"E' con sentito rammarico per quanti sono scomparsi nella tragedia del sisma che ha sconvolto l'Abruzzo e per quanti hanno subito la perdita dei loro cari e dei loro beni, spesso ottenuti con grandi sacrifici in Italia ed all'estero, che va il nostro ricordo." Con queste parole e con l'invito ad un minuto di silenzio in memoria delle vittime, il Segretario Generale del CGIE ha aperto i lavori dell'Assemblea Plenaria del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero.
Il CGIE ha inteso essere concretamente a fianco della popolazione abruzzese, alla quale mi onoro di appartenere, con un’iniziativa concreta, istituendo un Fondo di solidarietà che sarà utilizzato d’intesa con il Governo, con la Regione Abruzzo e con la Provincia dell’Aquila per contribuire a fare fronte ai bisogni che nella ricostruzione della provincia verranno individuati come prioritari. Non lasceremo ad alcuno, se non alle popolazioni di quel territorio, la decisione di investire quanto gli italiani all’estero hanno donato con affetto, dimostrando il legame profondo che li lega all’Italia. Moltissime sono le iniziative che in ogni parte del mondo sono state intraprese dai Comites, dalle numerose Associazioni, molto spesso in stretta sinergia con le autorità locali, per raccogliere fondi e contribuire così alla ricostruzione in Abruzzo. L'appello del CGIE rivolto a tutto il mondo degli italiani all'estero, raccolto da molti, propone una pratica modalità per evitare la polverizzazione degli aiuti e lasciare il segno, nella ricostruzione, del contributo degli italiani all'estero. Aprendo i lavori di questa riunione plenaria, intendo dare una risposta alla domanda, talvolta esplicita, ma per lo più silenziosa, di coloro che si sono chiesti quale significato abbia la fitta agenda di lavoro predisposta in questa occasione a fronte del permanente silenzio istituzionale che ha caratterizzato, per quasi un anno, la dialettica nei confronti degli italiani all’estero. Un silenzio contrassegnato dai drammatici tagli imposti ad uno dei capitoli più esigui del bilancio dello Stato, che ha esposto in maniera tanto distruttiva quanto generalizzata, le comunità italiane all’estero, producendo gli effetti che ne sono derivati, e ne deriveranno nel breve, medio ed ancor più nel lungo periodo. Effetti distruttivi per la promozione della lingua e cultura in termini di perdita del collegamento con le nuove generazioni ma anche per lo sviluppo dei rapporti commerciali. Per non parlare della impressionante riduzione degli importi sull’assistenza diretta ed indiretta. Unico Paese fra quelli industrializzati ad incidere su questo versante. E come non sottolineare i riflessi che avranno il prossimo anno le decurtazioni sull’assistenza sanitaria a danno del segmento più debole delle comunità all’estero. Un "cahier de doléance", anzi di diritti sottratti perché sono impegni dovuti a chi ha dato ed ancora offre il proprio contributo a questo Paese nel momento del bisogno, nel quale rientra anche la stessa rete consolare, con quanto significa in termini di servizi alle nostre comunità all’estero e non solo ad esse. Mi permetto di confermare al Direttore Generale della DIGIT, Ministro Zuppetti: che il CGIE resta il suo più valido e sincero alleato in questa battaglia, che vede lo scontro tra amministrazioni diverse dello Stato per il mantenimento dei finanziamenti. Nello stesso tempo voglio rammentare al Direttore generale, Ministro, che difficilmente potrà raggiungere risultati positivi senza il sostegno del CGIE, dei Comites e della rete Associativa ed in una sola parola degli Italiani nel Mondo. Ed ancora: il fermo sulle iniziative a favore dei giovani all’estero riguardanti la formazione professionale, i cui bandi si sono impaniati in un controllo – dovuto sì per evitare sprechi e fumosi patrocini – ma anche in verifiche senza fine che