Il 23 giugno il Ministro degli Esteri ha firmato il decreto al quale è annessa la tabella di ripartizione dei componenti del CGIE tra i diversi Paesi. Nonostante le pressanti richieste del CGIE e le nostre sollecitazioni a trovare soluzioni più equilibrate, il decreto, ai fini dell’attribuzione dei rappresentanti, conferma il criterio dei residenti all’estero iscritti all’AIRE come esclusivo riferimento dell’attribuzione dei seggi. Alla luce di tale orientamento, i 43 componenti eletti del CGIE sono ripartiti in questo modo: 24 in Europa, 1 in Africa, 3 in Nord e Centro America, 14 in Sud America e 1 in Australia. E’ una soluzione che, come abbiamo detto in ripetute occasioni, non ci trova d’accordo perché non tiene conto dell’esigenza di dare una maggiore rappresentatività alle aree che hanno un gran numero di oriundi e penalizza le comunità minori, che pure sono significative nel panorama della nostra emigrazione. La tabella che era alla base dell’uscente CGIE, opportunamente riplasmata sul minor numero di componenti, avrebbe potuto rappresentare una buona base di mediazione ispirata dal buon senso. Continuiamo a non comprendere perché la proposta che il Sottosegretario Giro ci ha fatto pervenire il 28 aprile, che era più o meno in linea con queste esigenze, una proposta alla quale il PD e il gruppo degli eletti all’estero ha dato una risposta positiva,si sia improvvisamente dissolta. Abbiamo sempre agito con lealtà e responsabilità verso il Governo e il titolare della delega per gli italiani nel mondo, ma è bene che di fronte a cittadini residenti all’estero ognuno si assuma le sue responsabilità. In ogni caso, non resteremo a piangere sul latte versato. Queste contraddizioni nella gestione delle politiche emigratorie e, in particolare sulla gestione, degli istituti di rappresentanza, su cui pesa come un macigno lo spirito conservativo della Farnesina, rendono ancora più necessaria l’apertura di una fase di riorganizzazione generale della rappresentanza, anche alla luce degli indirizzi di riforma costituzionale che a breve ritorneranno all’attenzione del Parlamento. Ripristinata la normalità democratica degli organismi di rappresentanza, sospesa da un decennio, non c’è altro da fare che riaprire il confronto, in dialogo proprio con i nuovi organismi, sul nuovo assetto da dare alla rappresentanza alla luce delle trasformazioni avvenute in questi anni. Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Porta, Tacconi