Dopo la tornata elettorale di aprile, i COMITES si stanno reinsediando in ogni parte del mondo ricomponendo la rete di rappresentanza democratica della comunità italiana. A undici anni di distanza dall’ultima consultazione elettorale e nonostante i limiti e le contraddizioni che si sono manifestati nel procedimento elettorale, questo è certamente un passaggio positivo e necessario, che consente di dare nuova linfa alla rappresentanza di base prevista dal nostro ordinamento. Se a breve, come non ci stanchiamo di sollecitare, si procederà a rinnovare anche il CGIE, con il contributo delle associazioni più significative, le nostre comunità potranno riavere organismi di rappresentanza rinnovati e pronti ad operare; nello stesso tempo, si determineranno le condizioni di normalità e agibilità democratica che più volte abbiamo indicato come il presupposto per una riforma complessiva dell’intero sistema. Il rinnovo dei COMITES, comunque,ci consegna anche riflessioni e problemi che non è giusto accantonare, sui quali è opportuno aprire anzi una riflessione franca e onesta, evitando la tentazione di nascondere la polvere sotto il tappeto. A questo proposito, senza scendere in polemiche fin troppo facili, forse sarebbe il caso di evitare peana di vittoria, non sappiamo se più strumentali o patetici, di fronte alla serietà delle questioni che con il voto si sono evidenziate. Tutti, ma proprio tutti, siamo chiamati ad una lettura realistica di questa vicenda e ad esercitare una comune responsabilità verso gli italiani all’estero. La prima considerazione riguardala scarsa percentuale di iscritti nelle liste degli elettori rispetto agli aventi diritto e l’ancor più ridotto numero degli elettori effettivi, che l’invocato (e celebrato) spostamento dei termini per le iscrizioni non ha modificato in modo sostanziale. Anzi, l’incertezza sui termini e sulle procedure alla fine si è rivelata un fattore non secondario di disorientamento e di disaffezione. Per la prima volta è statosperimentato il metodo della preiscrizione al voto per corrispondenza, che in ogni caso è stato adottato non in alternativa al libero voto per corrispondenza esercitato nel 2004, ma al voto elettronico nei seggi sancito da una legge in vigore. E’ il caso di riflettere attentamente su questo nuovo sistema. Quello che già si può dire, comunque, è che una tipologia così esigente sotto il profilo della partecipazione non può essere annunciata a qualche mese dalla scadenza elettorale e richiede un impegno e un investimento informativi molto più consistenti e prolungati rispetto a quello che si è avuto in questa occasione. Non mancano, poi, questioni più profonde.La prima riguarda la convinzione che il COMITES possa costituire uno strumento utile per affrontare le problematiche delle comunità e favorirne ilprotagonismo. La verità è che questa consapevolezza e questa fiducia appartengono ad una cerchia molto ristretta di protagonisti della vita comunitaria, mentre gli altri o non conoscono a fondo l’esistenza di questo organismo e le possibilità di partecipare attivamente alla sua vita o se ne sono allontanati di fronte al progressivo svuotamento di risorse e di possibilità operative. Ne è un chiaro sintomo il limitato ricambio generazionale che è scaturito dalle urne e che dovrebbe indurre i nuovi organismi a riempire i propri programmi di lavoro di contenuti molto più incisivi e sentiti nell’ambito delle rispettive comunità. Il taglio poi di decine di circoscrizioni consolari, che ha diradato servizi e concreti riferimenti organizzativi, ha fatto il resto. E’ chiaro, dunque, che qualunque sia la prospettiva nella quale si intenda procedere per la loro riforma, il primo passo deve essere quello di dotarli di poteri e risorse reali per renderli credibili e farli uscire dall’insignificanza e dal limbo in cui sono caduti. In termini più generali, larappresentanza, nel suo complesso, risente criticamente di un problema più di fondo che riguarda l’appannamento dell’immagine del Paese e la perdita di capacità di attrazione dell’Italia a livello globale, che la crisi e le politiche di restrizione finanziaria hanno determinato. Gli italianiall’estero, di cittadinanza e d’origine, vivono in simbiosi con il riconoscimento e la credibilità internazionali del Paese d’origine; le difficoltà che si sono manifestate in questi anni non potevano non incidere sul rapporto con l’Italia. Anche la perdita di fiducia nella politica e nelle istituzioni si è riverberata oltre i confini nazionali. Si tratta, ora, di risalire lachina, approfittando dei primi sintomi di ripresa che il Governo cerca di assecondare con tutte le sue forze e le sue capacità. Questo è possibile e realistico. Lo dimostra il successo del madein Italy e di tutte le iniziative che hanno una chiara impronta di qualità, ad iniziare da quelle culturali. La considerazione della comunità italiana nel mondo deve essere rigenerata e riorientata alla luce della nuova fase che si è aperta. Essa deve avere sempre di più, nelle normative, nei progetti di promozione e nelle iniziative di contatto e di scambio, un ruolo centrale e concreto nello sforzo di ricollocare il Sistema Italia nel mondo. Larappresentanza degli italiani all’estero è un aspetto di questa nuova impostazione, deve e può diventare una leva strategica di questo sforzo di proiezione internazionale dell’Italia, dal quale dipendono prospettive importanti per tutti noi. La sua riforma, dunque, oltre che rispondere a essenziali diritti di cittadinanza, deve tener conto della necessità di acquisire ruoli e poteri funzionali con questa strategia. È aperto il cantiere della riforma costituzionale volta a rendere l’Italia più dinamica, più competitiva e più moderna. Nel giro di alcuni mesi sapremo quale approdo avrà avuto questo difficile ma necessario tentativo. Alla luce del suo esito e in coerenza con i suoi principi e la sua impostazione, ci confronteremo anche sulla riforma della nostra rappresentanza, sapendo non di sistemare un tassello secondario del nostro sistema democratico ma di dover imboccare una delle strade necessarie per tentare concretamente di cambiare verso all’Italia.
I deputati PD Estero: Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Porta, Tacconi