poco hanno a che fare con una attenta utilizzazione delle risorse. - La contrazione – quando non il totale blocco - degli interventi a favore dell’associazionismo, che vede ridurre inevitabilmente per problemi di bilancio l’apporto anche sul fronte regionale. Ed ancora il blocco di alcuni impegni verso i patronati che pure rappresentano uno strumento di grande sostegno alla stessa rete consolare, di cui proprio Lei Direttore Generale dovrebbe con forza ed insieme a noi rivendicare l’attuazione. Non parlo, in questo contesto, dei Comites e dello stesso CGIE, che meritano un capitolo a parte. Ho citato in queste righe solo la punta emergente dell’iceberg che si è abbattuto in maniera dirompente su un mondo, quello delle comunità italiane all’estero, che è parte integrante di questa nostra società . Non un mondo malato da riconvertire, sminuire o valorizzare agli utili della combinazione politica di turno. Ebbene dobbiamo purtroppo rilevare che di questi tagli sembra essersi persa la memoria nelle sedi istituzionali, nessuna esclusa, anche da parte di chi queste ragioni dovrebbe avere in primo piano fra le proprie preoccupazioni e sulla propria scrivania per le competenze e le funzioni affidate, per il ruolo ricoperto. Queste le ragioni dell’agenda della nostra plenaria ! Il CGIE non intende demordere di fronte alla determinazione di chi si impegna ad incidere ancor più pesantemente, come è stato affermato in Parlamento,dal Sen. Mantica, per riformare con l’accetta ed il coltello, distruggendo con una presunta managerialità persecutoria un segmento sociale che pure è utile al Paese. Pesantemente sono state già colpite le politiche per gli italiani all'estero in quest'ultimo anno !. Come interpretare ora quel voler intervenire “pesantemente†nel quadro della riforma della rappresentanza degli italiani all'estero ? Le ragioni sono tutte racchiuse nella vitale e concreta rispondenza del CGIE alle esigenze di rappresentatività delle comunità all’estero, cui fanno riferimento i Comites, le rappresentanze regionali, il vasto mondo dell’associazionismo in Italia ed all’estero, le stesse rappresentanze diplomatico-consolari ed in buona parte anche la rappresentanza parlamentare, che non può e non riesce a dare univoche risposte. Mentre è prioritario ricercare una confluenza delle posizioni ed opinioni dei singoli, in un disegno comune che sposi le istanze delle comunità . Quelle vere, non dei labirintici pourparler che nulla hanno da invidiare ai bizantinismi evasivi di cui sono condite le cronache parlamentari . L’esercizio della democrazia non è semplice. Probabilmente è il sistema più complesso di governo che la società stessa si sia dato. Ed il suo grado di legittimazione é talvolta variabile, risultato, esso stesso, di aspri conflitti. Ma è quello che indubbiamente assicura la migliore tutela dei diritti collettivi ed il pluralismo delle opinioni. La stessa molteplicità delle fonti della rappresentanza è elemento decisivo della democrazia ed, assieme, conseguenza e risultato. Demonizzarla o ritenerla inutile fardello – come affermato dal Sen. Pedica - è considerare l’esercizio democratico un superficiale e inutile mezzo, da utilizzare in tempi di vacche grasse per vanificare la sua portata ed impegno in tempi di crisi. Su questo piano risulta, poi, addirittura inquietante che in un’assemblea parlamentare – luogo precipuo della rappresentanza democratica - si sia posto in essere, da parte della funzione legislativa, il tentativo di abiurare a strumenti, quali il CGIE ed i Comites, che hanno caratteristiche d’esercizio eminentemente consultive e propositive il primo, rappresentative delle istanze territoriali i secondi, deformandone ruoli e funzioni. Non vi nascondo che, vivendo all’estero, talvolta mi sorge il dubbio, mi sia sfuggito qualche passaggio del dibattito sulle riforma dello Stato