(Salvatore Augello) - I numeri dei ballottaggi in Sicilia, dicono chiaramente che la gente non gradisce alleanze inventate all’ultimo minuto, solo per tentare la scalata al potere. Confusione, disaffezione alla politica, qualunquismo, trasformismo, solo per citarne alcuni, sono i sentimenti che possono generare e, alla luce dei risultati generano,alleanze incomprensibili, che allontanano ogni sintomo di identità di appartenenza.
Caltanissetta, Monreale, ma zara del Vallo, sono testimonianze eloquenti di una alleanza inventata tra il PD, l’MPA, pezzi di UDC, pezzi di PDL contestatari, una sorta di miscellanea senza alcuna identità , nel nome di un laboratorio sperimentale che dovrebbe portare al così detto partito del sud voluto da Lombardo e da meridionalisti dell’ultima ora. In tutte e tre le località il centro sinistra perde, anche clamorosamente, come accade a Ma zara del Vallo, ma è proprio il centro sinistra che perde, o è piuttosto questo tipo di alleanze ibride, questi laboratori inediti al di là e al di sopra dei partiti, questa esasperata rincorsa del potere ad ogni costo, che per altro non mettono assieme forze ed alleanza naturali come tutte quelle che si ispirano alla sinistra, che in questo modo vengono lasciate allo sbando. Non è raro poi vedere, come a Campobello di Licata, che per ripicca, la lista ufficiale del PD non fa confluire i propri voti all’altro candidato di ispirazione di centro sinistra, ma ufficialmente autonomista, ma al candidato del PDL o al partito delle astensioni, decretando il cambio di maggioranza dopo anni di amministrazione di sinistra e di centro sinistra, ma anche dopo anni di faida politica che da tempo vede contrapposte due ed anche più fazioni, che si danno battaglia per conquistare la guida del partito e quella del potere, elementi oggi sfuggiti tutti e due dalle mani di questi eterni e irresponsabili rivali. Siamo al suicidio politico, al karakiri della politica, che vede pseudo gruppi dirigenti che si scontrano tra di loro, incuranti della realtà che li circonda, incuranti dei problemi della gente, in mezzo alla quale non stiamo più come una volta. Oggi cìè la tendenza a delegare la campagna elettorale ai mezzi mediatici o a comizi che sembrano risse piene di veleni, invece che a dibattiti politici, ad iniziative sui problemi, sui programmi, che una volta vedevano i politici tra la gente, essendo parte integrante di qul popolo di cui si volevano reggere i destini. Ho parlato di programmi? Forse non avrei dovuto, visto che ormai spesso ci troviamo di fronte a proclami che non rispecchiano minimamente la realtà , sembrano romanzi dei sogni, che non tengono nemmeno con to dei poteri che oggi hanno i comuni e dei mezzi economici a loro concessi. In definitiva, questo PD è ancora tutto da costruire, da amalgamare, da dotare di forte identità in cui sia facile per il popolo riconoscersi e richiamarsi con orgoglio, con spirito di sacrificio, con senso di militanza come accadeva una volta. Un partito senza identità non va da nessuna parte, meno che mai perviene alla gestione del potere. Un forte senso di identità , come è accaduto nelle città del nord, come Firenze, Bologna, ed altre, dove la gente ha fatto quadrato attorno al proprio candidato, perché espressione di una realtà politica ben definita, perché raccoglitori di una tradizionale eredità che in Italia ha saputo scrivere la storia della sinistra e del movimento operaio sia esso di ispirazione laica che cattolica. A questi valori deve tornare la sinistra ed il centro sinistra, ad una politica di aggregazione e non di alleanze ibride, a valori di grande respiro nazionale e non a regionalismi che non pagano come quello di Lombardo, a fidane ne proprie forze e a potenziare le stesse e non ad introdursi nelle spaccature degli altri nel tentativo di dividere l’avversario, che poi, guarda caso, riesce a trovare un momento di sintesi e lascia con le pive nel sacco a cho credeva di avere fatto esplodere contraddizioni e rotture, che poi allìombra del potere si ricompongono. Identità e spirito di sacrificio, bisogna sapere richiedere alla giovani generazioni che si affacciano alla politica e che debbono guardare ai partito non come a strumenti obsoleti da cancellare ed assieme con essi anche la storia, ma a validi strumenti politici di crescita sociale e culturale, che dalla loro storia di un fulgido passato, debbono metterci in condizione di guardare al futuro per costruirlo, per guidarlo, per renderlo aderente ai bisogni della gente, ma quello che più conta, per dare ad esso ed ai parito nuovi, dimensione nazionale e non ristrette e discutibili dimensioni regionalistiche.