“La conferma che la chiusura dell’Ambasciata italiana a Santo Domingo sia frutto di una decisione poco ragionata e improvvida viene dalle costanti rimostranze dei nostri concittadini là residenti, alle prese con i pesanti disagi dei trasferimenti addirittura in un altro Stato, quello di Panama, per il disbrigo delle pratiche correnti, e dalla stessa risposta che il Ministero degli esteri ha dato ad una mia interrogazione in merito, risalente agli inizi di maggio di quest’anno. Nell’interrogazione ponevo quesiti diretti e specifici, riguardanti la struttura che doveva sostituire gli uffici chiusi, le operazioni per il rilascio dei passaporti e per la ricostruzione della cittadinanza, il disbrigo delle pratiche di stato civile e di quelle relative al riconoscimento dei titoli di studio, i visti, particolarmente richiesti per la presenza di un certo numero di famiglie miste, e quant’altro sia di immediato interesse per gli utenti. La risposta del MAECI è piena di buone intenzioni, ma, purtroppo, tale da legittimare la constatazione che a oltre sei mesi di distanza le soluzioni alternative siano ancora largamente da costruire. Il Ministero, da un lato, infatti, dà assicurazioni che per i rapporti con le autorità locali è stato distaccato da Panama un incaricato d’affari presso la Delegazione dell’Unione europea. In più, per la rilevazione dei dati biometrici necessari per i passaporti, un funzionario itinerante è incaricato di recarsi a Santo Domingo per alcune ore dietro fissazione di un appuntamento con gli utenti che ne facciano richiesta. Dall’altro, tutte le necessità legate allo svolgimento dei servizi di stato civile dovrebbero essere affrontate dalla rete dei consoli onorari, a partire da quello di Santo Domingo, ma il consenso del governo locale, necessario in base alla Convenzione di Vienna, non ancora arriva, con la conseguenza che i cittadini devono sopportarne il maggior carico. Per le pratiche relative alla cittadinanza, ci si deve recare personalmente all’Ambasciata di Panama, previo visto d’ingresso, affrontando così le spese di viaggio e permanenza e i disagi di un trasferimento in un altro paese. La stessa concessione dei visti, che il MAECI intende appaltare in outsourcing a terzi, è ancora impigliata nelle procedure, con la conseguenza che anche per questo ci si deve spostare a Panama. Quando esprimiamo la nostra contrarietà a interventi chirurgici sulla rete diplomatico-consolare, di solito ci viene risposto che i servizi tradizionali che si tolgono saranno surrogati da soluzioni alternative e dalle nuove tecnologie. Il caso di Santo Domingo è una base concreta di riflessione per verificare quanto certe volte sia ampia la distanza tra il dire e il fare e come un sano realismo dovrebbe indurre ad essere prudenti e a cercare anche altrove le risorse che si pensa di risparmiare con le chiusure. Per quanto riguarda la situazione dei nostri connazionali a Santo Domingo e tutti gli altri che in qualche modo hanno bisogno di entrare in contatto con i nostri terminali consolari, nelle condizioni presenti c’è solo da riflettere sulla possibilità di valutare meglio in tempi ragionevoli la scelta compiuta e di fare presto, ma proprio presto, nell’attivare le soluzioni alternative promesse e non ancora realizzate”. Francesca La Marca