e che la rigorosa separazione tra i tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario, assicurata dalla nostra Carta Costituzionale a fondamento della democrazia, sia stata dismessa. La stessa sensazione è serpeggiata nel corso del dibattito sugli italiani all’estero al Senato, nelle settimane scorse. Mi auspico che anche in questo caso non si debbano scomodare le alte cariche dello Stato per rammentare ad alcuni parlamentari che anche per il mondo degli italiani all’estero rimane valida tale separazione. Ma ancor più preoccupante in quell’occasione è stata l’affermazione del Sen. Mantica il quale, dopo aver soddisfatto l’esigenza di chi propendeva per il rinvio delle elezioni dei Comites e dello stesso Consiglio, espropriando le nostre comunità all’estero del diritto di espressione democratica del voto, ora ne sostiene il tentativo di cancellazione in virtù di una non ben chiarita funzione di riforma dell’uno e degli altri, trovando un’improvvisa e forse calcolata e speculata concordanza di idee con qualche parlamentare dell’opposizione. Potenza della crisi economica o tentativo di appropriazione da parte di alcuni, vogliosi di protagonismo, e forse di interessi prettamente personali, pronti a patteggiamenti e scambi ? Illazioni a parte, perché tante e ben poco realistiche ne sono state avanzate di proposte, ben venga una collaborazione attiva fra maggioranza ed opposizione, alla luce del sole e alla stessa stregua del CGIE, ma – attenzione - non a danno degli italiani all’estero, non a danno delle sue sudate strutture di rappresentanza. Non a danno, soprattutto, dei diritti delle comunità e della serietà del portato politico. Il CGIE ha esso stesso avanzato nel 2007 la sua proposta di riforma. Un documento risultato di una lunga e complessa riflessione, che ha tenuto conto delle diverse voci. Non giunge, dunque, improvviso il dibattito sulla riforma, né il CGIE intende ignorarlo. Tutt’altro ! Ma c’è un dato del quale occorre tenere conto. Il dibattito sulla riforma del CGIE arriva nel momento meno opportuno, al di fuori e prima della riforma istituzionale dello Stato, come già accennato, e nel contesto di un processo evolutivo di cui le diverse proposte presentate non tengono conto. Le riforme dei Comites e del CGIE non sono e non dovrebbero essere, dunque, una priorità nel calendario degli impegni indirizzati agli italiani all’estero. Sono ben altre le esigenze delle nostre comunità . Sono quelle che tratteremo in questa Assemblea Plenaria. D’altra parte, mi domando e Le domando, Sen. Mantica, se Ella stessa abbia ben compreso i passi in avanti che sta conducendo l’attuale consiliatura, il suo decentramento funzionale e valorizzazione continentale delle risorse istituzionali che vi fanno riferimento. Così come c'é da chiedersi come non aver notato che il CGIE ha di fatto cambiato natura alla luce della presenza in Parlamento di rappresentanti eletti dagli italiani all'estero ! In questi ultimi anni il CGIE ha sensibilmente rafforzato il raccordo con il territorio, ha coinvolto in ogni Paese ed in ogni continente i Comites e la rete Associativa. ha lavorato con le Consulte ed ha potuto produrre una documentazione puntuale su molti aspetti importanti per le comunità italiane nel mondo. In questa quadro la rappresentanza parlamentare,eletta nella circoscrizione estero, ha trovato la più giusta collocazione e il più efficace raccordo. La partecipazione dei parlamentari ai lavori del CGIE é stata ed é importantissima, in particolare la loro presenza ai lavori delle Commissioni Continentali. E mi domando allora se cavalcare la proposta avanzata dall’esponente dell’Italia dei Valori sia la prosecuzione di un disegno avviato con i tagli della Finanziaria 2009 per distruggere quello che sta diventando il sistema italiani all’estero e se l'annunciata ennesima razionalizzazione