Il Presidente del Comitato degli italiani nel mondo interroga il Governo sui motivi per cui non è stato ancora ratificato l’accordo di sicurezza sociale con il Cile Nella sua interrogazione presentata in questi giorni il parlamentare del PD eletto in America latina osserva che nel mese di marzo 2015, dopo ben oltre dieci anni di inattività in materia di stipula di convenzioni bilaterali di sicurezza sociale, la Camera dei deputati ha ratificato il nuovo accordo di sicurezza sociale con la Turchia (che era già stato approvato dal Senato) ed ha approvato i Disegni di legge per il rinnovo della convenzione di sicurezza sociale con il Canada e la stipula delle convenzioni con Giappone e Israele, che ora dovranno passare al Senato per la ratifica definitiva. Secondo Porta se da una parte la stipula di questi accordi dimostra un rilancio, ancorché limitato, dell’interesse dello Stato italiano in materia di tutela socio-previdenziale dei lavoratori italiani emigrati all’estero, dall’altra non si può non stigmatizzare il fatto che per l’ennesima volta i diritti dei nostri cittadini emigrati in Cile e delle collettività di cileni in Italia sono stati esclusi dal sistema di assicurazione previdenziale bilaterale dello Stato italiano. Va rilevato infatti che sono trascorsi ben 17 anni dalla firma dell’accordo di sicurezza sociale con il Cile e dalla sua relativa e immediata approvazione da parte del Parlamento cileno e il Governo e il Parlamento italiani non hanno ancora onorato gli impegni internazionali assunti con il Cile, con il popolo di quel Paese e soprattutto con le migliaia di cittadini italiani ivi residenti. Attualmente – ricorda l’On. Porta che da anni si batte per la stipula di accordi previdenziali con i Paesi dell’America latina finora esclusi - tra Italia e Cile non esistono accordi che regolano i rapporti in materia di sicurezza sociale: si tratta di una lacuna che finora non ha consentito a migliaia di cittadini italiani residenti in Cile e di cittadini cileni residenti in Italia (o rientrati in Cile dopo la fine della dittatura) di maturare un diritto a prestazione pensionistica sebbene essi abbiano versato i contributi assicurativi sia in Italia che in Cile. L’accordo, se approvato anche dal Parlamento italiano e quindi ratificato, garantirebbe in materia di sicurezza sociale la parità di trattamento dei lavoratori che si spostano o si sono spostati da un Paese all’altro, l’esportabilità delle prestazioni previdenziali, la tutela sanitaria e soprattutto la totalizzazione dei contributi ai fini del perfezionamento dei requisiti contributivi minimi previsti dalle due legislazioni per la maturazione di un diritto a prestazione. In America Latina l’Italia ha stipulato convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con Argentina, Brasile, Uruguay e Venezuela mentre invece non è stata ancora ratificata la convenzione con il Cile, peraltro già firmata, e sono ancora esclusi dal sistema di tutela numerosi Paesi di emigrazione italiana, come Messico, Ecuador e Perù. Porta – nella sua interrogazione - sottolinea il fatto che quella con il Cile sarebbe una convenzione meno onerosa delle altre perché: 1) dal campo di applicazione oggettivo sono esclusi gli infortuni e le malattie professionali, le prestazioni familiari, l’indennità di disoccupazione; 2) essa si applica solo ai cittadini dei due Paesi contraenti (altri accordi si applicano ai lavoratori in quanto tali a prescindere dalla nazionalità), ma non si applica – purtroppo - ai dipendenti pubblici ed ai liberi professionisti; 3) essa introduce il principio dell’inesportabilità dell’integrazione al trattamento minimo e non si applica all’assegno sociale e alle altre prestazioni non contributive a carico di fondi pubblici permettendo così di realizzare importanti economie all’Italia. Il parlamentare chiede al Governo di informare il Parlamento in merito all’iter procedurale dell’accordo già firmato dalle parti contraenti visto che il Ministero degli Affari Esteri italiano aveva recentemente reso noto che erano stati già avviati gli approfondimenti tecnici con il Ministero del Lavoro e con il Ministero dell’Economia e delle Finanze al fine di stimare in maniera corretta gli oneri finanziari della ratifica e di individuare una adeguata copertura per gli oneri a regime e che successivamente sarebbe stata avviata la procedura di concerto interministeriale con i Dicasteri competenti per la presentazione della legge di ratifica in Parlamento.