La Camera a breve si dovrà pronunciare sulla delicata e dibattuta questione della riforma della legge sulla cittadinanza, che per l’arrivo in Europa di centinaia di migliaia di richiedenti asilo si è caricata di nuova attualità e di più alta drammaticità. La Commissione Affari costituzionali è chiamata a licenziare per l’Aula un testo unificato, risultante dalla proposta di legge popolare contenente alcune importanti semplificazioni sull’acquisizione della cittadinanza italiana da parte di stranieri e dai testi (circa 25!) che in questa legislatura sono stati depositati da diversi parlamentari. Il testo sul quale si sta lavorando finora dà una risposta soddisfacente, ma esclusiva, alle questioni che da anni aspettano una soluzione per quanto riguarda la concessione della cittadinanza ai “nuovi italiani”. Diciamo subito, e con chiarezza, che siamo d’accordo senza riserve sulle soluzioni ipotizzate per rendere più fluide e veloci le procedure di acquisizione della cittadinanza da parte di stranieri residenti regolarmente sul nostro territorio e, in particolare, per far diventare cittadini i ragazzi nati in Italia e/o che hanno frequentato interi cicli di studio nelle nostre scuole. L’Italia, pur essendo diventata uno degli epicentri dell’immigrazione in Europa, su questo è in forte ritardo rispetto ai suoi partner e alle nazioni più avanzate. È un ritardo che non trova più giustificazione e che, dunque, va colmato al più presto. Solo un governo e una maggioranza coraggiosamente riformatori come quelli attuali possono farlo. Con la stessa chiarezza diciamo anche che non si può perdere questa occasione senza affrontare alcuni aspetti riguardanti il tema della cittadinanza degli italiani all’estero, che giacciono senza soluzione da oltre quindici anni, nonostante le nostre ripetute e insistenti iniziative parlamentari. La crisi ne ha frenato l’esame e la risoluzione nel timore che ne potessero derivare nuovi oneri per le finanze pubbliche e nuovi impegni per una rete consolare indebolita dai tagli alle strutture e al personale. Ora che il Paese sembra avere imboccato la strada della ripresa, si profilano condizioni diverse che non lasciano spazio a ulteriori tergiversazioni. Per questo, pur avvertendo con convinzione il dovere di arrivare al più presto a una nuova normativa sulla concessione della cittadinanza agli stranieri, abbiamo presentato in Commissione affari costituzionali emendamenti volti ad integrare il testo unificato con le misure di riforma riguardanti gli italiani all’estero. Le questioni sulle quali vertono i nostri emendamenti sono queste. La possibilità di consentire il riacquisto della cittadinanza a chi è nato in Italia e poi, dopo il trasferimento all’estero, l’ha perduta per ragioni di lavoro avendo dovuto prendere la cittadinanza locale, quando non era possibile averne due, come oggi (primo firmatario Marco Fedi). Il riacquisto della cittadinanza da parte delle donne, e dei loro discendenti, che l’hanno perduta automaticamente per il solo fatto di avere sposato un cittadino straniero (prima firmataria Francesca La Marca). In questo modo, si eviterebbe tra l’altro l’autentica aberrazione di figli della stessa madre cittadini italiani se nati dopo il 1° gennaio 1948 e non cittadini se nati prima. La riapertura dei termini per la presentazione della domanda di riacquisto per i discendenti di italiani residenti nei territori dell’ex Impero austro-ungarico che dal 2010 non hanno più la possibilità di poterla presentare (primo firmatario Fabio Porta). Si tratta di richieste meditate e compatibili, non propagandistiche, che ci inducono a far valere, sia in Commissione che in Aula, le giuste ragioni degli italiani all’estero. Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Porta, Tacconi