della rete consolare non farà che ampliare le difficoltà della stessa rete e delle nostre comunità e del sistema Paese. Il suo "disappunto" ,caro Sen. Mantica, nel non poter votare la mozione presentata da un parlamentare dell'Italia dei valori, che voleva la cancellazione pura e semplice del CGIE, la dice lunga sulla sua posizione. E preoccupa che proprio un esponente di Governo, al quale é stata affidata la delega per le politiche in favore degli italiani all'estero, si pronunci ripetutamente in tal senso, ritenendo che tutto ciò che interviene a sostegno del mondo dell’emigrazione italiana all’estero debba essere considerato solo e solamente puro assistenzialismo, senza considerarne i risvolti, senza fare i dovuti distinguo, senza avanzare vere riforme sullo statu quo, ma solo tagli indiscriminati. A fronte di tutto ciò, non posso non domandarmi se il Governo sia stato informato del fatto che il CGIE è strumento di rappresentanza esemplare sul piano europeo. Se il Governo, il Ministero degli Affari Esteri e la Direzione Generale degli Italiani all’Estero del Mae, affatto estranea alle vicende ed alle dinamiche del CGIE in tutti i suoi aspetti, siano informati sull’evoluzione del processo di europeizzazione delle dinamiche che riguardano coloro che vivono fuori dai confini della propria Patria. Se siano a conoscenza delle affermazioni del documento approvato in occasione della riunione di Parigi del settembre 2008 sull’ "Europe en mouvement" organizzata dal Governo francese . Se siano informati degli ulteriori sviluppi intervenuti con la riunione in Marocco, mentre in Italia si tenta di percorrere una strada in netta controtendenza, interrompendo processi in atto, ottenuti nell’inedia colpevole ed incongrua di quanti hanno, forse, ben poco da dire, ma devono conclamare il senso della propria funzione. Quanto al rinvio delle elezioni, domando a tutti voi presenti in questa sala ed a quanti hanno sostenuto tale decisione, quanto essa abbia risposto sul piano finanziario alle aspettative preannunciate e se, invece, non abbia contribuito ad interrompere il processo evolutivo degli organi di rappresentanza territoriale all’estero cui avrebbe dato voce la transizione generazionale Un "fermo biologico" che, nonostante tutto, ed anzi proprio perché in contrasto con l’idea di democrazia radicata nelle nostre comunità all’estero, sta dando nuovi frutti, irrobustendo la volontà dei giovani italiani all’estero di offrire a questo nostro Paese d’origine il proprio impegno e le proprie capacità per un futuro più solidale. I giovani italiani all’estero hanno dato in pochi giorni, in questo mese di aprile, difficile e drammatico per l’Italia, prova non solo della volontà di rinnovare il dialogo con il Paese ma, soprattutto, di sentirsi parte attiva della vita dell’Italia: dalla partecipazione alle iniziative pro terremoto alle manifestazioni da loro stessi organizzate per il 25 aprile, senza dimenticare la loro partecipazione alle riunioni continentali del CGIE, dei Comites e del mondo dell’associazionismo all’estero, sia giovanile che tradizionale, insieme all’adesione ad una miriade di manifestazioni e proposte di vario genere promosse in Italia ed all’estero. Motivi di grandissimo valore sul piano morale e politico, nazionale ed internazionale, di cui mi auspico si prenda concretamente atto in ambito governativo e parlamentare, e per il quale forte è la soddisfazione del CGIE, il cui impegno è stato determinante nella nascita del collegamento con i nostri giovani all’estero, dimostrando come l’Italia possa ancora contare sulla partecipazione determinante delle sue comunità all’estero, nonostante il trascorrere del tempo e la miopia politica ed istituzionale dimostrata in questi ultimi mesi. -------- In buona sostanza, la "ragionevolezza finanziaria" di una eventuale sospensione dell’Assemblea e