occidente immemore ed ipocrita. Una condizione drammatica che i nostri occhi non vedono forse perché abbagliati dal luccichio che promana il dio-mercato che sta stravolgendo il sistema delle relazioni umane e portando il mondo sull’orlo della catastrofe. Una logica folle che - nel migliore dei casi- considera le persone “capitale umanoâ€, “risorsa umanaâ€. Una fraseologia “moderna†che, in realtà , serve per edulcorare una concezione abietta che giunge a giustificare, a tollerare, anche la tratta, su vasta scala, di uomini, donne e bambini. Un commercio turpe, lucroso e criminale che non potrebbe continuare a svolgersi senza la complicità di settori importanti preposti ai controlli e il beneplacito dei grandi utilizzatori finali della “merceâ€. Una moderna schiavitù che si diffonde in barba alle leggi nazionali e alle convenzioni internazionali e in aperto spregio dei valori umanitari e di libertà che stanno alla base delle nostre Costituzioni e società . Tutti lo sanno, ma nessuno fa nulla, sul serio. Lo sa anche il Parlamento italiano che, negli anni scorsi, ha promosso un’interessante indagine sulla “Tratta degli esseri umani†che documenta l’estensione e l’abiezione del fenomeno e contribuisce a ridefinire il concetto stesso di schiavitù alla luce della citata Convenzione di Ginevra e della più recente normativa europea: “La schiavitù è il possesso in un uomo e l’esercizio da parte di questo, sopra un altro uomo, di tutti o di alcuni degli attributi della proprietà . In tal modo, dunque, la schiavitù è identificata come l’espressione suprema della reificazione umana.†Non so quanti dei nostri parlamentari, ministri, alti funzionari, imprenditori, amministratori locali, operatori del diritto, giusvaloristi abbiano letto le risultanze di questa indagine. Non molti, visto che non ha avuto alcun seguito. Tuttavia, il documento parla chiaro e nessuno può chiamarsi fuori. La tratta, infatti, esiste e colpisce diverse categorie di persone ridotte in stato di schiavitù. In Italia, in Europa non nella repubblica centro-africana di Bokassa! A cominciare dal mercato del sesso, per l’appunto, che - secondo le stime dell’Interpol- solo in Italia supera le 50.000 unità “tutte trattate come schiave.†In Europa, sono almeno mezzo milione le donne, di diversa nazionalità , avviate al mercato della prostituzione che (cito dal documento conclusivo) “si traduce in un vero e proprio business del valore oscillante fra i 5-7 miliardi di dollari l’anno e ciascuna donna “trattata†vale 120-150 mila dollari l’anno. Questo denaro- continua il citato documento- nelle mani della criminalità organizzata, alimenta la corruzione e consente- ed allo stesso tempo impone- una capillare gestione di questo mercatoâ€. Il triste fenomeno non riguarda soltanto decine di migliaia di donne immigrate (africane, asiatiche, sudamericane ed anche europee) in gran parte minorenni, ma anche migliaia di schiavi-bambini costretti ad elemosinare, a rubare, quando non sottoposti all’espianto di organi da trapiantare. Queste ed altre pratiche rientrano perfettamente nella tipologia della schiavitù come definita dalle leggi e dalle convenzioni internazionali vigenti. Eppure nessuno si scandalizza, interviene adeguatamente. Quasi per il (falso) pudore di dover ammettere di convivere con una realtà così tragica che invece di affrontare si preferisce occultare, rimuovere. Esattamente il contrario di quanto avviene per i casi di stupro enfatizzati al massimo per deviare contro gli immigrati l’esasperazione dei cittadini e la violenza indiscriminata di gruppi di giustizieri metropolitani.