Chiusura di un alto numero di uffici consolari, duro colpo per le comunità italiane all’estero e per il sistema Italia Dopo molti silenzi ed evasive risposte alle interrogazioni presentate da numerosi parlamentari appartenenti a diverse forze politiche, il Governo, con l’audizione del sottosegretario di Stato agli affari esteri, Alfredo Mantica, sul processo di razionalizzazione della rete degli uffici all’estero (seduta congiunta delle Commissioni affari esteri Senato e Camera del 10 giugno),
ha reso noto le proprie intenzioni su questa tema così delicato, tanto per i sevizi riguardanti le comunità italiane emigrate che per il supporto al sistema economico e imprenditoriale italiano. La manovra varata del Governo prevede un alto numero di chiusure di uffici oltre che declassamenti e accorpamenti vari: saranno chiuse 19 sedi, tra consolati, agenzie e ambasciate (vedi tabella), e le loro competenze saranno attribuite ad altri consolati o ambasciate; inoltre, 4 consolati generali saranno declassati a consolati (Alessandria, Basilea, Gedda, Karachi). Il sottosegretario Mantica ha precisato che la manovra di razionalizzazione sarà graduale, partirà nell’ultimo trimestre 2009 e si concluderà nel 2011. Essa colpirà in particolare il Belgio, la Francia, la Germania, la Svizzera, gli Stati Uniti e l’Australia. Il sottosegretario ha inoltre illustrato i criteri ispiratori e quelli di massima per la riallocazione del personale degli uffici che saranno chiusi. La ristrutturazione della rete illustrata dal sottosegretario Mantica è un duro colpo per le comunità italiane emigrate e le perplessità sono state espresse anche dai presidenti delle due Commissioni, Dini e Stefani. È assolutamente eufemistico attribuire valore di razionalizzazione ad una manovra che è di puro smantellamento e che si aggiunge ai tanti colpi inferti dall’attuale Governo agli italiani all’estero: l’esclusione degli italiani emigrati dall’abolizione dell’ICI sulla prima casa, i pesanti tagli ai corsi di lingua e cultura italiana e all’assistenza, l’oblio sceso su temi di fondamentale importanza come la cittadinanza e la riforma della legge 153, il mancato rinnovo dei Comites e del CGIE ed ora l’annuncio di questo pesante colpo ai servizi consolari. Cosa ci dobbiamo aspettare ancora? Giova ricordare che stiamo ancora assorbendo le conseguenze della 3° manovra di razionalizzazione e già siamo confrontati con la 4° fase. Nella sua esposizione il sottosegretario Mantica ha più volte richiamato il “potere salvifico†di una ulteriore informatizzazione della rete - il cosiddetto “consolato digitaleâ€, in via di sperimentazione in un paio di sedi -, un fatto senz’altro positivo, ma che, a rigor di chiarezza, avrà bisogno di una diecina di anni e di ingenti investimenti prima di essere operativo. Per inciso, va detto che gli uffici consolari non sono in rete tra di loro a livello di nazione per cui il transfer o lo scambio di dati da un consolato all’altro è possibile soltanto in via cartacea, che in considerazione della marcata mobilità che si registra soprattutto nel Paesi ad economia avanzata contribuisce a frenare l’efficienza e la rapidità del servizio. La verità è che i tagli alla rete sono stati imposti dalla legge triennale di finanza pubblica varata dal Governo che non ha risparmiato il bilancio del Ministero degli affari esteri, di per se tra i più bassi dell’area G8 in rapporto al PIL e regolarmente preso di mira da tutte le finanziarie dell’ultimo decennio (unica inversione di tendenza con il precedente governo Prodi). La portata economica della manovra non è stata documentata con chiarezza ed è difficile credere che il risparmio complessivo, alla fine della manovra sarà di 8 milioni di euro, come ha sostenuto il sottosegretario Mantica. Senza contabilizzare le probabili perdite derivanti dal peggioramento delle relazioni economiche, è noto che la chiusura delle sedi