di due Comitati di Presidenza, nelle more di un bilancio pesantemente depauperato, è stata superata dal profondo senso di responsabilità che anima il CGIE e che - egregi rappresentanti del Parlamento e del Governo - ancora una volta lo voglio ribadire - opera in regime di puro volontariato, come avviene per le iniziative poste in essere dagli esponenti del mondo dell’associazionismo e dagli stessi rappresentanti dei Comites allorché offrono il proprio impegno e la personale responsabilità , alle comunità presenti nelle proprie circoscrizioni. Migliaia di persone di cittadini italiani che vivono nel Mondo esprimono tutta la loro forza la loro passione attraverso il volontariato ! E proprio sull’impegno di volontariato che prosegue nel tempo e sta passando il testimone dalle vecchie alle nuove generazioni, mi soffermo perché si tratta di due risposte sociali, due valori altrettanto grandi. Per le prime generazioni di italiani all’estero corrispose ad un’esigenza di sostegno, talvolta concreta e materiale, talaltra psicologica e sociale Cosicché mentre negli Stati Uniti, divenuti faro e Paese di quotidiano confronto per il nostro Paese, nonostante le evidenti differenze strutturali e politiche, si punta a sostenere il volontariato sociale in tutti i modi, in Italia non solo non lo si valorizza pur traendo da esso la propria forza ed esperienza a contatto con le collettività , ma si tenta di distruggerne con facile ironia perfino l’immagine, mettendo in dubbio l’intero contesto, prima di accertarne le condizioni e le presenze. La sua difficile sopravvivenza, spesso dovuta ai singoli elementi, nell’attuale condizione di limitate disponibilità finanziarie risulta, dunque, ancor più meritoria ed è sicuramente offensivo, ripeto offensivo ed umiliante – soprattutto in un’aula parlamentare, che tutti ha il dovere di rappresentare - riaffermare, con cinismo, dubbi ed illazioni del tutto estemporanee, non sono suffragate da prove di verità ma espressione del più puro qualunquismo. Illazioni similari si potrebbero facilmente sollevare anche sul fronte istituzionale laddove proliferano a dismisura tavoli e gruppi di lavoro che nulla aggiungono alle dinamiche economiche e politiche. Non mi permetterei mai di farlo, ma non vorrei permettere nemmeno ad altri, di tranciare giudizi affrettati o quantomeno pregiudiziali. Si vada a fondo, si perseguano obiettivi concreti ed il CGIE, insieme alle consulte regionali , ai Comites, alla CNE ed al mondo dell’associazionismo tutto, condividerà l’impegno costruttivo. ---- Costruttivo come la presenza dei giovani nel volontariato associativo. Una risposta veramente diversa, ma forse, addirittura, maggiormente preziosa sul piano dei valori ideali che fanno riferimento al nostro Paese. La loro è una scelta ideale: quella di rimanere collegati, con qualsiasi strumento, all’Italia, cercando di conoscerla profondamente, intimamente; affrontando dinamiche “incomprensibili†anche alla media degli italiani che vivono nella penisola. Gli stessi giovani presso i quali, Lei sottosegretario si é speso perché esprimessero la loro identità . Lo hanno fatto prima e dopo la Conferenza. Certo, autonomamente ! Organizzandosi sul territorio ! A livello nazionale più che continentale, in attesa che il Paese Italia si decida a dare loro delle risposte concrete ! Perché finora – Le voglio ricordare – di risposta ne é stata data una sola: il drastico taglio dei corsi di lingua e cultura italiana ! Dopodiché il passaggio successivo sull’argomento, egregio Sottosegretario, c’è stato nei giorni scorsi in Senato: "i corsi di lingua italiana si possono anche pagare". Ha ragione ! Esistono ottimi corsi di lingua italiana e cattedre di cultura italiana all’estero che parlano inglese, spagnolo, portoghese, perfino russo, ma allora non andiamo a perorare la causa dell’abbraccio paterno dell’Italia