(di Agostino Spataro) -  Di questi tempi, si fa un gran parlare di riforma della “sicurezza†anche se non si capisce a che cosa dovrà servire. In realtà , più che una riforma sembra un’invocazione generica, demagogica, nel bel mezzo di una campagna elettorale. Tuttavia, sarebbe da stolti non vedere che per quanto populista sia l’approccio i suoi promotori fanno leva su problemi reali. Il bisogno di sicurezza, infatti, è venuto crescendo nella società ,
soprattutto nei settori meno abbienti e perciò meno protetti. Talvolta questo bisogno è gonfiato ad arte per mezzo di campagne mediatiche mirate ed allarmistiche, ma si basa sempre su un nucleo di verità . Perciò è utile rifletterci sopra, tentando di rispondere ad alcuni interrogativi che frullano, insoluti, nella mente un po’ frastornata della gente. Sicurezza o ordine pubblico democratico? Già il termine stesso di “sicurezza†suscita qualche perplessità , specie se non è accompagnata da un’aggettivazione che la definisca nel suo valore politico e in sintonia col dettato costituzionale e col diritto internazionale. Solitamente, si usa tale termine in riferimento ad un edificio, ad un’infrastruttura, ad un lavoratore, all’integrità territoriale di un Paese, ecc. Insomma, il concetto di sicurezza più s’addice a qualcosa di specifico meno ad un sistema complesso e in evoluzione di relazioni umane, sociali, ambientali. A scanso di equivoci, meglio sarebbe dire “ordine pubblico democratico†che sembra una dizione più idonea per definire il sistema e più consona con lo spirito e con la lettera della Costituzione repubblicana e antifascista. Per essere veramente democratico quest’ordine deve essere partecipato e organizzato sulla base di uno sforzo coordinato e congiunto di tutte le forze sociali e politiche che affidano allo Stato la responsabilità di farlo funzionare, secondo giustizia, efficienza ed uguaglianza. Ovviamente, i cittadini possono / debbono collaborare con lo Stato in questa delicata opera di salvaguardia del bene comune, senza per questo ricorrere a ronde e a compagnie di ventura che creano confusione sul terreno operativo e potrebbero debordare in una gestione partigiana, arbitraria della sicurezza. Parliamoci chiaro, le milizie, i volontari con le divise o con le camice nere, rosse, verdi, ecc sono sempre stati al servizio di un progetto politico o di uno Stato autoritari. In Italia, per altro, questa esperienza è stata amaramente vissuta con la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale fortissimamente voluta dal fascismo il quale, con la scusa di combattere la delinquenza, se ne servì per soffocare la democrazia politica e la libertà dei cittadini. Se una riforma c’è da fare è la riorganizzazione delle forze dell’ordine che devono essere strutturate e dotate dei mezzi necessari per adempiere al meglio ai compiti istituzionali, senza essere distolte per incombenze di tipo amministrativo o, peggio, per garantire una scorta, sovente solo uno status-symbol, ad una pletora di esponenti politici e di governo. La riforma governativa corrisponde al bisogno reale di sicurezza? A parte talune norme antimafia (non disprezzabili), il provvedimento Lega - Berlusconi, oltre che discutibile nel merito, appare inadeguato al bisogno poiché offre una risposta parziale e pasticciata ad un problema complesso e vasto qual è quello della “sicurezza globale†che, certo, non può essere ridotta all’immigrazione clandestina. Se per sicurezza deve intendersi, in primo luogo, la tutela della vita e della salute umane, questo provvedimento trascura la gran parte dei fattori d’insicurezza che ogni anno, in Italia, provocano diverse migliaia di vittime e feriti. Più di una guerra mediorientale. Penso all’elevato numero di vittime causate dagli incidenti stradali o sul lavoro, dai casi di malasanità , dalle aggressioni della microcriminalità , dalle violenze di quella organizzata, dal bullismo, dalla pedofilia, dallo sfruttamento della prostituzione, dal mercato nero del lavoro, dal contrabbando, dalle sempre più frequenti esplosioni di follia, di gelosia, ecc. Una sequenza impressionante di eventi tragici che chiamano in causa l’organizzazione della società e le responsabilità dello Stato e dei vari organismi preposti alla prevenzione dei reati e al controllo del territorio. Garantismo o permissivismo? In realtà , la tanto sbandierata “sicurezza†leghista e governativa, concentrandosi ossessivamente sull’immigrazione clandestina, non interviene sui diversi fronti dell’insicurezza diffusa, soprattutto nei grandi centri urbani e nelle periferie dove si registrano i più gravi allarmi sociali. Rispetto a tali fenomeni c’è un groviglio di cause che vanno chiarite e rimosse, richiamando la responsabilità della classe dirigente che sembra avere abbandonato la società alla deriva, in balia di un permissivismo eccessivo contrabbandato per garantismo. Tale “equivoco†ha creato uno squilibrio fra la giusta esigenza del recupero dei soggetti deviati e la tutela dei diritti dei cittadini vittime delle varie devianze. Insomma, si è capovolto il senso vero dello Stato democratico che, in primo luogo, deve tutelare la sicurezza, i diritti dei cittadini onesti e dopo, se compatibili con tale priorità , anche quelli di chi, in vario modo, vi attenta. Questo a me pare un punto chiaro da riaffermare anche da parte di una sinistra che, se vuole aspirare ad un ruolo di governo, non può regalare al centrodestra il monopolio della sicurezza, per altro esercitato in chiave propagandistica e populista. Ma la sicurezza è di destra o di sinistra? Penso che dovrebbe essere un valore fondante della convivenza civile, condiviso da tutte le forze democratiche. Tuttavia, se proprio le si vuol dare una connotazione politica credo che tutelare la sicurezza dei cittadini sia più interesse della sinistra e delle forze progressiste e meno della destra. Se non altro per il fatto che la domanda di sicurezza proviene, prevalentemente, dai ceti medi e meno abbienti i quali si rivolgono allo Stato perché, a differenza delle classi agiate, non dispongono di mezzi propri per tutelarsi. Ecco perché dovrebbero essere le forze di sinistra, progressiste a farsi carico del problema, con politiche basate sulla prevenzione e sul recupero, ma anche, se è necessario, sulla giusta repressione dei reati, come vuole la legge. Lasciare tale compito al centro-destra è un grave errore politico poiché - come si vede- non risolve il problema della sicurezza vera e ne fa solo una bandiera da agitare per fini elettorali. Senza dimenticare che, storicamente, la destra ha sempre strumentalizzato il bisogno di sicurezza per imporre un ordine autoritario, talvolta illiberale.