comporta nella fase iniziale notevoli costi aggiuntivi per il trasporto e sistemazione dell’archivio e delle apparecchiature, la dismissione degli arredi, il reperimento di locali adeguati, il riallineamento della rete informatica nella sede che accorpa quella in chiusura, ecc., per cui il risparmio difficilmente sarà realizzato, soprattutto nei primi anni. Nel corso dell’audizione il sottosegretario Mantica spostava idealmente diecina di migliaia di cittadini italiani dal consolato in chiusura a quello ricevente, come se fossero pedine di una grande scacchiera. Sono invece cittadini italiani con pari diritti e dignità di quelli residenti nei confini nazionali e un solo dato è indicativo per tutti: nelle sedi consolari che saranno chiuse risiedono oltre 417 mila cittadini italiani. L’idea di intere comunità private di servizi di prossimità è veramente inaccettabile. Ed è veramente incomprensibile come si possa partorire l’idea di chiudere il Consolato di Losanna, che oltre alla posizione strategica che ricopre amministra atti e servizi per una comunità di 60 mila connazionali. La verità è ben diversa da quella descritta dal sottosegretario Mantica: la rete diplomatica è già ora in grande sofferenza. I tagli di bilancio imposti dalla finanziaria 2009 hanno fortemente penalizzato la dotazione di personale delle rete, per cui è altamente improbabile che le sedi riceventi possano fornire servizi efficaci ad una comunità di cittadini raddoppiata e in alcuni casi triplicata per effetto dell’accorpamento. I tagli di bilancio hanno praticamente azzerato le risorse finanziarie per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei Consolati, nemmeno per la cosiddetta minuta manutenzione. Ne vi sono le risorse finanziarie per i necessari interventi volti ad assicurare la sicurezza e l’igiene del posto di lavoro, come stabilito dal decreto legislativo n. 81/2008. I tagli toccano anche le spese postali, drasticamente ridotte, con la conseguenza che già nel corso dell’anno molte sedi potrebbero essere costrette ad imputare ai connazionali i costi per l’invio di atti e documenti ai Comuni italiani di rispettiva iscrizione AIRE. È inaccettabile il metodo proposto per i tagli degli uffici: non s’intravede una meditata valutazione comparativa dell’effettivo peso specifico delle diverse sedi diplomatiche e non s’intravede una attenta riflessione su come rivedere l’intera attività consolare. Per esempio reimpostando l’attività delle sedi secondo una concezione più moderna che - soprattutto nell’ottica delle cittadinanza europea - alleggerisca, anche sul piano delle procedure, il peso dei servizi trasferendone in parte l’onere sui Paesi di residenza. Mancano inoltre, nella manovra preparata dal Governo, criteri comprendenti la densità (connazionali residenti nella circoscrizione consolare), rapporto con le distanze, consistenza dell’organico di personale, le risorse auto-generate dalle sedi, il loro grado d’importanza strategica. Il Governo, infine, sottovaluta enormemente l’importanza delle relazioni economiche, sociali e culturali che ruotano intorno alle sedi consolari. Il presidente del Consiglio federale della Germania, nonché ministro presidente del Saarland, Peter Müller, ha scritto recentemente al Ministro Frattini in relazione alla chiusura del consolato di Saarbrücken. La Germania è il paese numero uno per le esportazioni italiani e proprio nel Saarland operano oltre 400 imprenditori italiani residenti in quella regione che, oltre a dare lavoro a 4000 persone, costituiscono un importantissimo riferimento per il Made in Italy. La minacciata chiusura delle sedi consolari è un autogol pesante per la promozione del sistema Italia nel quadro dell’internazionalizzazione. Al Governo ho chiesto che si apra un dibattito e un confronto serio che deve andare oltre il gioco delle parti maggioranza-opposizione, ma deve badare agli interessi strate