verso le nuove generazioni di origine italiana all’estero! Parliamo, piuttosto, dell’offerta di una generica amicizia, a scopo commerciale ed imprenditoriale! La cultura è un bene di lusso. Diamine, si vende ! ------ L’indizione di questa Assemblea plenaria non è e non vuol essere una retorica affermazione di intenti, una dichiarazione di fedeltà alla missione di cui è portatore il Consiglio degli Italiani all’estero. Non è, soprattutto, un’iniziativa tesa alla negazione delle voci che intendono affermare uno status di autoreferenzialità , nonostante l’evolversi delle situazioni e degli avvenimenti. Sarebbe incongruo ed immorale, se così fosse ! Né rappresenta occasione sostanziale, e sottolineo sostanziale, per dibattere della riforma dei Comites e del CGIE quando ancora non sussistono gli elementi di riferimento della riforma delle istituzioni dello Stato cui la rappresentanza della Circoscrizione estero dovrebbe agganciarsi. In particolare la modifica del ruolo, della composizione e della rappresentanza delle due Camere. In questo quadro – ricordo - le due rappresentanze, Camera e Senato, potrebbero assumere un ruolo diverso nel contesto di una politica che consideri gli italiani all’estero parte intrinseca del "sistema Paese " e, dunque, di tutte le sue componenti, dal livello nazionale a quello delle Regioni fino al livello locale, dei Comuni. La nascita del Senato Federale, il Senato delle Regioni e dei territori potrebbe rappresentare un ruolo diverso nel contesto di una politica che consideri gli italiani al'estero parte intrinseca del "sistema Paese" e, dunque, di tutte le sue componenti, dal livello nazionale a quello delle Regioni fino al livello locale, dei Comuni. In questo contesto i Comites ed il CGIE assumerebbero tutto un'altra funzione e ruolo e la riforma dovrebbe essere orientata in tal senso. Ma la riforma stessa dello Stato sembra essere argomento non segnato nell’agenda politica degli ultimi mesi. Intendiamoci, il dibattito politico apporta nuove idee e nuove opportunità di riflessione, come lo stesso dibattito parlamentare nei giorni scorsi al Senato sulla Mozione-ha dimostrato, nonostante un esito dai contorni scontati o velleitari, non cogenti e quanto mai generici. E non a caso, dunque, il tema è stato inserito nell’ordine del giorno dei lavori di questa Assemblea fra gli argomenti dell’impegno istituzionale del CGIE, sui quali fare il punto. Un argomento istituzionale, appunto, ma non contingente ! ----- Contingente è stata, invece, e tutt’ora lo è, la risposta all’esigenza di continuità dell’azione innovativa condotta in questi tre anni dal CGIE, di cui sembra che in Italia si tenda ad ignorare la portata. E per di più si imputa al CGIE ed al suo Comitato di Presidenza una volontà attendista, ignorandone tale spinta evoluzionista, che nulla ha a che vedere con un certo spirito di autoconservazione, troppo spesso definito a tutela dei valori. Di quali valori, mi domando ! Di quelli che raccolgono le esigenze di sviluppo delle nostre comunità o quelle della tutela degli interessi di alcuni gruppi ? All’estero, sebbene con la dovuta tara per quanti hanno nel proprio DNA la tendenza all’appropriazione indebita nei momenti positivi ed all’ostruzionismo congenito nelle situazioni difficili, è invece evidente che il CGIE è riuscito ad esprimere una rappresentatività unitaria sostanziale, attraverso il confronto ed il conforto delle diverse componenti del mondo dell’emigrazione. E lo ha fatto in un’azione di sistema che va al di là dei suoi meri interessi istituzionali. Un’azione di sistema che vede i suoi consiglieri dialogare e confrontarsi costantemente con i Comites, la rete associativa e con le strutture sul territorio all’estero, in uno scambio costante di esperienze e di rappresentatività . Che ha visto il CGIE improntare dal giorno della loro elezione