“Il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi alle ore 11.30 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente del Consiglio, Enrico Letta ed ha approvato su proposta del ministro degli Affari Esteri. Emma Bonino, alcuni disegni di legge per la ratifica dei seguenti Atti internazionali”. Il comunicato della Presidenza del Consiglio del 6 febbraio 2014 elencava tra gli Atti approvati gli accordi di sicurezza sociale con Canada, Israele, Giappone e l’Accordo di sicurezza sociale fra l’Italia e la Nuova Zelanda, con Intesa amministrativa, fatto a Roma il 22 giugno 1998. Ad un anno e mezzo di distanza da quella memorabile giornata (erano anni che il Governo italiano non approvava accordi bilaterali di sicurezza sociale) l’unico accordo che ancora non è stato ratificato dal Parlamento italiano è quello con la Nuova Zelanda. Ho cercato di capire i motivi che sono la causa del ritardo della Nuova Zelanda dal novero dei Paesi con i quali l’Italia ha stipulato accordi di sicurezza sociale ma i vari Ministeri si rimpallano le responsabilità e non è facile quindi risalire all’incaglio. In effetti quando ci sono impedimenti burocratici le difficoltà possono essere alternativamente, o congiuntamente, finanziarie, procedurali, politiche, tecniche ma forse anche e soprattutto di interesse e volontà. L’accordo effettivamente risale al 1998 e avrebbe bisogno di una “messa a punto” (vale tuttavia la pena sottolineare che quello con il Canada che è stato invece approvato definitivamente, era stato firmato nel 1995), ma tra Paesi dialoganti che non hanno smarrito i criteri del buon senso, l’accordo si potrebbe ratificare (la Nuova Zelanda già lo ha fatto) ed in seguito, adottando le procedure amichevoli previste da tutte le convenzioni di sicurezza sociale stipulate dall’Italia, potrebbe essere aggiornato per riflettere le eventuali modifiche intervenute nei sistemi nazionali di sicurezza sociale dei due Paesi contraenti. L’accordo è molto importante perché mira a coordinare i rispettivi sistemi di sicurezza sociale e favorire l'accesso delle persone che si spostano da un Paese all'altro alle prestazioni di sicurezza sociale e pensionistiche previste dalle rispettive legislazioni. Sto valutando quindi iniziative politiche e legislative adeguate per chiedere chiarimenti, sensibilizzare e sollecitare Governo e Parlamento italiani per riportare all’ordine del giorno l’accordo di sicurezza sociale con la Nuova Zelanda. Giova precisare che l’accordo non interessa decine di migliaia di persone – gli italiani residenti in Nuova Zelanda sono poco più di 3000 ed è certamente inferiore il numero dei neozelandesi residenti in Italia – ma si tratta comunque di tutelare tanti nostri connazionali emigrati in Nuova Zelanda e rispettare gli impegni formalmente presi quando l’accordo fu firmato quasi venti anni orsono. Giova infine ricordare che con la Nuova Zelanda l’Italia ha già firmato numerosi accordi tra i quali quello contro le doppie imposizioni fiscali, quello riguardante lo svolgimento di attività lavorativa da parte dei familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico amministrativo, quello sulla coproduzione cinematografica, e tanti altri. Manca solo l’accordo di sicurezza sociale e si da il caso che sia il più importante per i nostri connazionali.