il dibattito e la riflessione con i rappresentanti delle comunità italiane all’estero in Parlamento. Con alcuni di essi, d'altra parte, non é mancato, in particolare, un lavoro importante e non certo fine a se stesso sia sul piano parlamentare che nel raccordo con le comunità e le istituzioni a livello territoriale. Un lavoro sinergico che ha permesso -sia ai parlamentari come allo stesso CGIE- di non consumare le proprie energie nel dibattito e nel dialogo istituzionale com’era avvenuto in passato, divenendo, per certi versi, autoreferenziali e più limitatamente presenti sul fronte territoriale. Un’azione di sistema che ha rappresentato in questi mesi lo zoccolo duro dell’emigrazione italiana. E se i risultati del nostro impegno non sono tali quali avremmo sperato, non oso pensare a ciò che sarebbe successo senza di esso ! Forse il CGIE verrà presto definito non più inutile, non più ripetitivo ma scomodo per chi non ha a cuore il collegamento con le comunità all’estero. Scomodo come la voce di chi denuncia gli appuntamenti e gli impegni istituzionali non mantenuti e ne persegue l’attuazione, luogo di coordinamento della rappresentanza territoriale e di consulenza delle istituzioni dello Stato... Vorrei ricordare, e la presenza delle rappresentanze regionali in questa sala lo testimonia, il ruolo di riferimento che le stesse Consulte ed assessorati regionali hanno conferito al CGIE in quanto organismo di rappresentanza dei livelli territoriali e l’impegno che le stesse Regioni stanno avanzando perché si giunga all’indizione della III Conferenza Stato/Regioni-Province Autonome/CGIE. Un altro impegno finora evaso dal Governo ma che sta diventando pressante materia di attualità , anche alla luce della legge sul federalismo e dell’accordo quadro sulle attività all’estero delle Regioni raggiunto nel dicembre 2008 con il Ministro per le politiche regionali Raffaele Fitto. Un ultimo ma importante accenno agli appuntamenti statutari del CGIE: la seconda Assemblea plenaria annuale ed i Comitati di Presidenza. Impegni che la condizione finanziaria imposta al CGIE dalla Finanziaria 2009 rende difficilmente perseguibili alla stregua del passato. Un vulnus normativo che va ad assommarsi alla mancata indizione del rinnovo dei Comites ed il CGIE. Il Comitato di Presidenza del CGIE si sta battendo perché tale impegno possa essere mantenuto. Finora il Comitato di Presidenza ha preferito privilegiare gli incontri continentali, perseguendo quella impostazione funzionale di cui ho tratteggiato i termini poc’anzi. Tuttavia, sottolineo come si renda impossibile nelle condizioni attuali il perseguimento di tali impegni. Il Comitato di Presidenza e la stessa Segreteria esecutiva si stanno battendo e continueranno a battersi perché la situazione possa evolversi positivamente, permettendo di dare seguito agli impegni di legge. E come Segretario Generale sono pronto a sottoscrivere la mozione presentata dal consigliere del Canada, Carlo Consiglio, e se egli me lo permette potrei essere il primo firmatario perché l’Assemblea Plenaria si tenga nei tempi e secondo le modalità previste dalla legge istitutiva, così come alcuni Comitati di Presidenza, che potrebbero essere disattesi. Subito dopo, però, dobbiamo chiederci Consiglio ed io con quali mezzi possiamo raggiungere l'obiettivo ? Come possiamo rispettare il dettato legislativo Certo, caro Consiglio, l'ipotesi alternativa potrebbe essere quella di provvedere noi stessi, contribuendo finanziariamente all’iniziativa, nello spirito di servizio e di volontariato che caratterizza l’impegno di ciascuno di noi nei Paesi di residenza. Rimetto, dunque, all’Assemblea la decisione con quanto essa comporterà nell’uno e nell’altro verso. Il Comitato di Presidenza ne assumerà le responsabilità che ne deriveranno ! ------- Egregio Sottosegretario, cari Deputati e Senatori, cari Consiglieri, il nostro é il tempo della transizione: da quella generazionale, a quella della politica globale, che abbiamo in qualche modo anticipato nel mondo dell’emigrazione ma che si sviluppa secondo canoni e percorsi differenti da quelli che abbiamo pensato. Un fatto, però, è certo – ed è il segno che il CGIE ha colto e rilanciato in questi ultimi anni – é finito il tempo del centralismo democratico nazionale. La nostra realtà é internazionale ed è sovranazionale. Il senso del nostro ruolo ed esistenza è espressione dell’intensità dei rapporti che attengono ai sentimenti – permettetemi di ricordarlo - oltre che agli interessi culturali sociali e politici delle nostre comunità , non delle esigenze e delle espressioni politico-partitiche del nostro Paese di origine. Da parte di alcuni può essere letto come un handicap. Per altri è un pregio. In ogni caso è istituzionalmente doveroso tener conto di questi importanti assunti e non indulgere in un cinismo dialettico, oltre che di pensiero, che talvolta va ben al di là di un realismo più di maniera che di sostanza. E, d’altra parte, mi domando come non potrebbe essere tale, considerata la scarsa, per non dire assolutamente inesistente attenzione con la quale, Sottosegretario, Lei guarda a questo mondo ! Che non è fatto solo di soggetti rampanti ed avveduti, né solo di poveri e straccioni, ma di un coacervo di condizioni e di situazioni, la cui realtà non è misurabile nei numeri che le vengono forniti dall’Amministrazione, ma necessitano di impegno e soprattutto di volontà di conoscenza. Mi scuserete se mi permetto di concludere con una considerazione prettamente personale. Probabilmente, caro Sottosegretario, Lei rimuove la militanza in un partito che ha fatto in tempi non remoti della battaglia per gli italiani nel mondo una bandiera senza temere lo scontro né partitico, né istituzionale. E glielo sta ricordando un uomo di sinistra! Non Le chiedo quella assunzione di responsabilità ma almeno un impegno che non sia ad ogni piè sospinto preconcetto e che spesso può essere interpretato facilmente, come risulta, un insulto alla dignità dei nostri connazionali all’estero ! Donne e uomini che ancor oggi sono capaci di offrire generosamente, ed ai quali occorre dare doverosamente concrete risposte alle loro rivendicazioni, esigenze, aspirazioni e anche sostegno nel momento del bisogno ! Con queste considerazioni avrei voluto terminare qui il mio intervento incentrato tutto sulle comunità italiane all’estero ma il dovere morale e politico, di cui mi sento investito come italiano, italiano all’estero e Segretario di questo organismo, mi inducono a soffermarmi sulla situazione che sta vivendo l'Italia sulle vicende dell’immigrazione. Gli italiani all’estero sono profondamente, dolorosamente, preoccupati per gli avvenimenti che si succedono e per le stesse affermazioni delle istituzioni del nostro Paese che negano la realtà dei fatti e dei diritti ! Che abiurano alle dichiarazioni dei trattati internazionali che il nostro Paese ha firmato sulla protezione dei migranti ! Che trattano bambini e donne alla stessa stregua dei delinquenti ! Che negano l’evidenza dei processi culturali e sociali in corso ! Che mettono in pericolo la stessa coesistenza civile in nome di una malintesa “protezione†dei suoi cittadini, delle sue tradizioni, della sua cultura ! Ed al tempo stesso ci si qualifica come un grande Paese ! Siamo preoccupati per la deriva a cui assistiamo impotenti, noi “cittadini del mondoâ€, che viviamo in un mondo multiculturale e multietnico, abbiamo dificoltà a capire il rifiuto di un'Italia siffatta, noi che abbiamo vissuto in passato sulla nostra pelle le stesse battaglie, i cui risultati hanno permesso l’evolversi sociale e politico dei Paesi che ci hanno accolto e che abbiamo contribuito significativamente a rendere civili e forti.